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Racconto di un viaggiatore

Creato il 26 giugno 2010 da Astonvilla
RACCONTO DI UN VIAGGIATORE
Devo dire che erano anni che ci fantasticavo.
A 17 anni portavo già il pizzo, i capelli neri lunghi ed il basco alla Che Guevara.
"El pueblo unido jamas sera vencido". Da brividi ..
Come al solito, essendo distratto (tutti i geni lo sono ) mi sono ridotto a far tutto all'ultimo minuto. Il bliglietto l'ho comprato la mattina prima, avendo trovato un volo della Cubana Aviacion ad un buon prezzo, 650 Euro circa.
Ce n'era uno adddirittura a 439 Euro ma partiva da Milano di sabato. Lo avevo trovato sul sito lastminutetour.it mi sembra.
Ovviamente non mi sono ricordato ne la crema solare e neppure tante altre cose che tanto però non mi sarebbero state utili.
Avete mai fatto caso a quante cose inutili portate in vacanza?
Oltre al vostro o alla vostra partner naturalmente
La mattina della partenza guardavo sconsolato le valigie. Peso complessivo 40 kg.
Ma dico io .. due bermuda e 3 magliette quanto diavolo peseranno?
In realtà nella valigia facevano bella mostra di se nell'ordine:
2 maglioni di lana caprina, 3 mutandoni della nonna, 1 colbacco stile Breznev, 1 cappotto della Gestapo che il nonno di Manuela teneva come trofeo e 2 paia di guanti di inaudito isolamento termico.
Questo perchè lei vi dirà sempre .. "e se fa freddo?"
L'aereo è normale, nel senso che non scorgo alcun portello inferiore tipo macchina degli Antenati. Questo lo ritengo rassicurante.
Entrando però scorgo di sfuggita all'interno della cabina del comandante strani idoli di legno, fumo d'incenso e piume di pollo insanguinate.
Glom, in quell'istante mi venne in mente che avevo sentito parlare della famosa Santeria cubana e dei suoi famosissimi riti propiziatori ...
Il tizio dietro di me, che sembrava uscito dal film di Boldi sugli Ultrà romanisti, disse "Ahò, nnamo bbene .. oggi se magna pollo".
9 ore e mezza di viaggio.
Sedili un pò strettini e file piuttosto ravvicinate.
Probabilmente erano stati studiati per favorire la socialità. Infatti devo dire che dopo neppure 10 minuti che avevamo slacciato le cinture (del sedile!) alcuni esponenti della fauna romana si erano già lanciati alla scoperta della fauna esotica.
E che fauna!
Arriviamo a destinazione. Il rito deve essere stato eseguito bene penso io.
L'aereoporto è pulito ed ordinato, con colori vivaci.
Ci mettiamo in fila davanti a degli uffici su cui campeggia la scritta "Officina de Immigracion" .. della serie qui siamo immigranti
Dopo aver preso le nostre valigie andiamo fuori alla ricerca di un taxi. Ne prendiamo uno di stato, sono piu cari ma almeno sono anche migliori.
Si parte .. è La Habana ragazzi, siamo a Cuba.
Sento un brivido lungo la schiena .. il taxi viaggia velocissimo, la strada non è illuminata. Dopo poco si cominciano a vedere le prime macchine .. dio, sono macchine degli anni 50 .. Buick, Crysler, Ford, Chevrolet ..
sulla strada le prime costruzioni, .. strane .. vecchie e un pò malandate ma colorate .. e c'è gente
Vedere le persone mi fa un certo effetto
Poi i cartelli della rivoluzione .. dio, la rivoluzione .. ma allora è vera .. sono a Cuba, non riesco a crederci ma ho gli occhi che cominciano a luccicare
è pieno di bici, e di piccole vecchie moto di modelli mai visti
ci sono i sidecar e la puzza di benzina
corre veloce il taxi, troppo veloce .. vorrei fermare quel momento, tenerlo dentro all'infinito
Alloggiamo presso una casa particular, sono case private a cui il governo ha concesso di poter ospitare i turisti.
Quartiere Vedado, bello, pieno di verde.
Fa caldo, molto caldo.
Ma questa è Cuba.
Caldo afoso. Un caldo da far sudare un masai.
