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NEW PENS FOR ROMANCE presenta Adele Vieri Castellano

Creato il 21 marzo 2011 da Francy

 

NEW PENS FOR ROMANCE presenta Adele Vieri CastellanoOggi è il primo giorno di primavera e anche il blog ha voglia di novità. Per questo ci fa piacere ricominciare a proporvi la nostra rubrica NEW PENS FOR ROMANCE, che presenta estratti di romanzi o racconti di nuove autrici romance italiane interessate a sottoporre alla nostra attenzione e critica le loro opere. Inaugura il nuovo anno della rubrica ADELE VIERI CASTELLANO con un estratto davvero intrigante del suo romance storico IL GIOCO DELL'INGANNO. Da leggere tutto d'un fiato!
Lasciamo ora la parola all'autrice...
Quando scrivo sono Adele Vieri Castellano, il nome della mia bisnonna, ligure doc e cugina di un ufficiale che combatté a fianco di Garibaldi, in Sud America e per l’Unità d’Italia. Lo spirito combattivo e la testardaggine probabilmente li ho ereditati da loro. Sono nata a metà degli anni sessanta, ho vissuto per cinque anni in Francia, ho girato mezzo mondo ma l’unico punto fermo della mia vita è sempre stata la lettura: leggo di tutto, salvo i libri sgrammaticati e quelli che non hanno niente da dire e che, purtroppo, sempre più spesso trovo sugli scaffali delle librerie. Lavoro come traduttrice e scrivo articoli su alcuni blog, ho tradotto e curato l’editing di diverse pubblicazioni di piccole case editrici italiane, ho scritto articoli per settimanali di spettacolo… insomma, la mia vita è la scrittura e oggi sfido me stessa: con voi, e grazie a Francesca, mi rimetto al vostro giudizio, che so essere super partes, diretto e sincero. Ditemi, devo continuare o smettere? Devo insistere con questa passione, questa droga? Vi faccio felici e vi faccio sognare? Ho dei romanzi nel cassetto, questo, di cui leggete un estratto, è l’ultimo, ambientato a Venezia alla fine del ‘700. Ditemi che pensate, siate critiche, vere e schiette come non mai! Siate le mie migliori amiche! Grazie a tutte, soprattutto a Francesca . BUONA LETTURA!
LA TRAMA DEL ROMANZOVenezia, 1796: la giovane baronessa Marianin si ribella alla volontà del padre che vuole imporle un matrimonio combinato. Sogna l'amore e lo cerca durante il folle, spumeggiante Carnevale di Venezia. Salvata da un tentativo di violenza da una fosca maschera, ospite involontaria di un conturbante conte, obbligata dall'onore ad andare in sposa ad un uomo dissoluto. Ma chi è l'uomo misterioso che appare e scompare dalla sua vita? Una spia, un assassino o, semplicemente, colui che la farà innamorare? Una giostra emozionante di eventi imprevedibili e drammatici che la porteranno ad intrecciare il suo destino con quello, altrettanto avvincente, della Repubblica di Venezia. 
