Magazine Arte

Pop-Porno

Da Elisagretaferrari
Decido di parlare di una mostra d'arte. Lo decido perché Pig-Island, prima grande mostra in Italia dell'artista americano Paul McCarthy, mi ricorda il teatro di Rodrigo Garcìa. Forse è solo per via del ketchup.
Decido che oggi è un buon giorno per andare in Brera a respirare un po' d'arte. Lo decido perché c'è il sole e l'aria è frizzantina. Forse è solo che non ho più voglia di studiare.
Arrivo a Palazzo Citterio e l'enorme faccione di un Bush in silicone rosa porco mi accoglie mentre lascivo si diverte a sodomizzare un maiale. Osservo un po', giro intorno all'opera.
Decido che mi piace.
Poi qualcosa mi distrae. Lì, nell'angolo, quasi come si fosse appena sdraiato per fare un riposino, o forse perché non si sente molto bene, o forse perché è un po' morto, ecco il corpo di McCarthy. Una brandina misera e questo corpo d'omaccione con la pancia da bevitore di birra e la camicia di flanella che fa molto America. Il membro a vista. Forse è morto perché non ce la faceva più a sopportare così tanta pornografia nel mondo. Proprio lui che da quella pop-pornografia ne ha tratto ispirazione per la sua arte provocatoria. Ma è soltanto un fantoccio. McCarthy è ancora vivo e vegeto.
Mi muovo tra le stanze un po' frastornata dalle urla che provengono dai video proiettati sui muri del palazzo. Mi accorgo che la forza di questi video sono i suoni, nonostante le immagini propongano tutto un repertorio di fluidi riconducibili all'organico, di smorfie grottesche, di lingue, di tette e di birre. Quelle grida ti trapanano il cervello, quasi come se si scollassero dalla registrazione per attaccarsi ai tuoi neuroni, quasi come se l'immagine fosse la patina dorata e il suono la ruggine che ci trovi sotto quando gratti un po'.
Incontro un cubo ripieno di ketchup e un corpo di donna seduto su di un tavolo. Indossa una maschera. Tutto cartonato. Tutto manga. Tutto fast.
Arrivo nella sala di Pig-Island. E' un immenso laboratorio. Il retrobottega dell'imbalsamatore.
Mi dicono che non posso camminare sulla moquette. Perché no?! Come faccio a vedere cosa c'è negli anfratti di tutto quel bordello? Mi sento un voyeur. Sono un voyeur. Sono lì a cercare di spiare nell'intimo dell'artista, nel suo privato, tra gli aborti di scultura e le chincaglierie. Vorrei entrare in quello spazio, vorrei violarlo. Vorrei giocare anche io. Sento che dentro quello spazio è come quando da piccolo ti fai la capanna con gli ombrelli aperti. E' calore, prima dell'età adulta.
Prima dell'uscita ad attendermi c'è una gigantografia gonfiabile di una bottiglia di ketchup.
Sono fuori.
Decido che la realtà è più forte della provocazione di McCarthy.
La sua parodia della società è meno forte di quanto non sia la pornografia della società stessa.
E' vero, i simboli e le icone entro i quali si rispecchia il mondo di oggi sono falsi e meschini, ma credo sia ormai un dato di fatto. La denuncia non basta, serve l'azione.
Ma forse la denuncia è già azione.
Punto di domanda.
Pig Island - L'Isola dei Porci
di Paul McCarthy | Organizzazione Fondazione Nicola Trussardi
Palazzo Citterio Via Brera, 14 - Milano
Dal 20 Maggio al 4 Luglio
Entrata Libera
http://www.fondazionenicolatrussardi.com/exhibitions/Pig_Island.html

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines