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Non hai mai capito niente – Cinzia

Da Marcofre

Nuovo estratto dalla mia raccolta di racconti: “Non hai mai capito niente”. Il titolo: Cinzia.

Buona lettura


Cinzia prese in affitto un appartamento all’ultimo piano di uno stabile in via Poggi. Amava abitare ai piani alti.

Quelli dell’agenzia le fecero un prezzo di favore perché il mercato immobiliare era fermo, dicevano. Non c’erano mobili in quella casa da settanta metri quadrati.

Il giorno dopo la firma del contratto, un mercoledì, aveva trascorso la mattinata in giro nei vari uffici del gas, della compagnia elettrica e dell’acquedotto per intestare a suo nome i contratti. La sera, con una porzione di farinata come cena, aveva steso sul pavimento una rivista, ci si era seduta sopra, aveva appoggiato la schiena alla parete e incrociato le gambe. Si era tolta le scarpe da ginnastica, si era sgranchita le dita dei piedi. Accanto aveva una vecchia valigia, un trolley nuovo di zecca, e un sacco a pelo; una confezione di bicchieri di plastica e una di carta igienica. Alla maniglia della porta finestra spalancata, era appesa una giacca scura e un foulard.

Mentre masticava, guardò fuori; di fronte a lei c’era il tetto del palazzo e il cielo di maggio che scuriva. Allungò il braccio, prese il bicchiere di plastica e bevve a piccoli sorsi.

Si alzò, si avvicinò all’interruttore e lo premette. La lampadina vestì di un pallore giallognolo le pareti della stanza. Una mosca tracciava il suo volo privo di fantasia attorno al filo elettrico ingrigito dalla polvere. La spense. Prese il bicchiere e si spostò in cucina, lo riempì e lo svuotò a piccoli sorsi. Sul muro c’erano i fori dei pensili e i segni dei mobili del precedente inquilino, un tipo di Rende che si era trasferito dalle parti di Treviso. Così le aveva spiegato la titolare dell’agenzia immobiliare. Aveva aggiunto che i calabresi erano persone sempre affidabili, non come i siciliani, o i pugliesi; lei aveva tagliato corto. Non amava quel genere di conversazione.

In un angolo c’era una scopa e alcuni sacchi della spazzatura. Sentì il volume alto della televisione dei vicini, pensò che forse stavano litigando e non volevano far sentire le urla. Posò il bicchiere.

Lei non andava mai a dormire senza una bottiglia di acqua accanto a sé. Aprì lo sportello sotto il lavandino, e un odore di muffa la investì. C’era il contatore dell’acqua e una vecchia spugna. La

gettò. Spalancò la finestra per fare aria. Cercò nello sgabuzzino, l’unico ambiente dove non aveva guardato, ma trovò delle scatole da scarpe vuote, e in un sacchetto di carta da pane, viti e bulloni.

Si annodò al collo il foulard, indossò le scarpe, la giacca, e uscì sul pianerottolo: l’ascensore era occupato. Scese a piedi, all’aperto alzò la zip e il colletto, discese sino alla via e svoltò a destra. Superò piazza Marconi, alla volta del cassonetto che raccoglieva la plastica. Senza guardarsi attorno, alzò il coperchio e si mise a frugare tra le bottiglie. Ne scelse alcune da un litro e mezzo, erano in buono stato e avevano il tappo. Non emanavano nessun odore cattivo. Pensò di frugare tra i rifiuti, ma le mancò il coraggio. Sull’altro lato della strada, notò alcune persone davanti al cinema, in attesa.

Rientrò, chiuse la porta di casa, e prese il flacone dello shampoo dalla valigia. Andò in bagno lavò le bottiglie, le capovolse e le mise a sgocciolare nella doccia.

Accese la luce nella stanza, terminò di mangiare la farinata e passò le mani sui jeans. Srotolò il sacco a pelo, chiuse la porta finestra e abbassò l’avvolgibile. Guardò l’ora sul cellulare prima di spegnerlo: erano le nove. Dalla tasca della giacca estrasse lo scontrino del bancomat: le restavano poco più di 3500 Euro.

Si spogliò, fece la doccia con lo shampoo, si asciugò con un corto asciugamano, alcuni fazzoletti di carta e l’asciugacapelli. Indossò il pigiama, riempì una bottiglia e la sistemò accanto al sacco a pelo.

Si coricò; si disse che per essere il primo giorno poteva andare bene così.


Non hai mai capito niente. 12+1 racconti di Marco Freccero

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