NEW PENS FOR ROMANCE presenta Adele Vieri CastellanoIL GIOCO DELL'INGANNOdi ADELE VIERI CASTELLANO     
Lorenza scelse il corridoio illuminato dalle torce e affrettò il passo senza nessuna paura. Giunse infine davanti ad una porta socchiusa. Da lì proveniva quel mormorio indistinto. Risoluta, appoggiò la mano sul legno che si scostò senza alcun cigolio: era una sala d'armi quella che si aprì ai suoi occhi, ampia e luminosa per le decine e decine di candele accese.Ciò che più la colpì, dalla soglia, furono le armi di ogni sorta, appese alle pareti di pietra: alabarde, lance, schiavone e altri oggetti sconosciuti ma altrettanto sinistri. C'erano anche due armature, complete e luccicanti, poste ai lati di un immenso camino scoppiettante.Il suo sguardo colse un movimento, alla sua sinistra: il medico cinese era accanto a quello che doveva essere un tavolo coperto di lenzuola candide. Su di esse, era adagiato il corpo di un uomo, completamente nudo. Li Ming alzò il capo rasato e, per un istante, i loro occhi si incontrarono. Poi il cinese riprese il suo compito, imperturbabile, relegandola al ruolo di un'insignificante  interruzione. Lorenza avrebbe voluto andarsene ma un nuovo lamento la costrinse a fare qualche passo verso quel tavolo.   Il medico stava massaggiando, con maestria e leggerezza, la schiena muscolosa del suo paziente: non era tortura bensì il tentativo di lenire la sofferenza dell'uomo disteso. Questi si lamentò ancora, rimproverando aspramente il medico, in una lingua sconosciuta ma cordiale. Non ne vedeva il volto, ma solo i capelli neri, lunghi fino a sfiorargli la schiena.Ipnotizzata dal corpo nudo, dai muscoli perfetti, notò appena le molte cicatrici che solcavano quella pelle altrimenti liscia. Lorenza sapeva bene che avrebbe dovuto andarsene immediatamente: sarebbe morta di vergogna se lui l'avesse scoperta ma le sue gambe non volevano obbedirle e la obbligarono nella direzione opposta, sempre più vicino.Poteva udirne il respiro, poteva vedere il suo sudore, poiché lì faceva caldo e si scoprì ad allungare la mano verso un braccio, piegato sulla superficie del tavolo, per accarezzarne il muscolo gonfio e tagliato in due da uno sfregio sottile.  Poi l'uomo si voltò, appoggiandosi a quel braccio che solo un istante prima avrebbe voluto sfiorare e Lorenza rimase con la mano a mezz'aria, trattenendo il fiato. Avrebbe voluto morire: in quel punto, in quel preciso istante.I capelli, seppur lunghi, non poterono celarle del tutto la vista del suo volto: una tremenda cicatrice lo spezzava in due: la fronte, la palpebra chiusa, la guancia, per perdersi poi sul collo, sinistra e terribile.Lorenza fu incapace di distogliere lo sguardo da quell'orrore e, nello stesso tempo, di trattenere l'ansito di angoscia che la colpì. Il resto del viso era intagliato con asprezza: il naso dritto, la mandibola dalla linea dura, le sopracciglia inarcate e scure: un viso che esigeva attenzione, aggressivo e maschile, che non poteva essere ignorato.  Lorenza in quell'istante, fu certa che fosse proprio il conte Barbieri l'uomo che la fissava con un unico occhio e restò pietrificata, inorridita. Come in un incubo, vide passare sul volto esposto e,  inaspettatamente, vulnerabile tutte le emozioni che lo investirono: stupore, ira e, forse, anche vergogna.  Troppo tardi, indietreggiò di qualche passo, troppo tardi abbassò gli occhi sulle doghe di legno del pavimento, per risparmiarsi l'angoscia e la paura ma fu un attimo: ritornò con lo sguardo su quel corpo perfetto e nudo, morbosamente attratta. Lui era sceso dal tavolo, nel frattempo e si stava coprendo i fianchi. Le volgeva le spalle ben fatte e Lorenza le fissò senza vergogna, stupita dalla forza che emanava da quel corpo snello. Non aveva mai visto un uomo così, tantomeno senza abiti addosso. Per dirla tutta, non aveva mai visto un uomo adulto nudo. Dio mio… era talmente scossa e vergognosa che la voce aspra fu, per lei, come una stilettata.  «Che fate qui?»Non ebbe il coraggio di rispondere. Non aveva voce, non riusciva a capacitarsi di aver osato tanto. Ma continuava a guardarlo, ora che lui si era voltato a fissarla: era quasi un'indecenza, per un uomo, apparire tanto manifestamente virile, pur con quel viso sfregiato.   