Al soffitto un inutile ventilatore, i vetri alle finestre non ci sono, solo le persiane.
Però alla parete c'è un vecchio condizionatore russo. Ha le scritte in cirillico e quando lo si accende fa un rumore assordante. Ma funziona e, infilati nelle orecchie un paio di cottonfioc che sembro un marziano con le antenne, posiziono l'interruttore su quello che dalle figure (che il cirillico non lo padroneggio ancora ) intuisco sia "freddo".
zzzzzzzzzz
zzzzzzzzzz
La mattina presto l'aria si riempie di rumori di camion e puzza di gasolio incombusto.
Sono pigro di natura ma stavolta mi sveglio presto volentieri, complice anche il fuso orario che in Italia indicherebbe l'una passata.
C'è qualcosa nell'aria di diverso, qualcosa che non so spiegare. Cuba.
Esco sul balcone. Siamo in un quartiere tranquillo, fatto di case costruite negli anni 40 e 50, prima della rivoluzione, che si affacciano su stradine piene di verde.
Le guardo meglio ed allora mi accorgo delle crepe, della ruggine, del degrado che intacca lo splendore di un tempo.
Mi danno una strana sensazione, di qualcosa che non va.
Ma subito il mio sguardo si posa su ua bella cubana che passa sotto il mio balcone. Hmmm, passo felpato e sguardo di velluto. Ed allora lo sguardo interrogativo di poco prima si trasforma in un sorriso inebetito da vero servo della gleba.
Maledetti ormoni.
Si fa colazione e ci si prepara ad andare.
Il nostro vestiario è estremamante originale: maglietta con le scritte, pantaloncini corti e scarpe da ginnastica. Ed a tracolla la fiammante telecamera digitale comprata la mattina prima di partire alla modica cifra di 860 Euro.
E chi mai si sognerebbe di dire che siamo turisti?
Usciamo.
Emozione, quell'emozione che senti nello stomaco.
E' tutto nuovo; le case, le persone, le piante.
Chiediamo ad un ragazzo che sembra uno studente come arrivare in centro e lui dopo averci chiesto se siamo italiani comincia a parlare con discreta padronanza la nostra lingua.
Uno studente di lingue . E' gentilissimo e ci indica come arrivare alla Habana storica o sul Malecon, il famoso lungomare.
Passeggiamo rapiti dalle novità, con gli occhi mobili e curiosi. Dopo una ventina di metri arriviamo ad un piccolo parco in cui notiamo degli alberi di ficus dal tronco gigantesco e poco più in là c'è un piccolo mercato di verdure e frutta.
Ci sono le banane. E c'è l'ananas, la frutabomba, la papaya, le patate americane, degli aranci dalla buccia verdastra e persino il cocomero.
La vista delle bananine mi spinge subito a pensieri di spesa proletaria all'interno dei vasti bananeti di cui, nella mia mente, Cuba deve essere piena.
Di fronte al mercatino c'è un negozio malandato. Sugli scaffali di legno annerito non c'è quasi niente. Il commesso, sulla quarantina, parla con due anziane signore ma sembrano più chiacchiere per passare il tempo che la classica domanda "cosa le do signora?".
Ci incamminiamo verso una strada più trafficata. Bianchi, mulatti, neri, in tutte le sfumature si mescolano per le strade affollate.
Dopo poco ci imbattiamo in un gruppo di studenti. Sono tutti in uniforme. Le ragazze indossano camicette bianche e dei gonnellini corti avana che lasciano scoperte le gambe.
Mi sento un pò in imbarazzo, avranno al massimo 14 anni. La mia ragazza si lascia sfuggire una smorfia e borbotta "cominciano presto ad essere donne qui".
Sulle strade macchine di tutti i tipi, a volte stracariche di persone, soprattutto quelle vecchie.
Arriviamo a contare sino a 6 persone per macchina. Niente cinture e poco dopo noto che in moto nessuno porta il casco.
"Avranno la testa dura" dico tra me e me.
E dalle radio .. musica cubana.
El Rrritttmooooo della salsa.
Mentre passeggiamo capita che ci chiedano se siamo stranieri.
