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Rifiuti, il caso Malagrotta rischia di mettere Roma con le spalle al muro

Creato il 28 settembre 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

Rifiuti, il caso Malagrotta rischia di mettere Roma con le spalle al muro

Dopo Napoli, un’altra importante città italiana rischia di vedere le strade ricoprirsi di rifiuti. L’emergenza non è imminente, ma restano solo tre mesi per organizzarsi e trovare una soluzione. Sarà il prefetto Giuseppe Pecoraro, nominato commissario straordinario, a provare a evitare il baratro.

La discarica di Malagrotta, che per trent’anni ha accolto l’immondizia della Capitale, è fuorilegge: non rispetta né i parametri UE né quelli italiani poiché accoglie rifiuti indifferenziati che non hanno subito nessun trattamento. L’ultima proroga scadrà il 31 dicembre e il futuro è nebuloso.

Roma produce ogni giorno 4 mila tonnellate di rifiuti. La raccolta differenziata è limitata al 24%: 450 tonnellate vengono riciclate. Il resto viene diviso. La plastica e i metalli vengono mandati negli impianti di trattamento meccanico biologico e producono cdr che viene fatto bruciare nei termovalorizzatori, che sono tre: a Malagrotta, a Colleferro e a San Vittore, più uno bloccato dai ricorsi ad Albano. Questi impianti per il tmb sono quattro: due nell’area di Malagrotta, di Cerroni, uno a Rocca Cencia e uno al Salario, entrambe dell’Ama, la municipalizzata. Posso smaltire 3000 tonnellate al giorno, però lavorano a ritmo ridotto e per questo mandano in discarica almeno mille tonnellate al giorno. L’umido viene raccolto a Maccarese e serve per produrre fertilizzanti. Lo stabilimento però non riesce a trattarlo tutto, per cui molti camion ripartono alla volta del Nord o verso Malagrotta.  

Nonostante svariate strutture, quindi, una discarica è necessaria per evitare il collasso, soprattutto in una città dove la differenziata non coinvolge neppure un quarto dei rifiuti totali. Il problema, al solito, è quella del sito: è già iniziata la guerra per bande tra imprenditori che vorrebbero gestire il business e cittadini preoccupati per la propria salute. La figura di spicco dell’immondizia romana è Manlio Cerroni, avvocato e gestore di Malagrotta, accusato di essere un monopolista e ora pronto a costruire un’altra discarica, nella stessa zona.

Le aree su cui si sta lavorando sono molteplici: Pizzo del Prete, a Fiumicino, Corcolle, Castel Romano-Quartaccio, Quadro Alto, Osteriaccia, sempre a Fiumicino, i Monti dell’Ortaccio, vicino a Malagrotta e Pian dell’Olmo, alle cave di Riano. Le ultime due appartengono a Cerroni.

Pizzo del Prete sembra essere il sito favorito, ma i lavori sono ancora in fase preliminare. L’avvocato non ci sta, sponsorizzando l’Ortaccio:

In tre mesi si può allestire. Pizzo del Prete a Fiumicino è una follia. Chi ha proposto un luogo così lontano che ci vorrebbero 15 milioni in più all’anno solo per gli spostamenti? Qui vicino è già progettato perfino un braccio della ferrovia da Ostiense che potrebbe portare i rifiuti, che sarebbero lavorati e dunque inerti, niente odori, niente problemi per i quartieri intorno.

Tale soluzione, però, rischia di provocare una rivolta nella zona. Non solo i cittadini sono esasperati dall’attuale discarica, ma si temono altri danni per la salute pubblica. Secondo un dossier dell’Ispra, nel terreno e nelle falde sono stati trovati mercurio, alluminio e arsenico oltre i livelli di guardia. La Procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo a seguito di quattro decessi per tumore a cervello. Tra questi Enrico Frustalupi, morto nel maggio del 2010 dopo che per due anni aveva lavorato come capocantiere nel gassificatore di Malagrotta.

Poco ci si fida della trasformazione di Malagrotta in un grande parco visto che dovranno essere piantati 347 mila alberi. Contro Cerroni si scaglia lo storico rivale Sergio Apolonio, presidente del Comitato contro la discarica:

I Monti dell’Ortaccio sono il peggio. E ancora peggio penso del nuovo invaso che hanno già costruito proprio dentro l’area di Malagrotta, a Testa di Cane. È già allestito e hanno detto che può contenere 3 milioni di metri cubi di rifiuti, triturati o indifferenziati. E Testa di Cane sta proprio a ridosso di Massimina. Sarebbe un impatto clamoroso, scandaloso. Ma devono stare attenti alle multe dell’Unione europea che ha già riscontrato l’infrazione. Monti dell’Ortaccio? La gente qui è stata bastonata per decenni dalla discarica. Ci sarebbe pericolo per l’ordine pubblico. Il parco è la solita mitologia di Cerroni, che lo chiama Central Park con la c e dice che si farà pagare il biglietto. Lui che per far posto ad altri rifiuti ha fatto espiantare e ripiantare altrove almeno tremila palme che aveva messo a dimora con un gran battage.

Anche Angelo Bonelli, presidente della Federazione dei Verdi, evidenzia la criticità di Malagrotta, ma anche di Pizzo del Prete:

Altro che parco, l’area di Malagrotta è ad alta criticità ambientale. Ci sono studi dell’Ispra che dimostrano che le falde sono inquinate in maniera preoccupante. C’è anche la Raffineria lì vicino. Bisognerebbe applicare la direttiva Seveso 2. Impossibile mettere uno spillo. Niente discarica a Monti dell’Ortaccio. E poi a chi vuole un altro gassificatore ad Albano diciamo che quelli che ci sono che devono importare Cdr da bruciare da fuori perché il Lazio non ne produce abbastanza. La soluzione? Una nuova discarica piccola la cui localizzazione deve essere decisa di concerto con i cittadini e non a Pizzo del Prete, un’area agricola pregiata e di grande valore ambientale. Ma il vero obiettivo è un altro: aumentare la raccolta differenziata con un porta a porta spinto. Però l’Ama, dopo le dimissioni dell’amministratore Panzironi, quello dello scandalo di Parentopoli, ancora non ci sente.

La differenziata è il vero cruccio, ma anche la possibile ancora di salvezza visto che eviterebbe che grosse quantità vengano dirottate nella discarica. Spiega Carlo Podda, segretario della Cgil Funzione Pubblica del Lazio:

In alcuni quartieri abbiamo sperimentato il cosiddetto porta a porta spinto, cioè con la raccolta diretta negli androni dei palazzi dei rifiuti già divisi e la sparizione dei cassonetti dalle strade. E’ successo a Trastevere e a Colli Aniene e il risultato è stato quello di una differenziata che in alcuni casi superava il 60%. Invece poi l’azienda ha scelto il metodo cosiddetto duale, facendo rimanere nelle vie i cassonetti bianchi della carta e quelli blu di vetro, metalli e plastiche e poi affidando la raccolta dell’umido a delle postazioni mobili o fisse nei quartieri. Il risultato? Spesso per gli abitanti è disagevole raggiungerli e allora si sbarazzano dei sacchetti magari sotto o, peggio, dentro i cassonetti della differenziata, rendendoli inservibili. Un disastro.

Mentre parte della giunta se la prende con le amministrazioni di sinistra ree di aver lasciato l’Ama in condizioni disagiate, Alemanno predica ottimismo. Il count down di tre mesi è già iniziato e c’è bisogno di trovare una soluzione al più presto per evitare di vedere lo scenario della Città Eterna macchiato da cumuli di rifiuti.

Fonte: RE


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