Ogni centimetro di quella pelle sembrava scolpita in una sostanza consistente come ambra o, forse, velluto, tale da sembrare dipinta. Scoprì, con sgomento che le statue greche, i nudi e i ritratti di dei e guerrieri, erano solo pallide imitazioni di quel fisico virile che vedeva dal vivo per la prima volta.  «Nessuno vi ha insegnato le buone maniere? Dovreste bussare prima di entrare in una stanza, quando siete ospite in casa altrui. Andatevene, immediatamente, la vostra presenza, qui, non è gradita, baronessa. E neppure decente.» ringhiò lui, avvicinandosi a pochi, pochissimi, centimetri dal suo viso.Lorenza alzò gli occhi e fissò l'orribile sfregio, senza pudore né rispetto. Erano lacrime quelle che sentì salirle agli occhi? E perché piangeva, poi?  «Non ho fatto nulla di male…» trovò il coraggio di mormorare, mentre lui, l'orrore in persona, la sfidava, immobile e furioso, lo sguardo duro.  «Ho sentito dei lamenti, pensavo che qualcuno avesse bisogno d'aiuto…»  «Ah, la baronessa coraggiosa! Avete pensato che stessi torturando qualcuno, vero?» domandò, aggressivo, eliminando l'ultimo refolo d'aria che li divideva ancora.   «Finalmente la cattiveria, la morbosa curiosità che divora tutti voi, potrà essere soddisfatta. Ecco Barbieri, ha svelato la vera natura, l'anima perversa, come il suo aspetto!»   Era a un passo da lei quell'occhio demoniaco che la fissava. Per non tremare puntò gli occhi sulle labbra, assurdamente scampate a quello scempio. Fu un errore: erano carnose, perfettamente disegnate e scarlatte, svelavano denti bianchi e forti.  «Che fate, non mi guardate, più, Lorenza?» sibilò lui, osando pronunciare il suo nome e lei sentì qualcosa di indefinito e piacevole partire dalla punta dei capelli e serpeggiare, giù, sempre più giù, fin nel punto, suo, più intimo e segreto. Ebbe come la sensazione di aver già vissuto quel momento spaventoso, di aver già udito quella voce…Una mano le afferrò il mento e la costrinse a vedere da vicino, così vicino che avrebbe potuto toccarla, quella sua ferita esposta. Sentì chiaramente le lacrime scenderle sulla guancia e  rigarle il mento.L'occhio nero, poiché l'unica iride che la stava fissando era nera come l'ossidiana, la ipnotizzò. La mano lasciò il mento e scese sul collo, sfiorando la pelle, e generando brividi. S'infilò sotto la seta e le liberò una spalla. Il viso del conte si concentrò sul quel gesto sensuale e mentre lui considerava da vicino non più i suoi occhi ma la sua pelle di seta, Lorenza sentì il corpo sciogliersi, fondersi, nella speranza che quella carezza durasse per sempre. Ne fu affascinata e fu affascinata anche da ciò che vedeva, seppur fosse deforme. Vide quelle labbra dure, tese nella rabbia di poco prima, rilassarsi e schiudersi, come preparandosi per assaporare qualcosa e lei, che non ragionava più e di certo era vittima della follia, desiderò toccarle con le sue e sprofondarvi dentro, definitivamente. Ma ad un tratto, come si fosse scottato su una fiamma troppo ardente, lui ritrasse la mano e quell'incanto, dilatato e sensuale, finì.  «Avrete qualcosa da raccontare, ora alle vostre… simili! Sarete soddisfatta!» La fissava di nuovo rabbioso, le mascelle serrate. Per Lorenza fu come guardare in un abisso e non poté sottrarsi: vi guardò dentro e vide la tenebra.   «Spaventata ma curiosa… una delle tante! Mi deludete!»  «Non è così… vi sbagliate…» articolò, rauca.  «Non siete che una piccola ingrata. Una bambina capricciosa ed ingrata.» Si allontanò da lei, come se ne fosse disgustato.  «Non desidero più vedervi. Non ho bisogno della vostra pietà e del vostro disgusto, baronessa. Tornate di sopra, restateci e domattina, all'alba, troverete la carrozza davanti al portone. Non siete un'ospite gradita. Mi auguro di non avere mai più il dispiacere d'incontrarvi nuovamente!»Lorenza indietreggiò, indietreggiò e quando fu sicura di avere gambe forti a sufficienza, fece qualche passo e poi fuggì via. Per la prima volta nella sua vita, non riuscì ad avere l'ultima parola. […]



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