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Poesie dedicate a Johann Sebastian Bach

Da Paolo Statuti

 

 


Con grande  piacere offro oggi ai miei lettori un po’ di musica e poesia, chiedendo a Johann Sebastian Bach, l’”organo di Dio” – il mio compositore prediletto – si sedere un po’con noi e brindare all’Anno Nuovo.

 

Vadim Sokolov

 

Su, ascoltiamo Bach

Lirica universale

 

Su, ascoltiamo Bach:

Un preludio, la fuga in do minore?

Guarda, un uccellino sul davanzale,

E le ali non pulisce il sudicione,

E’ stanco, forse, poveretto!

 

Con la pioggia l’organo suona meglio,

E tuttavia ispira tristezza!

Che la pioggia batta, non sentirla…

Io socchiudo un po’ la porta…

…Ispira pure – è questo ciò che conta!

 

Il preludio è finito. Bene!

Forse, spegnerò la luce.

Tu sei accanto, che piacere…

Sulla strada ha rinfrescato…

…Siedo accanto a te…

 

Ma non tacere, ti prego…

…Fuori è già notte,

E vicino non si vedono fuochi…

Ah, se tu non fossi malata…

Soltanto la luce delle candele accese…

 

(Versione di Paolo Statuti)

 

Osip Mandel’stam

 

Bach

 

Qui parrocchiani – figli della polvere,

E tavole anziché quadri,

Dove col gesso di Sebastian Bach

Si segnano solo le cifre dei salmi.

 

Quale dissonanza

Nelle taverne chiassose e nelle chiese,

E tu esulti, come Isaia,

O Bach – il più assennato!

 

O nobile disputante, sul serio,

Sonando ai nipoti il tuo corale,

Un sostegno allo spirito davvero

Nelle prove logiche cercavi?

 

Che suono è mai? Semicrome,

Il grido polisillabo dell’organo -

Soltanto il tuo brontolio, niente più,

O inflessibile vegliardo!

 

 

E il predicatore luterano

Sul suo nero pulpito

Con il tuo, o sdegnato interlocutore,

Fonde il suono della sua orazione.

 

(1913)

 

(Versione di Paolo Statuti)

 

Aleksandr Baltin

 

Bach

 

Con la parrucca, vestito con garbo e austerità

Glorifica, sonando adesso l’organo di Dio.

Lo glorifica sempre, anche se la strada è ramificata.

 

Ed ecco in casa Johann Sebastian è solo.

I vivaci pannelli con le immagini delle scimmie

E dei pavoni, la quercia risplende spargendo

Oro. La candela lancia guizzi di luce.

 

Sviluppi di note – di segni annerisce l’immensità.

Il suono sottile scorre, e a un tratto come ferro,

Il suono, quasi molla, si comprime.

 

Quanti angeli proteggevano

 Il cammino? Quanti lavoravano

Sugli accordi del minerale celeste,

Affinché il riverbero toccasse Bach, e musica

Diventasse un sol, e proprio così risonasse?

 

Le vigne ci sono. E c’è

La polvere, le pietre in essa.

Ci sono i boschi coi tronchi degli organi – e tutto

Il mondo delle nostre passioni, delle velocità.

 

La musica di Bach è data,

In essa c’è tutto – passato e futuro,

E la preziosa verità,

Più alta delle parole, e oltre la luna.

 

Bach al lume di candela

Crea le fughe.

E i suoi amici spirituali –

Gli angeli –

Che non sono nelle nuvole,

Ma accanto a lui:

Dettano le note.

Nascono i fuochi,

Invisibili ad alcuni.

Bach è accecato? Egli è immerso nella

Possibilità di vedere altro.

Che importa a lui il trionfo della sua musica,

Se per lui si è aperta la parola del’immenso…

 

…I bambini giocano, il tappeto è morbido,

Qualcosa per la vita fa la moglie.

La domestica prepara il pranzo.

Lo sguardo di Bach per ora è limpido.

