marta nel paese delle meraviglie

c'è questa strana cosa che mi succede, che è bellissima e sconosciuta.
dopo undici anni trascorsi in uno stesso ufficio a fare più o meno sempre le stesse cose,
a vedere più o meno sempre la stessa gente,
a mangiare più o meno sempre negli stessi posti,
a fare più o meno sempre, andata e ritorno, la stessa identica strada,
a ridere più o meno sempre delle stesse battute,
a guardare sempre lo stesso muro,
a sedere sempre sulla stessa sedia,
ora, dopo tutta quella rassicurante monotonia,
mi ritrovo a fare ogni giorno per lo meno tre cose diverse,
perfino strampalate, forse,
a vedere quasi ogni giorno persone nuove,
a progettare imprese mai affrontate,
a raccogliere sfide, azzardi, lanci e rilanci.
dopo undici anni in cui al tramonto mi si spegneva il file "lavoro"
e mi si riaccendeva solo la mattina dopo,
mi ritrovo oggi a pensare mattina, pomeriggio e sera a ciò che devo fare,
a ciò che voglio fare anzi,
a come farlo,
a chi incontrare,
a dove andare,
a quando trovare il tempo, il modo, lo spazio.
dopo undici anni in cui poi dopo cena ero stanchissima,
oggi vorrei una giornata di 48 ore perché il tempo non basta mai.
dopo undici anni, insomma, mi diverto,
dopo undici anni, mi concedo di pensare che il lavoro non è solo dovere e sacrificio,
ma che può anche coincidere con gioia e perfino con ossessione.
di più: che lavoro può anche non essere il contrario di gioco.
e per me è una rivelazione.
è l'infanzia ritrovata.
è una magia, un sogno.
che nessuno mi svegli, per favore.