I bugiardi tra noi sapranno che ogni menzogna deve contenere un pizzico di verità per essere credibile. Una spruzzata di verità spesso basta, ma deve esserci, come l'oliva nel Martini.Titolo:
La verità e altre bugie Autore:
Sascha Arango Editore:
Marsilio Numero
di pagine: 248Prezzo:
€ 17,00 Sinossi:
Scrittore
di bestseller di fama internazionale, Henry Hayden vive appartato in
una splendida villa sul mare. Le donne lo adorano e la vita gli
sorride. La sua esistenza così perfetta rischia però di incrinarsi
il giorno in cui la sua giovane amante, nonché editor, gli rivela di
essere incinta. Un imprevisto che, insieme alla serenità coniugale,
rischia di costargli la carriera: ma davvero raccontare tutto alla
moglie è l'unica possibilità che gli resta? Hayden è anche un
pericoloso, irriducibile bugiardo con un passato pieno di ombre. Un
errore fatale farà sì che il suo piano di sopravvivenza subisca una
brusca virata, costringendolo a escogitare sempre nuove menzogne per
coprire le precedenti. Combinando thriller e commedia noir, "La
verità e altre bugie" è un romanzo cinico e intelligente sul
ruolo del caso nella vita, le relazioni tra uomo e donna e il
rapporto tra fiction e realtà, che dà vita a un triangolo
letterario, amoroso e criminale di cui sarà molto difficile scoprire
l'intera verità. La recensioneSono
sempre scettico quando, con un anno nuovo che comincia, già i
giornali dicono di essersi imbattuti in un libro che – per i
restanti undici mesi – è destinato a fare parlare di sé. A lungo,
benissimo. Addirittura, quando scrivono – con titoli a caratteri
cubitali e aggettivi traboccanti d'enfasi - di avere letto l'esordio
più bello in assoluto, come se in una magica palla di vetro avessero
già dato una sbirciata ai titoli non ancora mandati in stampa, alle
storie non ancora scritte ma già pensate, al meglio in circolazione
adesso e a un passo nel futuro. La verità e altre bugie,
contesissimo dai nostri editori, ha avuto un po' questo destino. Quando l'ho
scoperto, con quella copertina d'altri tempi e il titolo
che era tutto un gioco, Il Corriere della Sera – antico, rinomato, profeta – mi assicurava che,
nell'intero 2015, non avrei letto nulla di neppure lontanamente
paragonabile. L'esordio di Sascha Arango era il meglio sulla piazza, e
nessuno poteva scalzarlo dal suo primato lampo. E sapete cosa? L'ho
iniziato con le aspettative alle stelle, l'ho letto in un soffio, ma
c'è un ma. Perché spero davvero non resti, con la sufficienza
piena ma propria di chi si vuole accontentare che gli ho dato io, il
thriller migliore letto quest'anno. Pur essendomi venuto in soccorso,
pronto per l'uso e svelto, durante un brutto blocco del lettore –
pensavate forse che solo gli scrittori potessero averne uno? - non ha
manetenuto un ritmo costante fino alla fine. Be', questo non è del
tutto vero. Sarebbe una bugia dirvi che è perfetto, ma sarebbe
un'ulteriore bugia dirvi che delude le attese. Non si perde, in
realtà. Parte bene, prosegue bene, tutto bene, ma arrivati al finale
– quel finale che, come in ogni thriller degno di questo nome, ha
il dovere morale di stupirti – non c'è uno scarto netto. Un salto
di qualità. Il bene resta bene – impossibile il contrario, con una
prosa così precisa e un protagonista così carismatico – ma non
aspira al benissimo. All'oltre; al superlativo assoluto. Il
protagonista si chiama Henry Hayden – con la e,
non come il musicista – ma è abbastanza famoso da non doverlo più
specificare. Il suo nome è sulla bocca di tutti i lettori, ogni
libreria che si rispetti si batte per un incontro con lui. E' sicuro,
piace, sa. E chissà se ha mai sentito raccontare la storia di
Margaret e Walter Keane, i coniugi a cui dobbiamo – come ci
racconta Tim Burton in Big Eyes
– i quadri così suggestivi di quei bambini con gli occhi grandi,
cupi, lacrimosi. Lei dipingeva, lui ci metteva il nome. Lei aveva il
talento, lui la stoffa del venditore e l'animo nero da canaglia. La
stessa complicità, lo stesso segreto, lega Henry alla quieta moglie
Martha: lui non ha mai scritto una parola in vita sua, anche se,
bugiardo patologico, ha inventato tante tante storie; il successo, i
romanzi, i premi letterari sono cose che deve a quella donna che
scrive a macchina, di notte, come nessuno fa più. Lui rilegge e ci
mette la firma. Ironico, no?, che sia stata proprio la moglie a
procurargli un lavoro che l'ha reso noto e distante e la donna che,
presto, lo renderà padre. Un'amante. Si chiama Betty, ha una
costellazione di lentiggini tra i seni, lavora come editor presso la
casa editrice indipendente che cura i romanzi di lui. Henry Hayden
ama due donne, ma ama di più se stesso. Dunque, c'è qualche persona
di troppo nell'equazione... Mentre lui pensa al delitto perfetto e,
nella sua testa, disegna ogni scenario possibile per le sue rivelazioni, Arango segue le vicende di un generoso
pescatore bosniaco, fedele anche a costo di portarsi nella tomba il
suo essere l'unico testimone di un invendicato fatto di sangue; quelle di
una segretaria insoddisfatta con la passione per i tarocchi e la
fiducia nel potere segreto dei fiori; quelle di colui che, sbucato dal
passato, sta alle costole del nostro bugiardo preferito come un
segugio. Come Javert con Jean Valjean, nei Miserabili.
