Magazine Politica

Nel nome del padre

Creato il 11 agosto 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Nel nome del padreIl crollo del Muro di Berlino spinse un brillante analista come Francis Fukuyama a parlare di una svolta epocale, della “fine della storia” propriamente detta. In realtà la Storia non terminò affatto, ma il passaggio al nuovo millennio fu indubbiamente una cesura, un punto di rottura rilevante. Col ‘900, infatti, si eclissarono le ideologie, che avevano mosso le masse e gli eserciti, e col tramonto dell’utopismo i partiti politici furono costretti a ridefinire la propria forma, la propria vocazione. In Italia ciò coincise con l’emergere di una serie di scandali che avrebbe successivamente fatto implodere il sistema della Prima Repubblica: l’onta di Mani Pulite, e il fetore di una corruzione endemica e dilagante nelle pubbliche amministrazioni, sta ancora lì a ricordare come in questo paese, presto o tardi, tutto appare destinato a finire in miseria, in una gigantesca discarica della memoria, ça va sans dire.Dalle ceneri del centro sorse Forza Italia, che declinò i propri valori rinnegando la tradizionale struttura rigida dei vecchi movimenti: Berlusconi sponsorizzò l’idea di un partito liquido, privo di quadri e – d’intesa con Giuliano Urbani – coniò la formula del “partito-azienda”. Se però, come appare probabile, quello stesso partito vent’anni dopo vede al suo vertice il pieno compimento di un’autentica successione dinastica, celebrata peraltro in stile ottocentesco senza lo straccio di un congresso, forse vale la pena di esercitare una vena critica e di analizzare retrospettivamente gli eventi modificando l’originaria definizione: più che un partito-azienda si tratta di un’azienda-partito, una sorta di holding denominata Forza Fininvest. E a suffragio di ciò non citeremo, per una volta, le innumerevoli leggi che nelle ultime due decadi hanno portato ad un cospicuo incremento degli utili per il primo polo mediatico privato. Nossignore. Citeremo, piuttosto, una fonte insospettabile: l’edizione di Sabato di Libero.
Sì, perché proprio il quotidiano diretto da Belpietro ha fugato, se mai ve ne fosse stato bisogno, ogni ombra di dubbio. Nella ridefinizione degli assetti interni al Pdl dopo la condanna emessa nei confronti del Caimano, la fase due, la nuova stagione nel nome della figlia, dovrebbe iniziare con un’inversione di rotta: con uomini nuovi (si fa per dire) e solide energie al servizio dell’impresa. Chi ancora si ostina a parlare di conflitto d’interessi dovrà finalmente darsi pace: qua gli interessi sono visibili, a volte perfino tangibili, ma i conflitti neppure si notano, con buona pace dell’authority. Stando a quanto riportato da Martino Cervo nel suo reportage, significativamente intitolatoGli uomini di Marina”, la primogenita di Arcore beneficerebbe nella sua discesa in campo di uno staff d’eccezione: Franco Currò, “ex giornalista di «Panorama» e da tredici anni direttore della comunicazione di Fininvest”; Paolo Del Debbio, conduttore Rete 4; Pasquale Cannatelli, “da 10 anni amministratore delegato di Fininvest, nonché membro dei cda di Mediaset, Mondadori, Mediolanum e Milan”; Ubaldo Livolsi, “consigliere d’amministrazione di Fininvest (di cui è stato ad) e responsabile della creazione di Mediaset”; Ennio Doris, “storico presidente di Banca Mediolanum”; e dulcis in fundo Fedele Confalonieri, già presidente di Mediaset, consigliere di amministrazione della Arnoldo Mondadori S.p.A. e membro del cda de Il Giornale. Insomma, una platea del tutto disinteressata agli affari di famiglia e capace di discernere con coscienza il confine fra interesse personale del Gran Capo e interesse nazionale del paese. Come no. L’importante è che crescano i dividendi, quanto al Pil verranno tempi migliori.Mentre questo dramma si consuma atto dopo atto nella generale impotenza degli ex colonnelli di Alleanza Nazionale, asserviti ormai ad un siffatto sistema padronale “per un pugno di dollari” (copyright Sergio Leone), la polemica politica divampa attorno a quisquilie.  Il centrodestra storce il naso di fronte alla posizione rigorista del ministro Saccomanni: sull’abolizione dell’Imu, specificano gli uomini e le donne del Pdl, non faremo sconti, è una questione di credibilità. E così coglie la palla al balzo perfino Lui, il pregiudicato per frode fiscale, il quale – lungi dal nascondersi dopo la sentenza, come avverrebbe per logica in un paese non dico normale, ma quantomeno decente – si permette di tuonare saette e fulmini minacciando venti di tempesta: «L'Imu sulla prima casa e sui terreni e fabbricati funzionali alle attività agricole non si deve più pagare. Dal 2013 e per tutti gli anni a venire. E' un impegno che abbiamo preso nell'ultima campagna elettorale, lo stesso che è alla base del governo di larghe intese». Chi vuol capire capisca. Perché lui agli impegni ci tiene, purché non siano contratti col fisco. In quel caso una mano lava l’altra e chi s’è visto s’è visto. Appare chiaro il destino dell’Esecutivo: la crisi è dietro l’angolo, minacciata dai falchi e dalle pitonesse. Solo Brunetta non l’ha afferrato: per lui gli aut aut sulle questioni fiscali non sono accettabili. Tutto giusto, per carità, ma al Marchese del Grillo chi lo comunica?
G.L.Nel nome del padre

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :