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Riina e i rapporti tra Stato e mafia.

Creato il 02 luglio 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Il 1 luglio 2013 è stata depositata una relazione relativa al processo Stato mafia grazie alle rivelazioni del boss Totò Riina, che sembra toto-riina-foto-segnaleticaconfermare l’esistenza di un rapporto tra lo Stato e la malavita organizzata.
Il boss avrebbe detto a due agenti della polizia penitenziaria del carcere Opera di Milano: -Io non cercavo nessuno, erano loro che cercavano me.- La frase sembrerebbe riferita agli iniziali tentativi del dialogo tra i Ros e Riina attraverso la mediazione di Ciancimino. Riina l’ha pronunciata nel breve tragitto tra la cella e la sala delle videoconferenze, il 31 maggio scorso.
Le sue confidenze sono ora agli atti del processo tra Stato e mafia, con le relazioni delle guardie del Gom (gruppo speciale della polizia penitenziaria) depositate a Palermo.
Secondo una delle guardie: -Sia io che il mio collega abbiamo chiaramente udito questa frase che non è stata preceduta o seguita da altre espressioni di Riina che potessero farci comprendere meglio il contesto da cui scaturiva. Riina era assolutamente lucido, cosciente, padrone di sé e ha scandito quelle frasi perchè noi le sentissimo chiaramente.-
Una rivelazione del boss riguarda anche la propria cattura e l’arresto: -A me mi hanno fatto arrestare Bernardo Provenzano e Ciancimino e non come dicono i carabinieri.-
Queste parole confermerebbero ciò che Massimo Ciancimino sostiene da tempo: a far arrestare il boss furono suo padre e Provenzano nel gennaio 1993. E’ la prima volta che Riina parla di Provenzano riferendosi all’arresto; la polizia sarebbe arrivata a lui grazie alle indicazioni di Provenzano, che avrebbe segnalato il nascondiglio di Riina sulle mappe catastali ottenute dal Ros con la mediazione di Ciancimino
Riina non risparmia rivelazioni anche sugli attentati che costarono la vita a Falcone e Borsellino:
-Lei mi ci vede a confezionare la bomba di Falcone? Brusca non ha fatto tutto da solo. Lì c’era la mano dei servizi segreti. La stessa cosa vale anche per l’agenda del giudice Paolo Borsellino. Perché non vanno da quello che aveva in mano la borsa e non si fanno dire a chi ha consegnato l’agenda? In via D’Amelio c’erano i servizi e che dopo cinque minuti dall’attentato sono scomparsi, ma subito si sono andati a prendere la borsa.-
Non mancano inoltre i riferimenti al “papello” con le richieste della mafia siciliana, di cui Riina sostiene di non sapere nulla e di non averlo mai visto, aggiungendo che Brusca fu il primo a parlarne, sostenendo inoltre che non agì solo, ma con l’aiuto dei servizi segreti.
La “vera mafia” sarebbero magistrati e politici che scaricherebbero sulla mafia le responsabilità delle loro azioni. Riina si ritiene a tutti gli effetti sottoposto a una “persecuzione giudiziaria”.
Il boss ha invece un’opinione positiva del defunto Andreotti, definendosi “andreottiano da sempre”. Quando un agente gli chiede se la storia del bacio fosse vera, in una pausa del processo, questa è la risposta: -Appuntato, lei mi vede a baciare Andreotti? Le posso solo dire che era un galantuomo e che io sono stato dell’area andreottiana da sempre.-
Non sono ancora chiare le motivazioni che hanno spinto Totò Riina alla rivelazione di fatti decisamente scottanti, nonostante non sia un collaboratore della giustizia e non intenda parlare con i magistrati. La sua volontà di parlare è ritenuta ancora più singolare considerando anche gli atteggiamenti riservati mantenuti in passato. Giacinto Siciliano, direttore del carcere Opera, sostiene che questa improvvisa loquacità potrebbe essere anche ricondotta a un “deterioramento cognitivo legato all’età”, pur non escludendo l’ipotesi di significati alternativi.

Articolo di Giulia Porzionato.


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