Magazine Cucina

Oggi parliamo con… Marco Buticchi

Da Gialloecucina

Abbiamo il piacere d’incontrare Marco Buticchi, uno degli autori italiani più noti in patria e all’estero. Una di quelle penne che non necessitano di presentazione!

Se cercate informazioni su di lui, visitate le sue pagine

www.marcobuticchi.it

https://www.facebook.com/pages/Marco-Buticchi/41440001306?ref=hl

Intervista a Marco Buticchi a cura di Alessandro Noseda

 

A per GeC: buongiorno Marco e grazie per l’invito nella tua cucina!

 

M.: Buongiorno Alessandro, infilati un grembiule e dammi una mano con quella specie di salame. Noi la chiamiamo Mortadella nostrana della Lunigiana.

 

A: cosa prepariamo?

 

M: Dato che siamo in Liguria, che ne dici dei Testaroli al Pesto?

 

A: Ti ho portato i “Nocciolini di Canzo”. Spero ti piacciano. Magari a fine pasto con del Recioto?

 

M: Bene, assaggerò volentieri

 

A: be’, mentre cucini, ti faccio qualche domanda, o.k.?

 

M: d’accordo. Apri del vino. Che ne dici di un km zero… un Vermentino di Luni?…

 

A: non sapevo t’intendessi anche di ricette e vini. Una bella sorpresa. Prosit!

 

M: Ho due grandi passioni: scrivere e cucinare. E c’è chi dice che mi riescano abbastanza bene entrambe…

 

A: Metto della musica di sottofondo? Cosa ti piace?

 

M: Anche qui, musica italiana, autore italiano, cucina ligure. Facciamo una serata del “campanile”, noi che siamo così propensi all’esterofilia.

 

A: ecco, intanto che taglio qualche fetta di mortadella nostrana, mi racconti chi sei e perché leggi e scrivi?

 

M: Sai, per raccontare la vita – non tranquilla – di un cinquantasettenne, non sarebbero necessarie le pagine di un romanzo voluminoso. Diciamo che scrivo per passione e, dopo una dozzina di romanzi di successo, ancora non ho perso passione nello scrivere.

 

A: perché hai accettato di accordare  un’intervista a Giallo e Cucina? È un Blog che segui?

 

M: Certo, mi piace molto. Ormai l’informazione (e la formazione) non possono prescindere dalla rete. I blog (il vostro in particolare) sono una realtà spontanea e si guadagnano spazio solo se valgono.

 

A: i tuoi romanzi, come nasce l’idea?

 

M: Da quella che io chiamo folgorazione: un particolare irrilevante nel quale però l’autore “sente” tutto lo spessore e la forza da cui trae origine un romanzo.

A: dove scrivi?

 

M: dove capita e quando “punge vaghezza”.

 

A: carta e penna o direttamente al p.c.?

 

M: Computer: ho una calligrafia che, una volta scritta, risulta illeggibile a me per primo.

 

A: preferisci il silenzio o ami musica di sottofondo?

 

M: amo scrivere nella normale vita di casa: figlie che chiacchierano, mogli che passano, televisioni che sciorinano notizie…

 

A: “La stella di pietra” è la tua ultima fatica. Da dove hai tratto l’ispirazione? Quanto rubi alla realtà e quanto è frutto della tua fervida fantasia? Come delinei i personaggi? Segui una scaletta o ti fai guidare dalla storia?

 

M: La Stella di Pietra nasce appunto da una “folgorazione” mentre, in visita ai musei vaticani, sto osservando il gruppo scultoreo del Laocoonte e i suoi figli. Pur non essendo un esperto d’arte, alcuni particolari mi appaiono a prima vista un po’ troppo forzati per rientrare nei canoni della scultura classica. Tornato a casa incomincio a studiare la scultura, accorgendomi che ci sono altri, ben più titolati di me, che attribuiscono il gruppo scultoreo non già a tre artisti del Primo Secolo DC, bensì al più grande “scalpello” della Storia: quello di Michelangelo Buonarroti. E, siccome mi piace complicarmi la vita, intreccio la vicenda dei misteri di Michelangelo con i misteri del momento più oscuro della recente storia italiana: il rapimento di Aldo Moro e i tanti misteri ancora irrisolti delle Brigate Rosse.

La storia è un binario da cui non si può sfuggire, ma solo seguendolo ci si va a invischiare in tali e tanti oscuri fatti da far invidia ai più grandi maestri del giallo.

 

A: quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura del romanzo?

 

M:Ogni romanzo è un lavoro articolato, e come tale cresce solo con costanza e abnegazione. Non credo a chi afferma che la magia dell’ispirazione riesca a sostenere la complessa struttura di un romanzo.

 

A: e del rapporto con Editor ed Editore cosa puoi dirci?

 

M: Il rapporto con l’editore è un rapporto di amicizia quasi familiare. Mi fa piacere che tu mi chieda notizie dell’editor perché in Italia si è poco propensi a parlare di questa figura basilare per la buona riuscita di ogni lavoro. A differenza degli autori stranieri – che nei ringraziamenti nominano il loro editor ai primi posti – qui da noi pare quasi che si abbia paura che l’editor impersoni un “ghost writer” che scrive i libri in nome e per conto degli autori. E quindi nessuno ne parla. Ma non è così: l’editor è l’occhio vergine che legge il romanzo (spesso per primo) e, dato che non ne è innamorato come l’autore, riesce a vedere punti di forza e di debolezza, invitando l’autore a porre riparo su questi ultimi. Anche il rapporto tra autore e editor deve essere dettato da profonda stima e grande rispetto.

