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Natale: un segno cristiano o un valore universale?

Da Renzo Zambello
Natale

Il Natale

 Il Natale rinunciato.

  • Gent.mo Dottore, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa lei del fatto successo in una Scuola omnicomprensiva di Rozzano,  alle porte di Milano dove un Preside ha bloccato i festeggiamenti per Il Natale per favorire l’integrazione di quei bambini che non sono cristiani? Lo stesso Preside aveva già fatto togliere per lo stesso motivo, i crocefissi dalle aule. A me non sembra giusto. Il Natale è un valore culturale oltre che cristiano. Rinunciarci può aiutare veramente qualcuno? Grazie. Federica

Poco tempo fa, fu fatta  al Dalai Lama la seguente domanda :

Santità, numerosi cristiani si convrtono al buddismo. È una cosa buona?

La sua risposta fu spiazzante quanto profonda e saggia:

Cambiare religione non è mai positivo. È un’azione che può generare grande confusione nello spirito. Sono rare le persone che traggono benefici da un cambiamento spirituale. Che d’altra parte non è affatto necessario: tutte le religioni portano in sé delle possibilità di guarire l’anima”.

Il senso della sua risposta è palese: cristiani, non dovete diventare buddisti. Nella vostra tradizione  trovate la salvezza.

Certo che noi Italiani siamo veramente un popolo un po’ strano. Siamo capaci di difendere le nostre tradizioni campanilistiche  a volte fino a sfiorare il ridicolo e poi rinunciamo  a quelle tradizioni  millenarie che sono veramente  la nostra cultura, storia  quasi senza accorgercene . C’è qualcosa che non funziona nell’episodio di Rozzano.  Basterebbe pensare che anche per i musulmani  che per altro si tengono giustamente ben distanti da queste questioni, la figura di Gesù è onorata  e   la rievocazione  del  Natale non può certo  urtare la loro sensibilità.  E’ evidente che  questo episodio mette in risalto la debolezza di noi europei, specialmente di noi italiani e la nostra capacità a sentirci parte E’ una difficoltà di appartenenza, di riconoscimento del nostro “padre”. Sentirsi  parte,  significa riconoscere e difendere le radici culturali, la famiglia alla quale apparteniamo.  E’ vero che  purtroppo,  molto spesso questa difesa  prende delle sfumature politiche o addirittura diventa squisitamente una questione politica,  spesso sguaiata e  da cui a sua volta non si può far altro che allontanarsi.

Tornando alla sue osservazioni, Signora Federica, io non credo proprio che rinunciando a festeggiare il Natale si possa aiutare qualcuno ad integrarsi. Peraltro ci potremmo chiedere:  a integrarsi dove, se questo “dove” non ha struttura storica e  tradizioni?  Per me,  questa tematica del Natale rinunciato, non è molto diversa da quella affrontata in altra sede,  della paternità fluida, di un padre che non sa più fare il padre mettendo dei limiti al figlio,  condizione indispensabile per aiutarlo.

E’ la tematica della responsabilità del  ruolo di ognuno di noi rispetto agli altri. In questo caso,  di noi Italiani di tradizione cristiana   che dovremmo  difendere le nostre tradizioni, non per catechizzare ma per aiutare, limitare comportamenti onnipotenti che inevitabilmente porterebbero verso l’implosione.

 Jung fu veramente illuminante a tale proposito.  Lui che per più di dieci anni aveva viaggiato, studiato, amato le culture orientali e africane, scriveva: “ (…)Non ci sarebbe errore più grande che proporre direttamente all’uomo occidentale la pratica cinese dello yoga, che andrebbe semplicemente a rafforzare la sua volontà e la sua coscienza di fronte all’inconscio, ottenendo proprio l’effetto che si sarebbe voluto evitare, quello cioè di accrescere la nevrosi. Non si insisterà mai abbastanza sul fatto che noi non siamo orientali, e perciò in queste cose partiamo da una base completamente diversa. (…)”(C.G.Jung – Commento all’antico testo cinese “Il segreto del Fiore d’Oro”, Bollati Boringhieri.

di Renzo Zambello

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Tags: il Natale, Natale


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