Magazine Cinema
(id.)
di Walter Veltroni (Italia, 2014)
durata: 117 min.
Alla fine la frase più bella e significativa la pronuncia Jovanotti: "A me la parola 'comunista' non ha mai fatto paura, perchè la associavo a quella faccia, a quella correttezza, a quell'onestà. In Italia il comunismo era Berlinguer". E' difficile non commuoversi sentendo queste parole, anche per chi, come il sottoscritto, non ha mai votato Pci e in quel funesto 11 giugno 1984 era ancora un bambino. Eppure, vedendo il documentario che Walter Veltroni ha fortemente voluto, diretto e montato, l'evidenza delle immagini non lascia spazio a interpretazioni: l'impressionante, sterminata partecipazione popolare ai funerali del leader più amato dimostra che le teorie ataviche e revisioniste sul 'pericolo rosso' sono intrise di malafede e ipocrisia. Sotto la segreteria di Berlinguer il Partito Comunista Italiano raggiunse il 34,6% dei consensi (risultato mai più raggiunto da nessun'altra formazione di sinistra), una valanga di voti a dimostrazione che la gente comune non solo non aveva paura, ma si fidava di quel partito e del suo leader. Una fiducia incondizionata, commovente, che lascia sbigottiti a confronto con quello che accade oggi...
Ecco, se proprio si vuole dare un'interpretazione politica al film di Veltroni, possiamo dire proprio questo: il film ci mostra con disarmante crudezza l'incredibile disfacimento morale e sociale della politica italiana. Le immagini iniziali del documentario strappano il cuore: vediamo una Piazza San Giovanni deserta dopo i funerali di Enrico, con le pagine de L'Unità portate via dal vento... nel prequel però una serie di interviste ci riporta drammaticamente all'attualità: persone scelte a caso, in tutta Italia, di diversa età, cultura ed estrazione sociale, vengono interrogate su chi fosse Berlinguer: qualcuno per fortuna lo sa, ma altre risposte fanno accapponare la pelle: "un commissario", "uno scrittore", "uno di destra, ma parecchio!" E la domanda allora viene spontanea: come è possibile che ci siamo ridotti così? Come abbiamo fatto? Che paese siamo diventati se metà della gente non ricorda o non sa chi era Berlinguer? Sto parlando ovviamente anche a chi di sinistra non lo è mai stato o non lo è più, perchè non è questo il punto: il dramma è che questo paese non ha più una memoria storica, vive nell'indifferenza e nella rassegnazione, reclama a gran voce il cambiamento ma in realtà non sa nemmeno chi sono quelli che lo comandano...
Parliamoci chiaro: quale altro leader politico, oggi, sarebbe capace di mobilitare altrettanto le masse semplicemente con la forza delle ideologie come faceva Berlinguer? Chi verserebbe lacrime di tristezza e passione, gioia e dolore, per uno qualsiasi dei protagonisti della politica attuale? Certo, abbiamo avuto (avuto?) un Berlusconi che ha circonfuso milioni di elettori con promesse da piazzista e il controllo quasi totale dei media, abbiamo un Renzi che si spaccia per il nuovo che avanza e promette di cambiare tutto... questi personaggi godono o hanno goduto in passato indubbiamente di un consenso forte, ma è abissale la differenza su come questo viene speso rispetto a Berlinguer: da una parte la smisurata ambizione personale (che di per sè non è necessariamente un difetto, ma risponde comunque a una concezione personalistica e verticale della politica) dall'altra, unicamente, la dedizione verso la propria gente e la consapevolezza della grande responsabilità del proprio ruolo.
Quando c'era Berlinguer è innegabilmente la cronaca di una sconfitta. Questo dobbiamo dircelo chiaramente noi del popolo della sinistra... è un film malinconico e struggente, che scatena una commozione incontrollata ma che allo stesso tempo ci pone di fronte alla realtà dei fatti: con l'assassinio di Moro e la fine del compromesso storico si sgretolò una concezione alternativa, sociale e umana di un paese che di lì a poco sarebbe piombato nel rampantismo craxiano e crollato sotto le macerie di Tangentopoli. Ma è anche la sconfitta ideologica e culturale della sinistra, incapace dopo la morte del suo leader di dare speranza e risposte a quella gigantesca folla che piangeva a Piazza San Giovanni: e quelle interviste iniziali ai giovani di cui parlavamo sopra ne sono la triste controprova. Il ricordo e la memoria storica sono valori fondanti della sinistra, e se non siamo riusciti a trasmetterli è doveroso fare autocritica. Non abbiamo imperdonabilmente obbedito alle ultime parole che Berlinguer pronunciò prima di morire:
"Lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini con fiducia per le battaglie che abbiamo fatto, per le proposte che presentiamo, per quello che siamo stati e siamo...".
La sinistra, invece, per troppo tempo non ha bussato alle porte della sua gente.
Ci rendiamo conto di non aver scritto quasi niente di strettamente cinematografico, e questo è il motivo per cui non trovate le consuete 'stellette' ad inizio recensione. Perchè questa non è una recensione, e non vuole esserlo: tutti quelli che andranno a vedere questo film probabilmente saranno troppo coinvolti emotivamente per darne un giudizio stilistico obiettivo, ammesso che il giudizio stilistico conti davvero qualcosa in operazioni come questa... una cosa però la possiamo dire: quando uscirete dalla sala vi sentirete, forse, un po' più soli e un po' più smarriti. Ma anche molto più orgogliosi di aver conosciuto e apprezzato una persona, suo malgrado, straordinaria.
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