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Mamma, perché non sono nato anche io?

Da Giornalismo2012 @Giornalismo2012
neonata

-Di Donatella Amina Salina

Il 20 giugno prossimo la Legge 194 andrà all’esame della Corte Costituzionale.
Un giudice tutelare di una minorenne ha infatti rimesso la decisione alla Consulta, sulla possibilità per la ragazza di interrompere la gravidanza, ipotizzando nell’art. 4 la negazione del diritto dell’embrione definito persona umana non nata e sollevando altre eccezioni di costituzionalità di minor rilievo.

La notizia non ha avuto grande eco né ha sollevato mobilitazioni da parte delle donne, forse perché non si crede possibile un’abrogazione della Legge 194, ma sicuramente un giudizio di incostituzionalità di alcune sue parti porterebbe ad un restringimento nella sua applicazione, fino a farlo diventare impossibile nelle strutture pubbliche.

Dati ufficiali del Ministero della Salute calcolano in circa 120.000 i casi di aborto ogni anno in Italia. Purtroppo la legge è stata applicata poco nelle parti in cui si parla di prevenzione dell’aborto che dovrebbe essere l’ultima ratio in casi gravi, invece questo articolo permette una casistica infinita in cui è permesso l’aborto senza che nessuno (nemmeno il padre del bambino) si possa opporre alla volontà della donna che ha di fatto diritto di vita o di morte sull’embrione che non è persona, ma è considerato una cosa.

Qualunque madre sa che non è vero e che l’aborto, come la guerra, è il prodotto dell’ingiustizia sociale della povertà e della solitudine delle donne, ma anche di una cultura edonistica e materialistica in cui manca l’amore nelle famiglie e sono gli stessi genitori delle ragazze o i mariti a spingere la donna all’aborto.
In trenta anni 3.000.000 di vite in meno in un paese che rischia di implodere per denatalità non sono certo una scelta edificante e saggia per i politici che hanno mal applicata questa legge.

Scaricare la colpa sulle donne è sbagliato nel momento in cui gli stessi difensori della vita dell’embrione non ostacolano le guerre e non combattono gli omicidi bianchi sui posti di lavoro.

Esiste una subcultura della morte che esalta la trasgressione, l’uso delle droghe e la cosiddetta indipendenza della donna salvo scaricarla quando non è più una consumatrice per età o per impoverimento.
Una subcultura per cui fare un figlio equivale ad essere vittima di calamità naturale, per la quale è necessario dare il proprio corpo a tutti pur di non sposarsi (magari pure per farci i soldi su come Ruby, che almeno poi ha smesso e si è creata una famiglia).
La donna promiscua non è libera, l’ uomo che ne approfitta senz’altro lo è.

Beninteso abrogarla sarebbe il rimedio peggiore del male ma fare i conti col fallimento di certe ideologie mortifere è doveroso anche se, si annidano a destra, fra interessati difensori della Famiglia a corrente alternata gli stessi che hanno distrutto il mondo del lavoro, condannato i giovani al precariato, speculato sulle case, insomma reso la maternità una scelta di nicchia.
Non è solo colpa del ’68 ma anche del berlusconismo e del rampantismo se la gente non fa figli.

Ma entriamo nel merito.

Secondo il giudice, la facoltà prevista dall’articolo 4 della legge 194 di procedere volontariamente all’interruzione della gravidanza entro i primi 90 giorni dal concepimento, comporta “l’inevitabile risultato della distruzione di quell’embrione umano” che è stato riconosciuto quale titolare di una protezione assoluta, dalla decisione della Corte europea qualche anno fa.

Personalmente, sono contraria a prese di posizioni ideologiche. Per l’Islam, l’aborto è permesso già da 1400 anni, se si tratta di tutelare il diritto alla vita ed alla salute della madre e, secondo alcuni sapienti della giurisprudenza, anche per gravi motivi economici.
Tuttavia il ricorso a questo mezzo è assai limitato nella maggior parte dei paesi islamici, poiché un figlio è considerato sempre una benedizione.
Inoltre per la donna musulmana la famiglia è il fondamentale suo luogo di realizzazione spirituale ed umana anche se lavora.