Cerchiamo di evitare di entrare in confidenza, preferisco stare sulle mie per i primi giorni, sino a quando non capisco come vanno le cose qui.
C'è un pò di timore, qui tutto è diverso e ci sentiamo un pò come i turisti faidatè della pubblicità.
Ad un certo punto siamo noi a chiedere una informazione ad una coppia che ci sembrava affidabile.
Sono marito e moglie e si dimostrano molto cortesi. Cominciano a spiegarci un pò di cose e sembrano intenzionati a farci da guida. La cosa non mi fa impazzire ma ormai sembra scortese dirgli di no.
Ci dicono di stare attenti a non comprare i sigari perchè spesso sono .. come dire .. "taroccati".
Ed allora Manuela ha la brillante idea di chiedere "e allora dove dovremmo comprarli?".
Mi sento un pò Pinocchio che ha incontrato la volpe ed il gatto in compagnia di una amante degli animali
Capisco la gravità del momento e cerco di cambiare argomento. Ma la frittata è fatta. Cominciano a dirci che lei lavora in una fabrica di sigari e che le danno due scatole di sigari al mese per arrotondare il magro stipendio. Gli stipendi a Cuba sono davvero molto bassi. Si parla di 10 dollari al mese, qualche volta meno. Sembra però che la polizia guadagni di più, sino a 40.
Nel frattempo visitiamo l'Università de La Habana.
Bella e verde, piena di studenti. Da li ci incamminiamo verso il centro ma passiamo per la parte più degradata della capitale.
Le cose qui sono messe davvero male. Alcune case cadono letteralmente in pezzi, la vernice è ormai scolorita, crepe e ruggine sono la regola.
Non ci sono gatti per le strade, strano per uno come me abituato ai grassi e grossi felini della Roma antica. Solo qualche cane malandato e magro.
Arriviamo ad una via speciale, piena di murales variopinti e di strane sculture.
E' la via dedicata alle opere di un famoso pittore cubano.
Ci sono piccole stanze dentro alle quali vi sono oggetti dipinti, statue di legno, persino una bici di inizio 900. Alcune sono dedicate alla santeria, con i suoi strani idoli a metà strada tra l'animismo delle religioni africane e il cristianesimo con i suoi santi ed i suaoi martiri.
La mia attenzione viene attratta dalle grida di alcuni ragazzini radunatisi intorno ad una fontana. Ci avviciniamo curiosi.
"Ehi, ma c'è un coccodrillo nella fontana!".
E' piccolo, circa mezzo metro ma è pur sempre un piccolo mostro in miniatura.
Alla fine della via c'è un piccolo chiosco che vende piante medicinali. Della serie occhio malocchio prezzemolo e finocchio.
Soprattutto finocchio
E son tutte erbe allo stato di erba. Si, insomma, mica in bocce di vetro, tagliuzzate o tritate. Qui le piante sono allo stato di materia prima non lavorata. E' davvero originale. Sembra il laboratorio di Amelia la fattucchiera.
Dal numero di persone in fila per comprare quele erbe comprendo che qui sono in molti a curarsi così.
Siamo un pò stanchi ed assetati, sentiamo il bisogno di fermarci un pò.
Ci sediamo in un bar all'aperto, con musica di sottofondo che ricorda quella di Buena Vista Social Club. Su una parete ci sono appesi numerosi CD di musica cubana, la nostra guida ci dice che costano poco.
Prendiamo un mojito, il famoso drink cubano a base di rhum, zucchero di canna, limone e foglie di menta. Insomma una limonata a cui ci metti la menta, dai.
E purtroppo si ricomincia a parlare di sigari. Le nostre guide ci propongono di comprarli da loro.
Io non ne ho assolutamente voglia. E poi sono contro il fumo. E poi sono contro la vendita sottobanco.
E poi .. girala come vuoi, io i sigari non li voglio.
Ma Manuela i sigari li vuole che li deve regalare. E poi il suo capo gli ha chiesto una scatola e ha detto che gliela paga. Mi stupisco a sentire quanti dei suoi amici tenevano incubato sto desiderio di sigari cubani .. e se non venivamo a Cuba che facevano? Gli venivano le voglie a forma di sigaro?
