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Recensione di La parrucca di Newton di Jean-Pierre Luminet

Creato il 19 gennaio 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

Recensione di La parrucca di Newton di Jean-Pierre LuminetInformazioni sul libro
Titolo:Jean-Pierre Luminet
Pubblicato da:La lepre
Collana:Visioni
Genere:Romanzo Storico
Social:Goodreads
Disponibile su:
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Trama:

L'immagine diffusa di Isaac Newton è proprio quella che compare nella bella edizione italiana del romanzo storico di Jean-Pierre Luminet: un austero nobiluomo dallo sguardo fisso, dalle labbra sottili e dal mento prominente, sovrastato da una voluminosa parrucca. Di lui il testo racconta vita, esperienze e tensioni interne.


Gli studi che normalmente facciamo, ci presentano Isaac Newton come uno dei padri della scienza moderna: a lui è attribuita la legge della gravitazione universale, che descrive la forza di attrazione fra due masse, a lui dobbiamo la seconda legge della dinamica, con il suo cognome è indicata l’unità di misura della forza e a lui si deve l’inizio dell’analisi matematica, il calcolo delle derivate, che chiamava “flussioni”.

Luminet, ricercatore presso il CNRS di Parigi e importante cosmologo di livello internazionale, svolge approfonditamente le sue indagini e racconta in modo romanzato, le varie tappe della vita del Ser Isaac: l’infanzia difficile per la morte del padre, il nuovo matrimonio della madre, le difficoltà ambientali del suo villaggio, lo studio; l’accesso all’Università di Cambridge, con le prime conoscenze importanti, fra le quali il professor Barrow; la cattedra lucasiana, la complessa vita sociale e politica fra Cambridge e Londra; gli incarichi pubblici, come la guida risoluta della Zecca e la presidenza della Royal Society. Ma ad ogni passaggio emerge il carattere complesso e spigoloso dell’uomo, incapace di relazioni umani con parenti, amici, collaboratori. E sempre compaiono idee del tutto irrazionali che hanno a che fare con gli studi biblici, gli esperimenti alchimistichi, l’odio per il meccanicismo dell’”ateo” Descartes, la rivalità ossessiva con il professor Hooke su questioni di ottica e non solo, riempiono il personaggio di un carattere che molti non conoscevano. Così come i rapporti ambigui con alcuni collaboratori, che lasciano intendere una tendenza omosessuale più o meno riconosciuta, e la morte a 85 anni, ancora vergine (così afferma il medico che ne sancisce il decesso). Emerge un ritratto a tutto tondo del più grande “filosofo naturale” (il termine scienziato è un’invenzione ottocentesca) mai esistito. Newton era un uomo scorbutico e sgradevole, probabilmente paranoico e temeva la povertà e le critiche degli altri.

Luminet sembra attratto proprio dalla parte oscura di Newton, dalle sue pulsioni irrazionali, dalla sua ricerca del sovrannaturale. Per la stesura del romanzo molti materiali sono stati attinti dallo scandaloso “baule di Newton”, rimasto chiuso per secoli e contenente parte dei documenti che Newton non distrusse prima della morte. La famiglia offrì tutte le carte alla Royal Society, la quale restituì alla famiglia i manoscritti non scientifici con la raccomandazione di non farli vedere a nessuno. Il baule fu aperto dal curatore dell’Opera omnia di Newton, il vescovo Samuel Horsley che, inorridito, richiuse con violenza il coperchio. Da quel momento del baule non si seppe più nulla. Passò da una mano all’altra dei discendenti della nipote di Newton, Catherine Barton. Essi riuscirono a far accettare i manoscritti matematici dalla biblioteca universitaria di Cambridge. Il resto emerse di colpo nel 1936: l’ultimo discendente, Lord Lymington, lo mise all’asta presso Sotheby di Londra. Il grande economista John Maynard Keynes riuscì a comprarne quasi la metà, mentre il resto fu acquisito da privati e seguì percorsi oscuri. A quanto pare, alcune parti furono offerte senza successo alle università di Cambridge, Harvard, Yale e Princeton e al British Museum. Uno degli acquirenti, il linguista e collezionista Abraham Yahuda, donò tutte le carte in suo possesso allo Stato di Israele nel 1939, ma soltanto nel 1951 esse furono collocate nella University Library di Gerusalemme. Del resto non si sa niente, e comunque gran parte è ancora non pubblicata.

