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Non più di “due”: i numeri perfetti della politica

Creato il 19 gennaio 2013 da Iljester

numeriÈ così difficile credere nel bipolarismo in Italia? A vedere gli ultimi sviluppi, pare di sì. E a ben pensarci è una caratteristica un po’ figlia del modo di essere italiano, dovuto in larga parte alla storia del nostro amato Paese, nato da tante piccole realtà unitesi fra loro per modo di dire.

Il nostro maggior problema è che non riusciamo a stare sotto il tre, in Politica. Mi spiego: tre è il numero perfetto, ma non in Politica. Lì il numero ideale è il due; per alcune cose addirittura l’uno. Tre invece è troppo. Due dovrebbero essere, se non i partiti, perlomeno gli schieramenti. Due e nettamente differenziati. Se ci pensate, le cose migliori si fanno in due. L’Amore ad esempio. Anche la Politica dovrebbe essere una cosa a due. Un numero maggiore crea frammentazione, che a sua volta crea confusione, che ci porta ad un sostanziale deficit di chiarezza “nell’offerta” politica che mai come in questo periodo della storia invece dovrebbe essere netta e definita, priva di ambiguità.

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Non più di “due”: i numeri perfetti della politica

Ecco, se c’è una cosa di cui dobbiamo ringraziare Berlusconi (ce ne sono diverse, anche se molti non ci credono) è la polarizzazione che ha introdotto nello scenario politico italiano con la sua “scelta di campo”. Nel 1994 il Cavaliere con la sua discesa in politica ha segnato una svolta nella storia italiana, per alcuni positiva, per altri meno, ma pur sempre una svolta. E anche a cavallo tra lo scorso, infausto, 2012 e questo, incerto, 2013, non ha fatto diversamente: o con lui o contro di lui.

Questa “contrapposizione”, pur con i suoi limiti e le sue storture, ha fatto crescere il nostro sistema politico, con buona pace della gran parte dei suoi (miopi) detrattori. E seppure il cammino verso una Democrazia compiuta e moderna come lo è quella targata USA sia ancora lungo e pieno di ostacoli, una gran parte dei meriti li dobbiamo attribuire a Silvio Berlusconi, che ci ha fatto fare un passo importante in quella direzione, che ci piaccia oppure no.

A volte però anche due è troppo. A volte serve un “uno”. Un leader ad esempio. Che manca a sinistra. E che a destra è invece sempre il solito. Chi troppo e chi troppo poco. Intendiamoci, la tiritera del “basta con l’uomo solo al comando” su di me non ha molto appeal. Credo nelle persone, prima ancora che nei partiti, e il “leader” è una persona, anzi “LA” persona. Il simbolo, l’espressione di una sintesi di valori. Nessun uomo diventa grande senza imitare uomini più grandi venuti prima di lui. Per cui, non ci vedo nulla di male in un leader carismatico che catalizzi consenso intorno a sé, anzi…

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Il problema è che se lo fa Obama negli States o prova a farlo Renzi qui da noi, la cosa è accettabile ed è persino auspicabile. Se lo fa Berlusconi no: la cosa è inaccettabilmente fascista. Singolare, no?

Ultimo ma non meno importante, “uno” è anche il numero del nostro Paese. In due sensi. Nel senso che è il numero uno in tante cose, anche se ci piace pensare a noi stessi in termini di repubblica delle banane. Ma anche nel senso che “uno” è il Paese e dovremmo sentirlo tutti nostro, dovremmo fare sistema. E invece neanche per idea. Ognuno pensa a sé. E questa è la malattia endemica del nostro sistema politico: il pensare al proprio particolare interesse, senza una visione d’insieme. Così capita che critichiamo molto bene le leggi “ad personam”, ma non ci rendiamo conto che i primi a ragionare in quel modo siamo noi. Perciò la classe dirigente che abbiamo non può che riflettere la nostra scarsa propensione a pensare al Paese ed alle sue Istituzioni come ad un’unica entità. Questo è il vero problema dell’Italia. Il problema numero uno, che si risolve solo e se la Politica giocherà la partita con due squadre, non con tre o più.


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