Ma i due la buttano sul commovente. Hanno due figli e lo stipendio è basso, hanno bisogno di arrotondare. Piuttosto che comprarli da un'altra parte ci chiedono di comprarli da loro, almeno gli diamo una mano.
E vabbè, decidiamo di prendere una scatola. Sono i Cicos, dei sigari piccoli e sottili, simili alle sigarette. 50 sigari a 40 dollari. Mi sembra un furto. Paghiamo i 4 mojito: 16 dollari. Uno sproposito per dell'acqua zuccherata. Litigo col barista ed anche con il gatto e la volpe.
Sono nervoso, conscio di essere in una situazione in cui non avrei voluto trovarmi.
Una volta fuori facciamo altri 100 metri in compagnia, sino all'inizio della Habana storica, e poi ci dividiamo.
L'Havana storica. Anzi .. La Habana.
Quella che si fregia dell'appellativo di patrimonio mondiale sancito dall'Unesco.
Ci accoglie il Capitolio, una struttura gigantesca, con uno stile che ricorda vagamente quello della Casa Bianca americana.
Decidiamo di visitarlo. 4 dollari a testa, mojito compreso. Ci rendiamo conto che qui i turisti vengono trattati come agrumi. Persino per andare in bagno si paga, 20 centesimi di dollaro. E come se da noi, per andare in toilette alla stazione, si dovessero sborsare 25 euro. In tal caso occorrerebbe starci 3 ore per ammortizzare i costi, ahivoglia a leggerti riviste .
Ora la struttura viene usata come centro congressi ed incontri. Passeggiamo per i corridoi semideserti e le grandi sale. Le uniche presenze sono qualche turista ed il personale vestito con una sorta di uniforme dal sapore militare. E' incredibile quante persone vengano impiegate. Ce ne sono ad ogni angolo, soprattutto donne, sedute ad una scrivania ed intente a chiacchierare tra di loro del più e del meno.
Dopo la visita ci sediamo ad un tavolo su una grande terrazza che dà sulla piazza antistante l'edificio.
Il caldo è micidiale ma nonostante ciò la piazza brulica di persone. Ci sono i taxi particular, e li riconosci perchè son sempre macchine vecchie, a volte d'epoca. Per un turista è sempre una cosa moolto pittoresca girare in una Chevrolet Sedan del 56
Ci sono dei taxi gialli a 3 ruote, che sembrano una sorta di guscio, senza portiere. E poi ci sono quelli a 3 ruote .. si, ma sono bici e tu guardi questo poveretto che spinge sui pedali sotto il sole cocente e cominci a sudare per lui. Potenza della solidarietà.
Dopo il secondo mojito in 2 ore il mio alito ormai profuma come una piantagione di canna da zucchero e menta piperita.
Lasciamo l'edificio e ci immergiamo nel centro storico.
Ho la telecamera con me e ne approfitto per riprendere un pò di immagini suggestive, senza però lasciarmi prendere dal desiderio di filmare solo quel che ci si aspetta di vedere da un posto del genere.
Cerco di filmare le persone, cercando di cogliere le loro espressioni, di intuire i loro pensieri. Sono venuto qui per capire, non so che cosa, forse me stesso, forse il mio perenne desiderio di fuga. Vorrei sfiorare la vera anima di questo paese, non solo quella dei depliant turistici, della salsa e della rivoluzione, quasi fosse un viaggio dentro me stesso spinto dal bruciante desiderio di guardarmi l'anima. Senza compromessi.
Ogni tanto però, causa alcune fastidiose scariche ormonali, il braccio che sorregge la telecamera si inclina paurosamente verso il basso di alcuni esponenti di questa umanità. Grazie al solerte intervento della mia compagna che mi effettua un immediato quanto energico massaggio a cinque dita sulla nuca, si tratta solo d'un attimo e nulla più.
Non abbiamo una mappa e non ci resta altro che seguire il nostro istinto e la moltitudine di persone.
Attraversiamo una strada trafficata e resto a guardare divertito un paio di persone intente a spingere un trabicolo.
Vengo bruscamente riportato alla realtà dal suono di un clacson e girandomi vedo un bestione di tir passarmi ad appena un metro. Quel che trasporta però mi lascia a bocca aperta. Appoggiata al supporto del tir c'è una carrozza passeggeri.
