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Quando la donna è in vendita

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Come si potrà mai pubblicizzare un’azienda di energie rinnovabili? Con una campagna per sensibilizzare al tema del rispetto ambientale? Anche no. 

Se le campagne animaliste si giocano sul corpo delle donne e sullo svilimento della figura femminile perché non farlo anche quando si tratta di ambiente?

Quando la donna è in vendita

Ed ecco fatto. Una donna procace, con un seno enorme al silicone che viene paragonata ad un oggetto. Per non farci mancare proprio nulla c’è anche un’allusione sessuale delle più becere, per inquadrare la donna come una pseudo-pornostar che sta lì ad aspettare di essere riscaldata da “un tronco”, in una visione fallocentrica della sessualità: l’attributo sessuale maschile risulta essere ancora una volta il centro del mondo, indice di virilità, forza e potenza. Della serie “Donne vogliose, un tronco vi salverà!”

Perché si sa, quando si tratta di sessualità femminile essa deve essere privata di autodeterminazione. Ed ecco allora spuntare colei che incarna la sessualità ad uso e consumo maschile. Una sessualità mono-direzionale, artefatta, plasmata secondo i canoni di appetibilità femminile imposti da uno sguardo maschile che ha delineato nel tempo quell’esasperazione degli attributi sessuali femminili volti ad assecondare le esigenze bulimiche dell’uomo. Paola Tabet dice che nella nostra società “la donna non ha sesso, è sesso”. Come in questo caso: la femmina aspetta di essere soddisfatta dal fallo onnipotente, ma non detiene le redini della sua sessualità, in quanto si mostra come “oggetto” del desiderio sessuale altrui.

E quindi in pubblicità, se la donna non è rappresentata come un’incubatrice o come una casalinga disperata con uno spruzzino tra le mani, intenta a sgrassare cesso e cucina, è mostrata in veste di prostituta:

Società di energie rinnovabili: Bioxen

Campagna pubblicitaria a cura di Emme Comunicazione

Lo spot in questione si apre con un ragazzo al volante che intona una canzone: “Voglio calore sulla mia pelle”. Il calore si riferisce all’energia venduta dalla società. Ma non solo. Infatti, di lì a poco, una ragazza, di cui inizialmente viene fatta un’inquadratura delle gambe, si avvicina all’automobile in un’esplicita allusione alle prositute di strada.

Hai bisogno di più calore?” Queste le parole proferite dalla figura femminile, alludendo chiaramente ad una prestazione sessuale.

L’inquadratura cade subito sui seni della ragazza, che a quanto pare sono in vendita insieme a tutto il “pacchetto”, tanto che il ragazzo esclama:

“Si va beh, ma chissà quanto mi costa!”

La ragazza è in vendita.

“Io sono qui per farti risparmiare”. Ecco sopraggiungere infine la frase rassicurante, quella che fa capire al maschio di turno che lei è lì per lui, per assecondare le sue esigenze. E gli costa pure poco!

La svalorizzazione della figura femminile è così al completo. La donna è una prostituta in vendita e a basso costo. Le sue gambe, i suoi seni sono merce. La ragazza in questione vende calore, energia o prestazione sessuale che sia.

Ancora una volta svilita della sua soggettività, la donna risulta essere al servizio dell’uomo. E’ lei stessa il servizio. E l’uomo in questione è rappresentato come unico soggetto a cui è rivolta la campagna.

Ma, questione ancora più preoccupante, l’uomo è designato come uno dei dieci milioni di uomini italiani che tutte i giorni comprano “servizi sessuali” a prostitute sbattute in mezzo alla strada e costrette a vendersi. Lo spot è rivolto a quegli stessi uomini che pensano di potersi arrogare il diritto di fare ciò che vogliono col corpo delle donne, a fronte di una transazione economica, un corpo considerato alla stregua di parti anatomiche cucite l’una con l’altra.

Tutto questo accade oggi in Italia, in un contesto sociale alla deriva, dove ogni 60 ore una donna viene uccisa per mano di un uomo che la ritiene di sua proprietà. Questa è la cultura che viene legittimata tutti i giorni dai nostri media.

Per questo vi chiediamo di segnalare urgentemente e in massa questi messaggi offensivi allo IAP.

Perché se lo spot parla all’uomo medio italiano, noi chiediamo che l’uomo italiano si indigni insieme a noi e reagisca. Perché noi cittadini, uomini e donne, siamo stanch* di una sub-cultura che stigmatizza i generi sessuali e svalorizza la reciprocità delle relazioni sostenendo le discriminazioni!

Non vogliamo essere costrett* a vedere MAI PIU’ messaggi svilenti come questi veicolati dai nostri media!



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