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Puella Magi Madoka Magica – parte 3 – La storia della ribellione (ovvero: una Sailor Moon caricata a molla)

Creato il 07 luglio 2014 da Joeundfreida @JoeUndFreida

La storia della ribellione, in inglese semplicemente Rebellion, è il film conclusivo della serie animata giapponese Puella Magi Madoka Magica, formata da tredici episodi raggruppati poi in due lungometraggi.

Facciamo un piccolo sforzo di memoria. Immaginiamo noi stessi qualche anno fa, bambini o ragazzini ingenui che, alle cinque del pomeriggio, costretti dalle sorelline minori (sì, come no), ci mettiamo a guardare un cartone giapponese con le streghette su Italia 1, chessò, Pretty Cure o, per i più attempati, Sailor Moon. La puntata procede come da copione per tutti i suoi venti minuti: presto si arriva allo scontro finale col mostro di turno, colorato e ben poco spaventoso. Lampi di luce stellare, proiettili a forma di cuori rosa, finalmente il momento del colpo di grazia… quando, gnam, il nemico alieno stacca con un morso la testa di una delle giovani protagoniste. Il cadavere decapitato piomba a terra, tra le urla di terrore delle sue compagne.

Puella Magi Madoka Magica – parte 3 – La storia della ribellione (ovvero: una Sailor Moon caricata a molla)

Mami non è decisamente una majokko con la testa sulle spalle.

Questo, sinteticamente, è ciò che significa vedere l’anime che ha per titolo lo scioglilingua Puella Magi Madoka Magica. Nella migliore tradizione del genere majokko (quello appunto delle allegre streghette giapponesi), le protagoniste sono cinque studentesse che ricevono da una misteriosa creatura sovrannaturale poteri magici per combattere il male. In effetti, ogni cliché di questo nutrito filone dell’animazione nipponica è puntualmente ripreso, a partire dalla composizione del team. Abbiamo la capetta con la divisa color rosa, la perfetta corrispondente del “red” che in genere è il leader dei gruppi maschili che combattono per proteggere la Terra (vd. i Power Rangers). C’è la blu esuberante, la rossa arrogante e dedita all’attività fisica, la viola forte e silenziosa. E ovviamente non può mancare la maggiorata di turno, perché altrimenti di cosa vivrebbero gli amanti degli hentai?

Ma il Magic Quartet, pseudonimo dei quattro autori della serie, non si è semplicemente limitato a riproporre gli stereotipi del caso per farne una spacie di sintesi. Ogni aspetto di questo anime è ingigantito, esasperato, portato alle sue estreme conseguenze. È una costante che permea ogni singolo aspetto di quest’opera. I disegni dei landscape e dei nemici sono articolatissimi: città futuristiche dalle architetture barocche e bestioni giganteschi, realizzati con una particolare tecnica simil-collage, che lasciano con la bocca aperta e che stridono parecchio (sicuramente in modo voluto) con la semplicità del chara-design riservato ai personaggini umani. Anche i combattimenti sono fortemente estetizzanti, con coreografie realizzate con quanto di meglio l’animazione giapponese abbia da offrire, talmente complessi da risultare, talvolta, confusionari. La trama stessa è parecchio intrecciata, contemplando numerosi viaggi nel tempo e modificazioni della struttura profonda del nostro universo.

Ritorno al futuro

Allora Homura, dopo dodici episodi possiamo piantarla di incasinare la trama giocando a ingarbugliare le linee del tempo?

Questa tendenza al mastodontico è la forza e anche la debolezza di questo titolo. Parlo di forza perché di fronte a tanta grandiosità, quantomeno tecnica, è impossibile rimanere indifferenti, e parlo di debolezza principalmente per due motivi:

1)   Il confine tra fare le cose in grande ed esagerare è davvero molto sottile. E quando dico che tutto in questo anime è ingigantito, intendo veramente TUTTO. Si sa che, in questo genere di cartone, le sequenze di trasformazioni delle eroine in guerriere magiche, con loro che danzano in un spazio altro mentre le divise da battaglia prendono forma sul loro corpo ignudo, ma mascherato da provvidenziali fasci di luce, sono un must. Se già per Mermaid Melody o per le Mew Mew veniva spontaneo chiedersi perché i nemici non approfittassero del balletto per attaccare, invece di rimanere con la bocca aperta ad aspettare il prossimo attacco, per Puella Magi, in cui questi simpatici cambi di outfit durano uno sproposito, la situazione diventa paradossale. Poi, anche qui, si tratta di scene molto belle da vedere, ma per lo spettatore, tutto preso dal combattimento, trovarsi bloccato a sorbirsi cinque minuti di vestizione tra piroette acrobatiche degne di Carlotta di Ginnaste – Vite parallele, diventa un tantino esasperante. E fin qui si parla di qualcosa che, anche se non pienamente condivisibile, rimane comunque apprezzabile. Ma quando questo gigantismo va ad intaccare aspetti più profondi della storia, come la psiche dei personaggi, allora i risultati possono essere ben più spiacevoli. Anche i sentimenti sono ciclopici, così una rivelazione che, tutto sommato, allo spettatore non fa né caldo né freddo, per le nostre majokko diventa una verità talmente intollerabile da portare all’autodistruzione, e l’amicizia durata un mese tra due ragazzine delle medie straripa al punto da trasformarsi in un attaccamento morboso. A volte questo comporta dei cambi così repentini nei personaggi da rasentare la schizofrenia.

kyubey

Il Male Incarnati, Belzebù, Lucifero, Satana, il Capro Nero dai Mille Cuccioli… Non è tenerissimo?