Da non credere .. è un autobus!
Dentro le persone stanno stipate come fossero giapponesi in metropolitana a Tokio. E se non sono tutte appena tornate dal mare quello strato d'acqua sulle loro facce deve essere sudore.
Nella mia mente le immagini reali si sovrappongono alla scena in cui Fantozzi cerca di salire sull'autobus e mi ritrovo a sorridere come uno scemo nonostante la drammaticità della scena. Uno di loro mi saluta, ma forse è solo l'ultima estrema manifestazione di un passeggero in preda ad una convulsione da surriscaldamento.
Passiamo di fronte al Floridita, famoso ristorante noto per il suo ottimo Daiquiri (un mojito a cui togli la menta) e per alcune celebri frequentazioni del passato. Ha le vetrate che non lasciano intravedere l'interno e questo gli dona un'aria un pò esclusiva, da locale tipicamente per turisti.
Prendiamo la strada che, a giudicare dal viavai, deve essere quella principale.
La strada è un pò strettina, affiancata da edifici a pochi piani, alcuni dei primi decenni del secolo scorso (mi accorgo che faccio fatica a considerare il 1940 come appartenente allo scorso secolo .. ) altri piu recenti.
Ci sono molti piccoli chioschi, alcuni vendono ciambelle altri una sorta di pizza. Solo che con il caldo che fa il solo pensiero di mangiarmi una ciambella fritta mi provoca un brusco aumento del colesterolo.
La via è molto trafficata, piena soprattutto di turisti e le macchine non possono passarci.
Il mio sguardo si posa sulle vetrine di alcuni negozi. Questi dovrebbero essere i negozi di una via importante, ma sono tristemente dimessi e i vestiti posti in esposizione sono simili a quelli delle bancarelle dell'usato di Porta Portese dove la domenica trovi oramai solo stranieri in cerca di cose a buon mercato. Cose che sembrano venir fuori dal guardaroba di un nostalgico degli anni 60.
Dopo un pò incrociamo una via trasversale ma su questa le macchine possono viaggiare.
Ne vien fuori una Chevrolet rossa fiammante. Anche gli interni sono rossi e, a giudicare da qualche sbavatura di vernice rossa sui fari, sembrerebbe appena uscita dal carrozziere che l'ha riverniciata. A bordo ci sono due che sembrano la trasposizione cubana del nostrano "boro scatenato" o di Fonzie se volete.
Capelli corti, abbronzati (ma questo è di serie) e con la musica a tutto volume. Ma stavolta al posto della techno c'è la salsa.
Dal loro sguardo comprendo che devono essere molto fieri del loro gioiellino.
"In fondo lo sarei anche io" dico a Manuela sorridendo.
"In fondo in te c'è sempre stato un Fonzarelli" ribattè lei ridendo ed esibendo entrambe le mani a pugno col pollice alzato.
"Ti ci troveresti bene qui".
"Hmm, spiritosa". Gli deve essere rimasto il ricordo delle mie riprese naturalistiche di prima.
Riprendiamo a camminare e senza volerlo la mente cede al pensiero di me in quella macchina, abbronzatura caraibica e mano sinistra fuori dal finestrino. "Heey, pupa ..vuoi un passaggio?" Come si dirà in spagnolo? "Hola pupas, vuoles un passaggios?" He he he , mi sento proprio ganzo.
"Sveglia Fonzie"
"Eh? Che c'è?" .. proprio ora che la pupa stava salendo in macchina.
"Ah nulla, mi era sembrato stessi sorridendo da solo come uno scemo"
"Pensavo a quei due nella macchina di prima sai". Meno male che non mi chiamo Pinocchio.
"Sembravano due scemi"
"Hmm, .. però dovevano essere simpatici, anzi .. ne sono sicuro" dico io con una gamba ancora nella Chevrolet.
"Simpatici maa .."
" .. ma scemi, ho capito".
Io ci ho provato, ma dopo tre anni di convivenza non deve essergli difficile leggermi come un libro aperto.
C'è musica dappertutto. Una quindicina di metri piu avanti c'è una piccola folla davanti ad un locale da cui proviene della musica dal vivo. E' una sorta di bar e vicino all'ingresso, in uno spazio di pochi metri quadrati ci sono una mezza dozzina di musicisti.
