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Morto Giulio Andreotti

Creato il 06 maggio 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
Giulio Andreotti morto

Giulio Andreotti con Richard Nixon (public domain).

È morto Giulio Andreotti. Detto Belzebù o il Divo Giulio. A 94 anni il senatore a vita, ex premier e ministro della Democrazia Cristiana si è spento nella sua casa romana. Era nato il 14 gennaio del 1919 a Roma e aveva cominciato la carriera politica giovanissimo. Dopo la laurea in legge nel 1939 diventa direttore della rivista della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) e nel 1944 entra a far parte del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana.

Fattosi notare da De Gasperi, partecipa ai lavori della Costituente nel 1946 e nel 1948 viene eletto alla Camera dei Deputati ed entra a far parte dell’allora quarto Governo De Gasperi con l’incarico di sottosegretario. Negli anni Cinquanta e Sessanta inizia a ricoprire cariche ministeriali e nel 1968 viene nominato capogruppo della Dc alla Camera, incarico che manterrà per tutta la legislatura, fino al 1972, anno in cui Giulio Andreotti diventa per la prima volta Presidente del Consiglio. Reggerà l’incarico alla guida di due esecutivi di centro-destra fino al 1973, continuando in seguito a ricoprire ruoli di primo piano. Nel primo Governo Fantani Andreotti diventa per la prima volta ministro, ricoprendo il dicastero degli interni e diventando il più giovane della storia repubblicana, a soli 34 anni. Una carriera in ascesa per l’esponente della Dc, che negli anni sessanta diventa Ministro della Difesa nella lunga serie di Governi che si succedono (Governo Segni, Tambroni, Fanfani, Leone e Moro) e nel 62 diventa capogruppo alla Camera.

Nel 1972 raggiunge l’apice della carriera governativa divenendo per la prima volta Presidente del Consiglio. Il suo governo dura appena 9 giorni, per poi continuare in proroga di ordinaria amministrazione fino al 26 giugno. Nonostante il breve lasso di tempo, Giulio Andreotti dà prova di una spiccata capacità di mediazione e contenimento delle tensioni e delle diverse anime che componevano il governo. Dopo un’ulteriore parentesi di incarichi ministeriali, Andreotti torna alla Presidenza del Consiglio con un Governo Dc appoggiato dai Repubblicani, che però cade per il ritiro dell’appoggio di questi ultimi per una questione legata alla riforma delle emittenti televisive (il cosiddetto Governo Andreotti-Malagodi). Il terzo Governo Andreotti, targato 29 luglio 1976, rimane uno dei più famosi, essendo noto anche con il soprannome di “Governo della non sfiducia”, dato che era composto da esponenti Dc, ma godeva dell’astensione di tutti gli altri partiti (incluso il PCI, in grande ascesa, ma non l’MSI) e annoverando tra l’altro la prima donna ministro, Tina Anselmi, che reggeva il dicastero del lavoro. Il quarto Governo Andreotti vede stavolta la fiducia attiva da parte del PCI, grazie alla mediazione di Aldo Moro, ma è tristemente noto per le vicende legate al rapimento, il giorno della fiducia, proprio di Moro da parte delle Brigate Rosse e la sua conseguente morte. Proprio in questa occasione Andreotti risalta per la sua intransigenza a non trattare con i terroristi, procurandosi le critiche dei famigliari dello statista e dello stesso Moro, nel memoriale scritto durante la prigionia. Nel frattempo, con l’ascesa del PSI di Bettino Craxi, si configura all’orizzonte il periodo dei cosiddetti governi “biancorossi”, con la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista impegnati in insolite alleanze di governo. Il quinto Governo Andreotti vede oltre ai repubblicani proprio i socialisti e Andreotti ricopre l’incarico di ministro degli esteri nel primo governo Craxi (1983). Anche nel 1989 è la volta di un Governo biancorosso, sempre con Andreotti alla Presidenza del Consiglio.

L’ultimo Governo di Giulio Andreotti, il settimo, rimane in carica dal 12 aprile 1991 al 28 giugno 1992 e vede ancora la partecipazione dei socialisti, per quanto i rapporti appaiano ormai irrimediabilmente compromessi, per gli scontri interni (soprattutto tra Craxi e De Mita) e l’ombra di quella che sarebbe diventata di lì a poco Tangentopoli e un vero terremoto politico per diversi esponenti della Dc e per la compagine Craxiana e il PSI; nella parentesi di questo breve governo, che vede per l’ultima volta Andreotti a capo di una compagine governativa, diviene anche senatore a vita.

Nel 1992, Andreotti sembra anche papabile alla carica di Presidente della Repubblica, il gradino non ancora raggiunto nella sua densa carriera politica e parlamentare.

Giulio Andreotti morto

Andreotti e i leaders del G7 nel 1978 (public domain).

Nonostante la sua corrente contasse di presentare il nome di Andreotti all’ultimo momento, per evitare di bruciarlo, l’attentato e la conseguente morte del giudice Giovanni Falcone mise in crisi e cancellò quest’ipotesi. La morte dell’esponente della Dc Salvo Lima, della corrente andreottiana, avvenuta due mesi prima, sembrò al parlamento una scarsa pubblicità, dati i rapporti che l’esponente Dc aveva intrattenuto con Cosa Nostra.Nel 1994, dopo lo scioglimento della Democrazia Cristiana, aderì al Partito Popolare Italiano, che lascerà nel 2001 in seguito alla nascita della Margherita. Non toccato dalla tempesta di Tangentopoli, nel 1993,  dopo le rivelazioni di alcuni pentiti, venne indagato come mandante dell’omicidio Pecorelli, per cui sarà assolto definitivamente dalla Corte di Cassazione dieci anni dopo. Le sue vicende giudiziarie sembrano non avere fine: nello stesso anno fu accusato di aver favorito la mafia tramite la mediazione di Lima, suo rappresentante in Sicilia. Il Senato concesse l’autorizzazione a procedere e venne accertata la collaborazione di Andreotti con la criminalità organizzata fino al 1980, per cui le accuse si interruppero nello scontro con la prescrizione.

Finita la parentesi governativa, aderì al Partito Popolare Italiano, dopo lo scioglimento della Dc (1994) per poi lasciarlo al momento di fondazione della Margherita (2001). Non toccato dalla tempesta di Tangentopoli, nel 1993, dopo le rivelazioni di alcuni pentiti, viene indagato come mandante dell’omicidio Pecorelli.Sarà assolto definitamente dalla Corte di Cassazione dieci anni dopo. Lo stesso anno fu accusato di aver favorito la mafia, tramite la mediazione del suo rappresentante in Sicilia, Salvo Lima, ucciso come si è detto dalla mafia nel 1992. Il Senato, dietro sua sollecitazione, concesse l’autorizzazione a procedere e il processo accertò la collaborazione di Andreotti con la criminalità organizzata fino al 1980, facendo così scattare la prescrizione.

Uscito definitivamente dalla scena politica nazionale, Andreotti è rimasto parte dell’attualità come senatore a vita, con le sue presenze, sempre più rare, in Senato (da ricordare nel 2006 il suo voto di fiducia al Governo Prodi e la sua astensione nel 2008 alla risoluzione della maggioranza di centrosinistra, che aprì di fatto la crisi di Governo).

Considerato dall’immaginario collettivo quasi come immortale, simbolo vivente di quell’immobilismo e di quella politica di strenua conciliazione che aveva da sempre contraddistinto il suo operato politico, Giulio Andreotti è morto oggi. Uscito di scena l’uomo, sarà la storia a giudicare definitivamente l’operato.

articolo di Silvio Carnassale.


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