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Recensione: "IT" di Stephen King

Creato il 16 gennaio 2015 da Saraguadalupi

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Libri dell'autore recensiti: Carrie
Shining
Mr Mercedes
In una ridente e sonnolenta cittadina americana, un gruppo di ragazzini, esplorando per gioco le fogne, risveglia da un sonno primordiale una creatura informe e mostruosa: It. E quando, molti anni dopo, It ricompare a chiedere il suo tributo di sangue, gli stessi ragazzini, ormai adulti, abbandonano la famiglia e il proprio lavoro per tornare a combatterlo. E l'incubo ricomincia. Un viaggio illuminante lungo l'oscuro corridoio che conduce dagli sconcertanti misteri dell'infanzia a quelli della maturità.
Dal 1988, data di uscita delle prima edizione di questo romanzo del terrore, sono state spese mille e più parole nel cercare di descrivere anche solo lontanamente le emozioni suscitate dall’autore. Io mi ci sono addentrata decisamente “in ritardo” rispetto agli appassionati del genere e di Stephen King, ho dato la precedenza ad altre sue opere come Shining e Mr Mercedes, eppure tutti contiuavano a dirmi che non potevo leggere del Re senza aver prima letto il suo capolavoro più grande: IT, appunto. Così, l’ho inserito nella letterina per Mamma Natale e me lo sono ritrovato sotto l’albero la mattina del 25 dicembre. Si, lo so, è decisamente un romanzo poco natalizio, ma poco importa, quando sotto l’albero si trova un libro, va sempre bene, di qualsiasi genere sia!  Scrivere la recensione di questo romanzo, tuttavia, non è molto semplice, sia per il numero di pagine che lo compongono, sia per la vastità dei contenuti, senza contare la grande quantità di opinioni al riguardo, che è possibile trovare in rete. Ad ogni modo, per chi ancora non conoscesse la storia di IT, vi basti sapere che si parte nel 1957, a Derry nel Maine, dove un bambino di nome George, che sta inseguendo una barchetta di carta sotto la pioggia, viene ucciso da un clown nascosto in un tombino. Suo fratello, Bill, fa parte di una simpatica combriccola di amici, definiti “I perdenti” e che hanno in comune, oltre all'amicizia ed alla città di provenienza, degli strani incontri: chi giura di aver visto un mostro, chi dice che era un vagabondo e chi invece sostiene si trattasse di una strana creatura. Con l’ingenuità e la determinazione dell’età, “I perdenti” cominciano ad indagare, ignari del fatto che dietro a tutto ciò si cela una forza tanto misteriosa, quanto terribile: il male puro.  Stephen King ci racconta il male nella forma di un clown tutt'altro che amichevole, una creatura che incarna in sé le paure più nascoste dell’animo umano e le stesse sue debolezze. Tuttavia, Pennywise (questo il nome del clown in questione) non è altro che un pretesto, una scusa per poter parlare di quell’amicizia che attraversa il tempo e che riesce a legare un groppo di amici dalla fanciullezza, fino alle loro vite da adulti, tutti persi nel loro cammino, ma continuamente uniti dall'affetto e dalla voglia di aiutarsi a vicenda nell’eterna lotta contro quel male che si è insinuato nelle loro vite in modo terribile e prepotente. Di conseguenza, considerare IT un semplice antagonista in carne e ossa non è prettamente corretto. Egli è il male, la paura, il disagio di un ragazzino vittima dei bulli, il peso della diversità per il colore della pelle, l’angoscia vero le insidie del mondo e l’incapacità di credere che un qualcosa di più grande di noi esista. IT è dentro ognuno di noi e si ciba di tutto questo, crescendo come un tarlo nella testa, capace di portarci alla follia, se non lo blocchiamo in tempo. Per questo siamo un po’ tutti George, Bill, Stan, Eddie e tutti gli altri bambini. Per questo ci si sente un po’ parte di quei perdenti che non si arrendono mai e che quindi proprio “perdenti” non sono. 
"E quasi per sbaglio Eddie scoprì una delle grandi verità della sua infanzia: i veri mostri sono gli adulti."
Un altro particolare che ho amato dal profondo mentre leggevo questo romanzo: l’atmosfera. Le descrizioni dei luoghi, dei rumori e delle sensazioni fatte da King mi sono sembrate sempre più reali ogni volta che proseguivo con la lettura e potrei quasi giurare di aver sentito quella fantomatica musichetta da circo che accompagna IT durante le sue apparizioni. I palloncini colorati che lo circondano, il profumo tipico dello zucchero filato..tutti particolari che, in genere, fanno sorridere e sognare al tempo stesso, ma che qui sono solo il contrappeso del terrore provocato dall’aspetto del nostro Pennywise, dai suoi occhi, dai suoi denti appuntiti e dalla sua voce strascicata che invita tutti a “galleggiare” proprio come i suoi palloncini e come la barchetta del caro George..Io non sono coulrofobica (termine tecnico della paura dei clown) e ho visto il film tratto da questo romanzo diverse volte.. eppure, sebbene tutto diventi più “tangibile” quando è proiettato sullo schermo, non ho provato le stesse emozioni e le stesse ansie che ho sentito mentre scorrevo una pagina dietro l’altra con l’eterna domanda: “e adesso che succede??” ..a questo punto vi starete domandando: se hai già visto il film, come potevi non sapere cosa sarebbe successo? Ecco, la realtà è che King è anche questo: puoi aver visto i film tratti dai suoi libri ma non saranno mai lontanamente paragonabili alle sue parole scritte, quindi il dubbio c’è sempre.. come sarà descritta questa scena? Succederà davvero quello che ho visto, oppure King mi regalerà un’emozione nuova?  I brividi non sono mai mancati, il terrore è rimasto dietro l’angolo per tutto il tempo, pronto a saltare fuori quando meno me l’aspettavo, eppure, al tempo stesso sentivo un grande senso di rivalsa, come i piccoli protagonisti che vogliono sconfiggere il nemico.  Più di mille pagine che sono finite fin troppo in fretta ma che mi hanno arricchita come pochi romanzi fin’ora e che mi hanno dato molto da pensare, considerando l’anno in cui è stato scritto: temi trattati nel 1988, che sono ancora così spaventosamente attuali e che lasciano ad intendere che, l’IT interiore di ognuno di noi, sia veramente radicato nell’animo umano e sia quasi invincibile se combattuto da soli. Ma con qualche amico, o qualche compagno di vita, forse si può, quantomeno, allontanare per un po’.
"Forse non esistono nemmeno amici buoni o cattivi, forse ci sono solo amici, persone che prendono le tue parti quando stai male e che ti aiutano a non sentirti solo. Forse per un amico vale sempre la pena avere paura e sperare e vivere. Forse vale anche la pena persino morire per lui, se così ha da essere. Niente amici buoni. Niente amici cattivi. Persone e basta che vuoi avere vicino, persone con le quali hai bisogno di essere; persone che hanno costruito la loro dimora nel tuo cuore."
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