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Recensione "Lo Scurnuso" – Benedetta Cibrario

Creato il 09 gennaio 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario
Una piccola, incantevole, opera leggera come una nuvola, intensa come un arcobaleno dopo la pioggia. 
Titolo: Lo Scurnuso 
Autore: Cibrario Benedetta 
Prezzo: € 13,00 
Pagine: 188, brossura 
Editore: Feltrinelli (collana I narratori) 
Trama: Dalla Napoli borbonica fastosa e miserabile, passando per la Napoli sfigurata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, fino a oggi, per vicoli e palazzi, umide stamberghe e salotti sontuosi, si dipana il destino dello Scurnuso, "il Vergognoso". È uscito dalle mani sensibilissime dell'orfano Sebastiano, ceduto ancora bambino al pastoraio Tommaso Iannacone come risarcimento per un lavoro non pagato. Sebastiano ha disegnato e scavato nella creta il suo amore per il padre adottivo e maestro, perché risuonassero per sempre la musica di quelle dita gentili e lo spasimo della bellezza. Quel miracolo sopravvive nel tempo, attraverso proprietari diversi, nel farsi e disfarsi dei grandi presepi. Passa di mano in mano destando ogni volta uno sgomento segreto. Una sequenza narrativa che ha come protagonista la bellezza stessa, una bellezza umile che dice le ragioni di un durevole incantamento. 
RECENSIONE Lo Scurnuso “viaggia per le invisibili e argentee strade del tempo senza averne desiderio né colpa”. 

XVIII secolo. E’ dentro il labirinto di vicoli della Napoli vecchia che si nasconde un’arte affascinante, custode della bellezza e del tempo: quella dei pastorai di presepi, di cui Tommaso Iannacone è la mano più abile, discendente di una rinomata famiglia di artisti. Eppure, beffa del destino, lui che è stato uno dei pastorai più in vista della città, addirittura richiesto da un ricco cavaliere spagnolo per dare forma a statuine spettacolari, è destinato a rimanere storpio a causa dell’artrosi. Soffre Iannacone ogni volta che, toccando un pezzo di creta, l’occhio cade sulle dita ormai quasi storpie. Sa che, a breve, dovrà lasciare la sua arte, la sua stessa vita, per vivere ramingo in attesa della morte. 
Un giorno, recandosi a Caserta al convento di Sant Agostino per consegnare il pezzo di un presepe, Iannacone viene a conoscenza, grazie alla madre badessa, di Sebastiano, un orfanello preso per carità dalle monache del convento. E poiché il convento si trova in ristrettezze economiche, il fanciullo gli viene offerto come cambio merce. Tommaso accetta malvolentieri, ma poi pensa che gli serve pur qualcuno che lo aiuti come garzone
Comincia così la convivenza del vecchio artista con il piccolo orfano, detto Purtualle, che si affezionerà tanto a lui da considerarlo un vero padre adottivo. Sebastiano, però, non è un semplice sguattero. Ha le mani d’oro e Iannacone dovrà rendersene conto a forza il giorno in cui scoprirà una statuina da lui modellata. “Della vita gli bastava e avanzava quello che scolpiva nella creta. Tutto il resto non faceva per lui”  E’ Sebastiano che plasma nella creta l’amore per il padre adottivo. E’ lui il creatore de lo Scurnuso, una statuina di presepe che rappresenta uno storpio, colui che prova “scuorno” per la sua condizione di uomo finito. 
E sarà proprio lo Scurnuso il filo che dipanerà la ragnatela dei tempi: dalla Napoli borbonica a quella dei bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale, passando di mano in mano, di generazione in generazione come simulacro di tutto ciò che rimane, al di là della fragilità di ciò che ci circonda. Un inno all’amore, all'arte, alla gioia di “essere napoletani”, alla vita, unico anelito di speranza quando tutto sembra ormai essere perduto. 
L'AUTRICE: Benedetta Cibrario è nata a Firenze nel ‘62. È cresciuta a Torino, dove si è laureata in Storia del Cinema, ed è vissuta a lungo in Inghilterra, ma la sua vera residenza è la Toscana, terra alla quale è molto legata. Con Rossovermiglio (Feltrinelli 2007) ha vinto il Premio Campiello 2008. Per Feltrinelli ha pubblicato anche Sotto cieli noncuranti (2009), vincitore del Premio Rapallo Carige per la donna scrittrice nel 2010.

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