Cosa c’era di tanto scandaloso in quel baule da provocare un giallo che dura ancor oggi? Un primo elemento di “scandalo” è che la parte dedicata alla teologia e all’alchimia è il doppio di quella dedicata alla matematica e alla fisica e non si trattava di testi scritti in tarda età, dovuti a un degrado mentale senile, come si tentò di insinuare, bensì erano il frutto di riflessioni giovanili o mature, appartenenti al periodo più fertile di Newton sul piano scientifico. L’altra parte dello scandalo fu svelata da Keynes, attraverso il testo predisposto per la Royal Society e letto dal fratello Geoffrey. Secondo la visione dell’uomo ricavata dalla lettura dei manoscritti acquistati, Newton «non era stato il primo dei razionalisti», bensì «l’ultimo dei maghi, l’ultimo dei Babilonesi e dei Sumeri, l’ultima delle grandi menti che abbia portato sul mondo visibile e intellettuale lo sguardo di coloro che, quasi duemila anni fa, inaugurarono la costruzione della nostra eredità intellettuale». Newton empirista, secondo un cliché positivista? Certo, osservava Keynes, «nulla è più commovente del racconto delle invenzioni meccaniche di Newton bambino». Egli diede mostra di capacità tecniche eccezionali, ma non fu questo «il dono particolare che lo distinse». Questo dono era «la capacità di mantenere la mente fissa su un problema puramente intellettuale, fino a svelarne il mistero», era una capacità di concentrazione mentale che poteva durare settimane e anche mesi ed era soprattutto rivolta a questioni di scienza pura, di filosofia e di teologia. Perché Newton era un mago? Perché guardava all’universo come «un enigma, un mistero che poteva essere decifrato applicando il pensiero puro a certi indici mistici disposti da Dio nel mondo», come un «crittogramma disposto dall’Onnipotente». Per risolvere il crittogramma occorreva ricercare quegli indici, col pensiero puro e con la concentrazione intellettuale, nel mondo fisico, nel cielo, nella costituzione degli elementi materiali, ma anche nella teologia, nei documenti e nelle tradizioni trasmesse attraverso una catena ininterrotta risalente fino al mitico Ermete Trismegisto e ai segreti della Bibbia. Perciò, nel pensiero di Newton tutto si teneva: matematica, fisica, alchimia, teologia. La ricerca dei segreti della gravitazione universale si accompagnava al tentativo di scoprire i segreti dell’universo attraverso il calcolo delle proporzioni del Tempio di Salomone, lo studio del Libro di David e della storia della Chiesa.

 

Approfondimento

Ma come possono convivere esperimenti condotti secondo rigida metodologia scientifica ed esperienze alchemiche a base di zolfo e mercurio, che gli fecero perdere i capelli e gli provocarono crisi nervose? Oggi siamo abituati a immaginare il mondo della scienza come il regno di asettici camici bianchi, ma non è così: spesso i grandi scienziati, come Newton, hanno preso le mosse da un forte tormento interiore, da una inquietudine che ha trovato sfogo anche in altre forme: l’alchimia, l’ossessione religiosa.

In un’intervista al Corriere della Sera (14/03/2012) lo stesso autore afferma: «Scienza e arte, numeri e spiritualità non sono ambiti separati. La mente si applica a offrire risultati scientifici con rigore e razionalità, ma si nutre di intuizioni legate anche alla parte irrazionale, artistica, o nel caso di Newton, oscura dello studioso».

Questo libro di Luminet è una lettura piacevole ed istruttiva: la descrizione degli studi e delle scoperte del grande “filosofo naturale” è sempre attenta e corretta e .anche se qua e là l’autore gioca con il carattere e le idee, ne rispetta appieno la grandezza e l’umanità.



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