Meschino, egoista, cinematografico e dotato di un'ironia pesante e
gelida come l'acciaio, La verità e altre bugie è
troppo crudo per essere una commedia nera e troppo spassoso per
essere un giallo. Si classifica come una particolare via di mezzo, a
tratti irresistibile, in cui tutti inseguono forsennatamente quello
che non hanno. Una figura di spalle, in nero, affacciata da una
scogliera a picco sul mare, sotto il cui cappuccio vorticano capelli
morbidi, piani criminali, rari gesti di gentilezza. Arango mette in
scena il suo primo romanzo nel patinato mondo dell'editoria, giocando
sapientemente con le regole della metaletteratura, con le vertigini
mortali e i delitti perfetti di Hitchock, con il rapporto curioso che
si instaura quando uno dei due coniugi scrive e l'altro, al
contrario, si crogiola nella propria indolenza – tema a cui Stephen
King, in La storia di Lisey
e Secret Window, aveva
debitamente già accennato. Reale ragione d'essere, oltre a quelle saporite punte dal retrogusto grottesco e a un iconico personaggio che
potrebbe essere l'anima gemella della "Amazing Amy" di L'amore
bugiardo, il ruolo preponderante
ricoperto da un altro protagonista. Il caso. Nei thriller non c'è
mai spazio per la casualità, e questa assenza li rende sì macchine
perfette, ma anche creature aliene. Nella realtà si finisce per
incespicare nelle proprie menzogne, si uccide la persona sbagliata,
ci si può imbattere nell'aiuto provvidenziale di un acquazzone che
pulisce da cima a fondo la scena del crimine, si rimane alzati perché
una coscienza sporca fa un cattivo odore o perché qualcosa – un
animale, un diavolo – gratta dietro il muro della nostra camera da letto. Rimane dunque una
narrazione che va dritta al punto, avvincente, scaltra, assolutamente
affascinante, ma che del thriller non ha, almeno non del tutto, il
thrill - l'ebbrezza,
le palpitazioni. Intrattiene, ma non stupisce, nonostante la sua inarrestabile sagacia. Prima dell'arrivo di
Arango in libreria, d'altra parte, leggiucchiavo romanzi che poi
abbandonavo sul comodino dopo un paio di capitoli: non avevano la
marcia giusta. Quando mi è arrivato questo, l'ho sfilato dal plico e mi ci sono buttato sopra a peso morto.
Finalmente, infatti, avevo trovato quello che cercavo. Non dico un
capolavoro, ma almeno un romanzo da leggere da cima a fondo senza la
tentazione di abbandonarlo a sé stesso o di scandire i periodi a
suon di sbadigli. Un romanzo di cui i miei manuali di Letteratura Latina, lasciati in un angolo, erano gelosissimi. Piace sin dall'inizio, e non è un mistero. Il periodare secco, le frasi
concise e pregnanti, il narratore esterno che, come un Dio, guarda
nel profondo dei cuori dei suoi personaggi, senza proferire parola.
Senza intromettersi, senza giudicare. Li ha creati a sua immagine e
somiglianza, a nostra immagine e somiglianza, e neppure noi – a
causa di un'istantanea, dannata, malata empatia - riusciamo a
trovarli sgradevoli come sarebbe logico che fosse. Alcuni non hanno
il talento che millantano di possedere, altri tradiscono anche con
gli occhi a ogni passo di stada; alcuni augurano il peggio ai loro
conoscenti, altri sono ridotte a bestie violente a causa dei traumi e della vendetta. Vivono d'odio, muiono d'amore, ma si divertono - e ci divertono - ad
essere malvagi nel mezzo; tra una cosa e l'altra.Il
mio voto: ★★★ Il
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