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Il premier invece si era spinto ad ipotizzare uno sblocco di 43 miliardi per riaprire cantieri.
Nella realtà restano soltanto qualche decina di milioni: circa 200 quest'anno e 500 il prossimo e un regalo ai signori delle autostrade (Benetton, Gavio, Toto).
Ieri, da quello che si annunciava come un consiglio dei ministri epocale, è venuto fuori il solito topolino.
Sparite, rinviate o minimizzate le decisioni più spinose (scuola, giustizia, ecobonus, piano casa) lo "sblocca Italia" si è ridotto alla solita rutilante serie di proclami e promesse da parte del premier.
I soldi per i cantieri sono quelli già stanziati in precedenza ed ora spostati da un capitolo di spesa all'altro come in un gioco delle tre carte. Niente di sostanzioso.
Chi sentendo parlare di alta velocità Napoli-Bari, collegamento ferroviario Palermo-Catania-Messina, adeguamento statale Telesiana, autostrada Termoli-San Vittore, alta capacità terzo valico dei Giovi, gronda autostradale di Genova, alta velocità Brescia-Padova, nuovo tunnel del Brennero, autostrada Livorno-Civitavecchia, quadrilatero Marche-Umbria, completamento statale 291 e 131 (Sardegna), terza corsia autostrada Venezia-Trieste, ss 652 fondo Val di Sangro (Abruzzo), svincolo Laureana su A3 Salerno-Reggio, metropolitana Firenze, Napoli, Torino, investimenti aeroportuali (su Malpensa, Venezia, Genova, Firenze, Fiumicino, Salerno), ritiene siano cose nuove non s'illuda. Tutta roba già prevista e in parte finanziata da sbloccare.
Certo, tra le altre cose tirare di nuovo in ballo un adeguamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria fa temere o sperare (a seconda dei casi) nel paradosso di Keynes: spesa pubblica per riattivare l'espansione, anche scavando buche per poi ricoprirle.
Ma non è così. I soldi nuovi, come si è visto, sono pochi. Si tratta di far ballare quelli vecchi da una parte all'altra.
Dunque tanto fumo negli occhi.
Dubito che un Renzi qualsiasi riesca ad avviare un reale processo di trasformazione dell'Italia in senso progressista, anche se ne avesse davvero l'intenzione, e questo perché la sua statura politica non è troppo dissimile da quella di Berlusconi (senza che siano la stessa cosa).
E comunque la "razza padrona", come si diceva un tempo, è così incistata in ogni piega di questo disgraziato paese e i suoi interessi sono tali e tanti da rendere incredibile una scossa decisiva senza una rottura in qualche modo traumatica con il passato.
L'Europa, l'austerità, il debito pubblico, i parametri rigidi, c'entrano, ma solo fino ad un certo punto.
Renzi o non Renzi è il solito vecchio immobilismo e gattopardismo italico a spegnere la speranza specie in chi non è più abbastanza giovane da credere in una rivoluzione rigeneratrice.
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