La permissibilità dell’aborto deriva anche dal fatto che, dal punto di vista religioso, l’embrione diventa persona a partire dai quattro mesi quando un angelo gli trasmette l’anima e Iddio stabilisce il suo destino.
Esiste, in alcuni paesi musulmani particolarmente occidentalizzati, da qualche anno una limitatissima presenza di ragazze madri, che sono aiutate da associazioni di donne.
Le famiglie educano maschi e femmine alla castità fino al matrimonio, regola comunemente accettata, anche se sono frequenti i matrimoni tra studenti universitari proprio per poter vivere assieme, comunque i contraccettivi sono permessi, l’importante è la serietà del legame.

Oggi, fare molti figli e farli crescere bene è una scelta eroica in Italia, ma ci vorrebbero tante famiglie disposte a mettersi in gioco, non solo quelle degli immigrati, dei cattolici o dei musulmani praticanti per i quali i figli sono l’unica ricchezza eticamente ammisssibile (a meno di non fare continuamente carità al prossimo).
Ci sono migliaia di famiglie con quattro, cinque, sei figli cresciuti sani ai quali non è mancato il necessario né materialmente né spiritualmente i cui genitori sono dei lavoratori e non certo dei miliardari.
Ma se questo modello, basato sul consumo responsabile, sul riciclo, sul dono e soprattutto sull’amore, si diffondesse a macchia d’olio, l ‘Italia avrebbe una chance in più per sconfiggere la crisi.
Credo, però, che a parte casi limite, la stragrande maggioranza delle donne che interrompono una gravidanza non siano delle assassine ma che si sentano sole di fronte a qualcosa che potrebbe cambiare profondamente la loro vita.

Spesso, come in tutte le scelte, manca un’educazione sana di fondo e una famiglia ad aiutare anche solo moralmente.

Oggi essere sole con un figlio significa povertà e precarietà, può significare non trovare un altro partner o trovarne uno sbagliato, se si è molto giovani dover interrompere gli studi e sopportare il rimprovero dei genitori e la meraviglia dei compagni di classe.

In un Paese con grandi ricchezze come l’Italia, le donne sole che rimangono incinte dovrebbero essere protette dalle avversità della vita e circondate dall’amore e dalla solidarietà di tutti per poter portare avanti la gravidanza, partorire e crescere il proprio figlio, cosa della quale detto per inciso nessuna donna si è mai pentita.

Lo Stato garantisce l’aborto ma non la maternità, eppure la legge parla di prevenzione mai fatta perche e più facile per lo Stato scaricare tutto sulle donne, farle abortire così ci saranno meno persone a pretendere un lavoro che non c’è.

Per la donne sposate c’è l’ impossibilità di conservare il lavoro come grande deterrente alle maternità successive alla prima o alla seconda, infatti si abortiscono i terzi ed i quarti figli.
Non bastano gli appelli alla vita che dovrebbe essere accolta sempre e comunque.

Purtroppo solo le associazioni di volontariato di tipo religioso si battono per assicurare alla donna il diritto di scegliere veramente di poter partorire o no, lavorare o no.

Oggi una lavoratrice a progetto non può fare figli a meno di essere sposata con qualcuno che ha un lavoro decente, stabile, magari noioso, ma sicuro quel lavoro che Monti al pari del suo predecessore considera una reminescenza novecentesca da abolire.

Dunque solo la lotta, l’amore e la solidarietà (e per chi ci crede la FEDE) ci salveranno dall’abbrutimento capitalista e materialista. Con la diminuzione del tenore di vita a causa dei tagli governativi andare avanti è sempre più difficile.
Le donne ed i neonati devono avere diritto a vivere, senza mendicare.
Se le donne assieme ai loro uomini fossero veramente libere di avere figli, l’aborto sarebbe un fenomeno marginale.
Nessuno pensa che questi futuri bambini hanno anche un padre che non viene mai chiamato in causa nemmeno dalla legge come se i figli nascessero dai cavoli. Dove sono questi padri?

Inoltre se la castità ritornasse ad essere un valore le donne sarebbero veramente più libere e più valutate rispetto ad ora.

Dividerci ancora una volta ideologicamente non ha senso. La legge non può essere cancellata ma l’ aborto deve essere sconfitto dall’amore e dalla solidarietà rimanendo solo l’ultima chance .


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