2)   Nonostante Puella Magi si rifaccia in ogni momento al genere majokko e a vari altri filoni di anime simili, non si può parlare di una vera e propria parodia, al contrario. Tutto sommato, questa serie non è altro che un majokko per adulti, con tutti i difetti di questo filone. Ad esempio il poco spazio che viene dato ai combattimenti in favore dell’aspetto più prettamente shojo dell’opera, dedicata cioè alle vicende personali e agli innamoramenti tra i vari personaggi. Qui di shojo, in verità, ce n’è davvero poco (anche perché i personaggi maschili si contano sulle dita di una mano monca), in compenso molto spazio è rosicchiato via all’azione da scene che servono a mostrare le varie relazioni che si formano e si trasformano tra le maghette (e percepisco già i fan dello yuri torcersi sulla sedia), o scene di vita quotidiana, o riflessioni sul cosmo, sulla vita e su tutto quanto. Anche queste, ovviamente, estese all’inverosimile, tanto che i tempi della scena iniziale, quella della colazione in famiglia di Madoka, diventano un vero supplizio. Sinceramente, avrei preferito meno ciance e più splatter. I momenti di botte ignoranti non mancano e sono talmente assurdi che l’intera serie merita la visione anche solo per quelli, ma sono giusto un paio.

Insomma, Puella Magi Madoka Magica non è un titolo per chi vuole qualcosa di leggero e sempre entusiasmante. Se pensate di avvicinarvi a questa serie per lo scalpore che alcune scene troppo hard hanno suscitato in Giappone (come del resto ho fatto anche io, lo ammetto), meglio ripiegare su qualcosa di diverso. In compenso, se ci si arma di tanta pazienza e si abbassano un tantino le aspettative, ci si può trovare di fronte ad una storia disegnata in modo sublime e originale, con spunti interessanti ed un intreccio riuscitissimo. E lo dice uno che quando sente parlare di viaggi nel tempo storce immediatamente il naso e che per questo motivo non ha ancora guardato Men in Black III.

Puella yuri

Ecco come tutti i fan avrebbero voluto che finisse la serie. E, in verità, col terzo film ci siamo andati molto vicini.

Un piccolo discorso a parte merita l’ultimo film: Storia della ribellione. Senza fare spoiler vi dico che, visto il modo in cui si era conclusa la serie, e che sembrava una conclusione molto definitiva, guardando il trailer avevo pensato che questo ultimo capitolo fosse una specie di spin-off, oppure la stessa storia rivista dalla prospettiva di Homura Akemi invece che della solita, frignona Madoka. E i primi minuti di film sembravano confermare questa mia teoria, ma poi, mano a mano, mi sono accorto di trovarmi di fronte a qualcosa di totalmente diverso. La storia di Rebellion prosegue e sviluppa quella della saga originale, mettendoci in più un pizzico di mistero quasi da Supernatural Thriller, molto gustoso, che in alcuni momenti ha fatto apparire Homura ai miei occhi come una specie di novella Miss Marple con gli occhi a mandorla. A parte alcune scene decisamente nonsense, come quella in cui le cinque amiche trasformano il mostro del caso in una torta per farlo poi ingoiare alla loro strega da compagnia (ma magari sono io che non capisco il fine umorismo giapponese), il film mi è piaciuto da impazzire. Poi, a una mezz’oretta dal finale, succede il casino. La storia sembrava praticamente conclusa, in modo forse non proprio originalissimo, ma per lo meno sensato… E invece no, il Magic Quartet ha voluto fare il gradasso anche qui e, questa volta, ha finito con il pisciare decisamente fuori dal vaso. Del resto, la serie di dodici episodi si era conclusa con un pasticcio spazio-temporale che aveva ribaltato come un calzino le leggi dell’universo, poteva il secondo film essere da meno? Ma certo che no! sconvolgiamo un’altra volta il cosmo, in modo ancora più radicale, creiamo una divinità ancora più grande!

Tutto ciò mi ricorda un po’ quei cuochi dilettanti che, quando cucinano qualcosa di buono, la volta dopo lo rifanno uguale, ma mettendoci il doppio del sale, delle spezie e della cipolla. Caro Magic Quartet, non è che più metti roba nel tuo piatto e più lo fai buono, non funziona mica così.

Comunque, nel complesso, Puella Magi Madoka Magica rimane una serie molto ben fatta e che sicuramente merita un’occhio.

Herr Joe


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