Uno di loro è un nero coi capelli biondi raccolti in treccine che suona qualcosa che somiglia alle maracas. Cantano tutti, è bello sentirli, mette allegria.
Ed infatti la gente si ferma, ascolta, sorride rapita. Qualcuno balla persino. Una signora sulla quarantina, ancheggia elegantemente nonostante un fisico tondeggiante, che non deve aver mai conosciuto la dieta.
"Vedi i cubani come ballano bene?" dice Manu impegnata con la telecamera a riprendere il tutto.
"Già, è vero, guarda la signora come fa la mossa"
Dentro ci sono un paio di bionde, tedesche forse, e qualche altra persona. Sono tutti bianchi però. Sembrano tutti .. turisti ..
Con la coda dell'occhio noto una persona al pimo piano del edificio che sorge di lato al locale. Si tratta di un vecchio edificio color salmone, una tinta davvero insolita persino in un paese come questo.
Al primo piano c'è un uomo, direi sulla trentina anche se la vita non deve essere stata generosa con lui. Sorride ed è un soriso sdentato, capelli arruffati ed occhi da bambino. Sorride ascoltando la musica e guardando la piccola folla assiepata di fronte al locale.
Non fa null'altro .. guarda e basta.
Ma c'è qualcosa di diverso in quel guardare e basta, qualcosa che non mi spiego, che non appartiene al mio mondo.
Riprendiamo a camminare ma non riesco a togliermi dalla mente quegli occhi da bambino e quel viso sorridente. Un sorriso sdentato.
Amaro. Sento un sapore amaro in bocca.
Un sapore che non mi spiego.
"Ho fame". Nel linguggio maschile questa esclamazione ha un significato ben preciso: ho fame. Mi accorgo che desidero un posto tranquillo, non m'importa che sia caratteristico ma solo che sia pulito, fresco e che nessuno cerchi di fregarmi. Sono nervoso e stanco, ed in momenti come questi tendo a diventare un pò conservatore, cercando posti che mi siano in qualche modo familiari.
Hotel Floridita.
Il grande portone d'ingresso è aperto. Da fuori sembra un posto di lusso, con un bel patio interno. Alcuni grossi ficus ed altre piante ornamentali lo rendono molto gradevole. Nel centro c'è una piccola fontana e tutto intorno ci sono tavoli e persino dei divani.
C'è poca gente, forse per il prezzo mi dico. Ho l'impressione che le cose turistiche qui non siano molto economiche, persino raffrontate con i nostri standard occidentali. Mi ricorda la situazione nella Romania degli anni 80 quando c'erano due prezzi, quello per turisti e quello per i romeni. Una notte in uno squallido albergo per uno straniero poteva costare anche 40-50 dollari, un costo assurdo soprattutto alla luce del pessimo servizio fornito e della scarsa qualità delle stanze.
Decido però di entrarci preso da una sorta di disperazione .. della serie voglio il grand hotel excelsior, a costo di mangiare un tramezzino.
Sui tavoli c'è il menù: non mi viene da credere, i prezzi sono buoni ed i piatti mi sembrano invitanti.
Ci sediamo un pò in disparte, dietro ad un colonnato ed aspettiamo il cameriere. Ci si presenta dopo poco, gentile e cortese in maniera assolutamente naturale. Mi stupisce perchè sino ad ora tutti quelli che sono stati gentili con noi lo facevano per un interesse non dichiarato, il che rende ancor piu amaro scoprirlo in seguito. Lui no, sembra proprio un bravo cameriere di un ristorante italiano di buon livello.
Prendiamo entrambi del pollo, io sotto forma di una sorta di insalata e Manuela un bel coscio arrosto. Da bere spremuta d'arancia ed un pò d'acqua minerale che Manuela, come tutte le donne d'altronde, chiede rigorosamente senza bollicine e magari pure a temperatura ambiente. Argh, ci porteranno dell'acqua di rubinetto come al solito
Come contorno chiedo "arroz nigro" .. che non vuol dire "negro arrosto" bensì riso nero. Mi ricordo infatti che qui non si usa tanto il pane bensì il riso, cucinato in 2 modi: bianco o nero, manco fossero juventini.