 

A: c’è un titolo a cui sei particolarmente affezionato o non hai figli prediletti?

 

M: Sono tutti figli miei e tutti mi assomigliano e ciascuno è bello per il momento in cui è venuto alla luce.

 

A: hai altri progetti in cantiere?

 

M: Infiniti e, data la longevità media degli autori, penso che mi dovrete sopportare ancora per qualche decennio… e pure come cuoco!

 

A: descriviti come lettore? Quali libri compri? Hai un genere preferito o spazi a seconda del momento, dello stato d’animo?

 

M: Sono stato un divoratore di romanzi d’avventura sin da quando ero bambino. Da Emilio Salgari a Robbins non ne ho perso uno. Poi si è avverato il sogno e mi sono ritrovato “compagno d’avventura” di mostri sacri come Cussler, Smith, Bagley, O’Brian, tutti presenti nella collana I Maestri dell’Avventura di Longanesi, nella quale io sono ancora oggi, dopo quasi vent’anni, l’unico italiano.

 

A: e se devi regalare un libro come scegli?

 

M: un libro è un regalo personale: o si conoscono bene i gusti, oppure si rischia di regalare il solito profumo che resterà in bagno sulla toeletta.

 

A: un consiglio ad un esordiente che ha la sua storia nel cassetto e non ha trovato ancora nessun editore interessato a pubblicarla?

 

M: … e non sarà facile pubblicarla: le case editrici sono sommerse dai manoscritti. Posso dire come ho fatto io: mi sono stampato a mie spese i miei primi romanzi improvvisandomi editore. Ho riempito il bagagliaio di copie e sono andato in giro a distribuirle. E è accaduto il miracolo: una copia arrivò in mano del grande e compianto Mario Spagnol, editore di Longanesi, e mi cambiò la vita. Oggi è anche più facile che ai miei tempi: col self publishing non si è condizionati dalla tiratura: basta fare i conti di quanti parenti e amici si vuol gratificare a Natale et voilà: il sogno si realizza. E quello potrebbe essere il modo per farsi notare.

 

A: ami la carta o apprezzi anche gli eBook?

 

M: Dipende dagli usi: l’e-book è comodo e facile quando studio o quando viaggio. Ma non ha anima. Il cambiamento è però in atto e nessuno sa chi, tra e-book e libro, la spunterà

 

A: ti piace presentare i tuoi libri al pubblico? Una domanda che non ti hanno mai fatto (e a cui avresti voluto rispondere) ed una che t’ha messo in difficoltà?

 

M: Mi piace il contatto col pubblico: ascolto con attenzione ciò che il pubblico mi dice e prendo nota di ogni consiglio. Domande che non mi hanno fatto? Molte, e nessuna di quelle che mi hanno fatto mi ha mai messo in difficoltà. Ma hai per caso fatto scuola da un noto conduttore televisivo? A fine trasmissione tirava sempre fuori il tormentone: si faccia una domanda e si dia una risposta. E noi tutti, ospiti, ci preparavamo per tempo alla “domanda a sorpresa”.

 

A: oltre alla scrittura, alla lettura e alla cucina, come ami impegnare il tuo tempo?

 

M: Ho anche un lavoro “serio”, tra l’altro: gestisco un complesso turistico in una delle zone più suggestive d’Italia, Lerici, affacciato sul Golfo dei Poeti.

M: be’ direi che è pronto, passiamo alla degustazione!

 

A: sì, ma come consuetudine di Giallo e Cucina, ti chiediamo di chiudere con una ricetta ed una citazione! E grazie ancora dell’invito a pranzo!

 

M: La ricetta di quello che stiamo assaggiando. Per quattro persone:

I testaroli sono un impasto di farina e acqua cotti in appositi stampi di terracotta tipici delle mie terre. Si trovano in molti alimentari già pronti e sottovuoto. E’ sufficiente tagliarli in striscioline e buttare in acqua bollente e salata per un paio di minuti.

Mettete a cuocere a vapore un paio patate a dischetti e un pungo di fagiolini.

Preparate del pesto ligure con una ventina di foglie di basilico, pecorino e parmigiano in dosi che valuterete secondo i vostri gusti. Io amo sempre ricordare che, per me, il pesto non è una salsa di basilico con formaggi (in quel caso risulta verde e amarognolo), ma di formaggi con basilico (per rimanere chiaro e dal classico sapore tenue). Aggiungete mezzo spicchio d’aglio (meglio se pressato) e una ventina di pinoli. Salate qb e iniziate a pestare. Se usate il classico mortaio di marmo, aggiungete olio extravergine d’oliva a filo. Non ci scandalizziamo se preparerete il pesto con un primer. Anche qui aggiungete olio xvo a mano a mano e secondo il vostro gusto, cercando di traguardare una salsa omogenea e non foglie verdi a bagno d’olio. Ripeto spesso che si fa prima a prepararlo in maniera naturale che comprare quelle preparazioni industriali, alcune delle quali sanno di tutto fuorché di pesto.

Scolate i testaroli (ripeto pochi minuti in pentola) con una schiumarola e disponeteli in una zuppiera a strati alternando le verdure cotte a vapore (o bollite), pesto (se volete allungato con acqua d cottura) e una spruzzata di parmigiano. Continuare così sino all’esaurimento della salsa e dei testaroli. Servite caldi, senza mescolare ma scavando col cucchiaio da servizio per prelevare il maggior numero di strati conditi.

Buon appetito… e buone letture! Una sola raccomandazione: leggete italiano perché non siamo secondi a nessuno.



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