Il maestro berrà volentieri un po’ di vino,

Per poi di nuovo donare agli uomini la luce.

 

(Versione di Paolo Statuti)

 

 

Konstanty Ildefons Gałczyński

 

 

La Pasqua di Johann Sebastian Bach

 

La famiglia è andata ad Hagen.

Sono rimasto solo in questa enorme casa.

Dei miei passi rimbomba l’andante.

 

Mi fa ridere tutta questa doratura

e questi pellicani scolpiti senza cura,

e quelle nuvole che corrono a levante.

Io amo le nuvole. E le luci cupe.

Come le fortezze. Come le mie quadruple fughe.

 

Girare per le stanze – che incanto,

con la Signora Musica accanto!

Come bosco d’autunno le rosse candele d’oro.

Oggi è Pasqua. Le campane conversan tra loro.

Oh, felice è il mio cuore!

Nei vecchi cassetti le vecchie missive,

e nei libri le foglie seccate;

che bello frugare tra le carte d’un tempo…

Oh, ore festive piene di dolce fermento!

O estri come colonne d’oro, o cantate!

Vestito di verde velluto

sguazzo, vago per queste stanze,

sui ballatoi e sulle scale;

oh, prima di sera, quante ore ancora, quante,

per borbottare, canterellare, camminare,

scorrere come acqua incantata!

Scuri come la notte i ritratti mi salutano,

e ancor più scuriscono quando m’allontano.

E’ buffo che alcuni m’han chiamato maestro,

dicono che nelle cantate il Cielo ho messo.

Peccato che qui non tutti conoscete il mio merlo,

ah, come questo merlo canta, ah, che bravura!

A lui devo molto. E anche alle grandi nubi.

E ai grandi fiumi. E al tuo seno, o Natura.

Guardate questi giacinti azzurri,

queste sedie di legno nero,

tutti questi mobili dorati,

questa gabbia coi pappagalli, che canticchia,

quelle nubi come vascelli argentati,

che il vento del sud solleva.

Sì. Guardate. Qui dimoriamo.

Qui ricorderanno Johann Sebastian.

Dicono che sono vecchio. Come il fiume.

Che il tempo sempre più mi sfugge di mano.

E’ vero che molte ore ho sprecato.

Non fa niente. Al diavolo! Io suono su corde resistenti

e ci sono ancora le mie cantate, accidenti!

Non il tempo me, ma io lui all’incudine ho legato.

Presto tornerà la famiglia e comincerà il banchetto.

Le mie figlie, prima di sedersi, si acconceranno.

Lo sciame degli ospiti giungerà. Il ballo inizierà.

Mangeranno e berranno a profusione.

E anche il pastore dall’arazzo zufolerà una canzone.

Poi calerà la sera. E io sparirò nel pergolato.

Perché migliore del mio violino, quando ero a Weimar,

delle perle che sogno per mia moglie,

delle sonate dei miei figli, di ogni vaghezza,

è questo attimo di grande dolcezza,

proprio quando, nella pergola, da una sua fessura,

vedo una cosa insolita, vertiginosa, pazzesca a dismisura:

IL CIELO STELLATO DI PRIMAVERA

(1950)  

(Versione di Paolo Statuti)

 

Paolo Statuti

Ascoltando Bach

 

O diletto Bach,

lascia chio ti ringrazi

per la tua musica.

Essa è una dolce visione,

dove cherubini e serafini

cantano in coro

la quiete dell’anima

e la gioia di essere.

Nel fluire delle note

il cuore torna sereno,

le pietre che lo schiacciano

diventano piume,

le catene che lo legano –

ghirlande di fiori.

Le note penetrano

sempre più a fondo,

là dove si ha più bisogno

di conforto e di amore.

O Sebastian,

ascoltandoti,

vedo cielo e terra fusi

nella tua persona.

Tu immortale

li hai mostrati ai mortali,

tu li hai racchiusi

nella tua ciaccona.

 

 

 

(C) by Paolo Statuti



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