C'è un bellissimo silenzio, rotto solo dal debole gorgoglìo dell'acqua nella fontana e dai sussurri delle pochissime persone nella sala, perlopiù turisti a prima vista tedeschi od inglesi, seduti sui divani ed intenti a leggere qualche libro o giornale. Pensare che solo a 10 metri c'è di nuovo il caldo umido, la folla ed il rumore di una grande città.
Si sta benissimo ed io mi sento come rinascere, felice ed incredulo di trovarmi in un posto così. Sorrido a tutti, cosa importa se mi prendono per scemo. Devo essere contagioso nel mio sorridere perchè comincia anche Manuela. E' felice anche lei, glielo si vede dipinto in volto.
"Questo posto sembra uscito fuori da un film" le dico.
Parliamo piano, sussurrandoci come se fossimo in una chiesa, come se l'eco delle nostre parole nella grande sala fosse troppo indiscreto, invadente .. pettegolo.
Il patio sale sino al soffitto, alto una quindicina di metri e fatto di vetri lievemente azzurrati. Al primo ed al secondo piano ampie balconate in legno corrono tutto intorno al perimetro; ci sono delle porte, forse sono gli appartamenti. E' tutto talmente bello qui che non posso fare a meno di fantasticare su come siano le stanze.
Dopo un pò ci portano le pietanze, ed hanno davvero un bell'aspetto. La mia insalata non è male ma il coscio di Manuela è molto piu gustoso. Gliene rubo un pò e mi prendo la forchettata di rigore sulle dita. Mai rubare qualcosa dal piatto di una ragazza che avete portato al ristorante.
Dopo un pò arrivano dei cubani e si siedono al tavolo accanto al nostro. C'è una signora di colore, un tipo alla big mama, con degli occhialetti da vista che ne ingentiliscono il viso paffuto, ed un paio di uomini. Hanno tutti un bell'aspetto, curato e cordiale. Uno di loro estrae un flauto traverso da una lunga scatola di legno e lo posa sul tavolo.
"Sono musicisti" dico a Manuela.
"Non ti si puo nascondere nulla, eh?" risponde lei ghignando.
In risposta le rubo un'altro pezzo di coscio, ricavandone l'ennesimo acuto fastidio alle falangi.
Dopo un pò si alzano e, dopo averci sorriso vedendo che li guardavamo, si dirigono al centro del salone, a fianco della fontana dove ci sono dei leggii con degli spartiti che all'inizio non avevo notato.
Chiacchierano un pò tra loro, immagino per sincronizzarsi, e poi cominciano a suonare. Ci sono il flauto, le percussioni, la chitarra e lei alle maracas.
Musica cubana. Dio, è una meraviglia .. sembra proprio quella che avevamo sentito nel film Buena Vista Social Club e che ci aveva fatto sognare Cuba, quella di Compay Segundo, un tipo incredibile di oltre 80 anni che, con voce roca per i tanti anni ed i troppi sigari, parlava d'amore come se avesse ancora vent'anni e che fumava il sigaro assaporando un bicchiere di rhum appoggiato ad una vecchia sedia d'un locale dell'Havana.
La batteria della telecamera è andata, dura troppo poco, un'ora o poco più di ripresa. Quando torno devo ricordarmi di comprarne una di riserva. E' sempre così ultimamente con le cose elettroniche .. le compri e scopri che hanno un punto debole che dovrai ovviamente rinforzare in seguito sborsando altri soldi.
Peccato non poter riprendere, ma tornerò domani penso.
Quando lei comincia a cantare mi viene la pelle d'oca ed un brivido mi corre impazzito lungo la schiena. Mi sento emozionato, è una sensazione forte che mi arriva da dentro, prepotente.
Non so di cosa parlino quelle canzoni, ma in fondo tutte le canzoni del mondo sono poi le stesse.
Parlano d'amore, amori a volte impossibili, a volte pieni di felicità.
Parlano di amicizia, dei ricordi che non si lasciano sbiadire, piccoli preziosi scrigni della propria memoria. E parlano di uomini, di quelli che hanno fatto la storia, .. e di quelli che nessuno ricorda mai, se non coloro che li hanno troppo amati.

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