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Napoli milionaria: recensione teatrale

Creato il 07 maggio 2012 da Cavaliereoscurodelweb
Napoli milionaria: recensione teatrale
Napoli Milionaria è una commedia scritta ed interpretata da Eduardo De Filippo nel 1945 e inserita dall'autore come primo lavoro nella raccolta Cantata dei giorni dispari.
Trama
Il sipario ancora una volta, come accade in molte commedie di Eduardo, si apre su un palcoscenico quasi completamente al buio. È la vita della commedia umana che sta nascendo dal buio.
Siamo nel 1942, in un tipico basso napoletano si aggira ciabattando Maria Rosaria, la figlia di Gennaro Iovine, con un'enorme caffettiera napoletana. Dopo poco compare il figlio Amedeo, stravolto dal sonno non del tutto soddisfatto, che chiede se il padre stia ancora dormendo. Gennaro è sveglio da tempo: prima per il bombardamento notturno, e ora per le grida di un litigio che si sta svolgendo fuori in strada dove si distingue la voce alterata di sua moglie Amalia che sta animatamente discutendo con una concorrente del rione per la vendita abusiva di caffè. Amalia infatti, si arrangia con la borsa nera e con la mescita casalinga del caffè a cui i napoletani non rinunciano neppure in questo secondo anno della guerra. Gennaro si rassegna ad alzarsi e mentre si sta radendo arrivano i primi avventori, tra cui il ragioniere Spasiano venuto per comprare, a caro prezzo, qualche alimento per la sua famiglia da Amalia, che lo sta praticamente dissanguando delle poche proprietà che ancora gli rimangono. Gennaro non è d'accordo con i traffici della moglie ma capisce anche che senza quella vendita illegale la famiglia farebbe la fame; perciò, avvertito dell'imminente arrivo del brigadiere Ciappa, venuto per arrestarlo, si rassegna a fare la parte del morto, steso immobile e rigido sul letto dove sono nascoste una quantità di cibarie. I familiari, che hanno allestito una veglia funebre con tanto di monache salmodianti in latino maccheronico, e che nascondono pantaloni sotto la veste, tra pianti strazianti implorano il brigadiere di rispettare il morto e il loro dolore. Il brigadiere, che ha capito il trucco, insiste perché Gennaro la finisca con quella farsa, tanto più che sta avvenendo in quel momento un nuovo bombardamento che ha causato una fuga generale degli addolorati presenti. Il brigadiere tuttavia rispetta ammirato il coraggio del finto morto, che non muove un ciglio tra le esplosioni e le rovine delle case colpite dalle bombe, e gli promette che non lo arresterà. Il morto a quel punto risorge.
È passato del tempo: Napoli è stata liberata dagli Alleati. Il basso è stato rinnovato e ristrutturato. Amalia, vestita a festa e carica di gioielli ha fatto fortuna associandosi - ormai la guerra al sud è finita - in commerci poco puliti con Settebellizze (un autista e proprietario di camion) di cui quel giorno si festeggerà il compleanno e che nell'occasione propone alla donna di unire i loro sentimenti d'amore agli affari. Ma Amalia, anche se a malincuore, rifiuta perché è convinta che Gennaro, pur scomparso da diversi mesi, alla fine tornerà a casa.
La guerra ha lasciato le sue rovine e la famiglia Iovine si sta disgregando: la figlia Maria Rosaria, non più sorvegliata e guidata dalla madre, è rimasta incinta di un soldato americano che l'ha lasciata ed è tornato al suo paese; Amedeo ruba pneumatici delle auto insieme a Peppe 'o Cricco, specializzato appunto ad alzare le auto con la spalla per sfilare le ruote.
Questa è la famiglia che ritrova Gennaro tornato inaspettatamente quel giorno di festa. Vorrebbe sfogarsi, raccontare le sue sofferenze e peripezie ma nessuno sta ad ascoltarlo, tutti vogliono festeggiare Settebellizze e non pensare più alle pene della guerra ormai finita. Gennaro lascia amareggiato la compagnia e preferisce stare vicino alla figlia più piccola, ammalata.
«La guerra è finita» ripetono tutti, Gennaro invece è convinto che ora si stia combattendo un'altra guerra: quella della povera gente che ha perso, per le sciagure attraversate, tutti i valori e l'onestà della vita precedente e che ora deve recuperare. Questo dice Gennaro al commissario Ciappa venuto ad avvertirlo che arresterà il figlio se lo sorprenderà quella stessa sera a rubare nuovamente. Gennaro, rassegnato, lo invita a fare il suo dovere. Ma una disgrazia più grande sta per abbattersi sulla famiglia: la piccola, ammalata, morirà se non si troverà una medicina che sembra essere introvabile in tutta Napoli. Tutti si sono mobilitati alla sua ricerca, ma non c'è niente da fare e Amalia, disperata, sospetta che la tengano nascosta per farne alzare il prezzo: anche lei ha fatto così per la vendita delle sigarette, ma qui si tratta di una vita umana. La medicina la porterà il ragioniere Spasiano che l'ha dovuta usare per i suoi figli: la darà ad Amalia senza pretendere niente in cambio ma facendole notare che, quando si trattava di non far morire di fame i suoi figli, Amalia non era stata altrettanto generosa, non pensando che «Chi prima, chi dopo, ognuno deve bussare alla porta dell'altro».
La bambina si salverà se supererà la nottata. Intanto Amedeo, rinsavito, non è andato a rubare e tornerà a lavorare onestamente mentre Maria Rosaria resterà in famiglia con il suo bambino. Anche Amalia ha capito di avere sbagliato a farsi prender dalla brama del denaro ed ora piange sui suoi errori confortata dal marito: «S'ha da aspetta' Ama'. Ha da passa' 'a nuttata».
Curiosità
Dalla commedia è rimasta celebre la frase entrata nell'uso comune Ha da passa' 'a nuttata nel senso di dover sopportare le difficoltà dell'esistenza con la speranza che si risolvano.
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