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Perché non seguo il calcio. La lezione di Genny ‘a carogna

Creato il 11 maggio 2014 da Lundici @lundici_it

Vi rispondo da Forcella. Sto in coda, prima di me ci sono oltre mille fra giornalisti televisivi e della carta stampata. ‘A carogna, anzi ‘o carugnone, si trova in cima ad una rampa d’accesso a un palazzo, seduto su una sorta di trono… e se la ride, penso da anni.
Nell’attesa dell’incontro, mi chiedo: “Perché non seguo il calcio e, a volte, persino i mondiali?”. La risposta è che devo lasciare, dalle mie parti, almeno uno spazio libero, nel quale posso mettere tutto quello che non c’è negli altri ambiti, ormai satolli oltremisura, o forse perché in un modo, in fondo… devo pur salvarmi.

Le oltre mille voci, aggiunte ai suoni tipici dei teatrali vicoli napoletani, ricchi di folclore variopinto, mi indicarono involontariamente l’ordito del racconto, che cominciai a vergare di lì a poco.

Forcella - Napoli

Forcella – Napoli

Volete sapere tutto, pe’ fil’e pe’ segno, da quando, poco prima del 1900, in ossequio alla Legge per il Risanamento sventrarono la città e nei suburbi – in uno dei quali è nato Gennaro De Tommaso, alias Genny ‘a carogna – si affastellò la popolazione fino ad esplodere, dentro e fuori?
In quel frangente, a Napoli accadde un fatto incredibile: il centro divenne paradossalmente periferia. I nuovi palazzi, costruiti in aree collinari e destinati ad accogliere il popolo, furono invece occupati dalla classe impiegatizia, la quale abbandonò i luoghi d’origine per dar vita a quelli che oggi vengono definiti i quartieri alti, nei quali abitano “coloro che hanno i soldi”, tra cui (ovviamente) anche i calciatori del Napoli, in un parco “blindato”, dal quale si vede il mare, paradisiaco.

Il cardinale Sepe e il sindaco De Magistris

Il cardinale Sepe e il sindaco De Magistris

Dai vicoli – dove abita la maggior parte dei tifosi, tra cui gli ultras – si vede solo il cielo, ma dal cielo non si vedono i vicoli; nonostante un suo rappresentante, il cardinale Crescenzio Sepe, ci faccia sapere in ogni occasione “che la Madonna ci accompagna e San Gennaro prega sempre per questa città che ha tanto bisogno”. Sì, ha bisogno di un cardinale che non sia indagato per corruzione – la “cricca degli appalti” –, di un sindaco che ammetta i nei negativi della città e non, invece, pronto a scagliarsi contro chi, come Roberto Saviano, gli ricorda di mantenere fede agli impegni presi per riqualificare le periferie. De Magistris, al contrario, ama gli eventi altisonanti, ultimo dei quali il conferimento della cittadinanza onoraria a Toni Servillo, che passerà alla storia, più che per l’oscar, per una telefonata durante la quale apostrofò con inequivocabili epiteti, e non solo, la giornalista che tentava solo di fargli qualche domanda.
L’elenco di fatti, personaggi veri o fasulli, è infinito, al pari di scritti, poesie, canzoni. Non basterebbe una vita a raccontare Napoli, stupenda, e la napoletanità, una caratteristica umana inspiegabile che, soprattutto nei momenti critici, sembra affiorare al fine di riequilibrare le sorti della gente.
Qualche giorno fa, ho seguito una partita senza pagare alcun biglietto d’ingresso. I giocatori non erano esaltati dai riflettori, bensì inebriati dal profumo dei libri. La sfida si svolgeva in piazza Dante, per la precisione nella libreria Pironti, tra due validi scacchisti, dal cui silenzio intuii le mosse e, forse, anche perché non seguo il gioco del calcio: per avere un punto di vista non influenzato da una “passione” a compartimenti stagni.

‘A carogna ha mostrato a tutto il mondo tanti aspetti, che attengono alla città di Napoli e all’Italia tutta. Per tre quarti d’ora il tempo si è fermato, tra lui e il capitano del Napoli, Hamšík, si trattava sullo svolgimento o meno della gara – la finale di Coppa Italia –, che è stata poi disputata solo perché il calciatore ha assicurato “mettendoci la faccia” che il tifoso napoletano, colpito da spari poco prima – durante scontri avvenuti per strada –, non fosse morto. Ma il morto c’era e come. Dietro la scritta “Speziale libero” stampata sulla maglietta che indossava Gennaro, infatti, c’era Filippo Raciti, l’ispettore capo della polizia che nel 2007, dopo il derby Catania-Palermo, perse la vita e per cui Speziale è stato condannato.

Tutti i presenti, soprattutto tra le autorità da essi svuotate di valore, con il loro evidente imbarazzo hanno confermato platealmente ciò che in precedenza avevano sottoscritto di nascosto: il sistema di barbarie che vige in Italia, fondato sulla forza, bruta o subdola che sia, e non più sulla forza del pensiero e della legge, alla quale, nonostante tutto, continueranno a credere poche persone. Cittadini veri su cui poggia, oggi, l’intero futuro del Paese.

 


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