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Semplicemente le ciambelline al vino

Da Pamirilla


Semplicemente le ciambelline al vino


Non si deve pensare che io sia brava solo in cucina. So fare bene tante altre cose. Per esempio stirare.
Tecnica: attacco alla corrente la spina del ferro, metto l’acqua nell’apposito buco, asciugo l’acqua caduta fuori dal buco e riversatasi un po’ ovunque poi impugno il ferro, afferro un panno e buona volontà.
Comincio a pressare il ferro sul panno, muovendolo un po’ qua, un po’ là. Le pieghe sembrano svanire, in realtà si spostano. All’infinito. Prendo un altro po’ di buona volontà e ricomincio a cercare di spianare lo spianabile. Quando iniziano ad affacciarsi le prime lacrime nei miei begli occhioni da araba Lui mi dice “Lascia amore, faccio io”. E fa Lui.
Io indosso sempre vestiti stirati alla perfezione.
Perché ci vuole tecnica.
E io ce l’ho.

Visto che non c’è più bisogno che io perda tempo in operazioni umilianti e di scarsa gratificazione posso mettermi a fare biscotti. Biscottini buoni per la colazione così Lui si alza più contento al mattino, con più energie e buon umore. Più ben disposto, ecco.
Le cose semplici raramente sono davvero banali. La semplicità è disarmante, spiazzante. Ha in sé una vitalità vorace ed irresponsabile. La semplicità: una delle cose più difficile del mondo. La vera chimera, l’ultima Tule della speranza di una vita veramente piena.
Mi piace. E poi mi piacciono le cose antiche, con una storia, le ricette della tradizione, quelle passate dalla madia della nonna di mamma in mamma. Nella mia famiglia, a esser onesti, abbiamo saltato qualche generazione e sono venuta fuori io che, probabilmente, mi hanno trovata sotto un cavolo. Ma queste sono storie personali di poco conto e chi potrebbe mai impietosirsi per quanto cucinava male mia madre e che mai mi ha faceva i dolcetti, quando ero piccola? Oh, si povera piccola…..e se nei miei occhioni spuntasse una lacrima che pensereste? Lui mi chiama “piccola bastarda”, io la chiamo “tecnica” poi ci sono tanti altri modi.
Comunque.
Nel Lazio una delle ricette più tipiche, tradizionali, antiche e semplici che conosca sono le ciambelline al vino. E che ci vuole, direte. Eggià, ma quante ne ho mangiate di ciambelline a dir poco improponibili.
Perché, poche storie, la semplicità è davvero a portata di pochi. Eppure si tratta di assemblare pochi ingredienti e nessun segreto, all’apparenza. Strana la vita. O forse l’apparenza inganna?
Nei Forni più antichi le ciambelline più buone: cotte a legna. Penso ad Ariccia, a Sermoneta.
Le ciambelline casalinghe migliori, invece, me le ha fatte un’amica…….gallese. E già del Galles, Inghilterra, benché, oramai, saldamente trapiantata a Roma. Lei, una forza delle natura e le sue ciambelline (questa cosa semplice , semplice, che quando vengono come devono venire una tira l’altra e un’altra e un’altra) nel pomeriggio agreste di un’ estate ancor giovane ci hanno tenuti inchiodati a sgranocchiare chiacchiere e risate , fino ai piedi del tramonto.
E questa è una storia vera.
Una storia piccola? Sì, semplice.
La semplicissima ricetta che faccio da sempre è proprio quella della mia amica Ann ma se buttate un occhio in giro vedrete che è una ricetta classica, ben nota, e quasi nessuno ha azzardato inutili modifiche.
Salvo piccole aggiuntine personali tanto per dire c’ero anche io, ma di scarso peso.

E senza dover pesare niente gli ingredienti sono:Semplicemente le ciambelline al vino

1 bicchiere di vino
1 bicchiere di zucchero
½ bicchiere di olio
Farina q.b.
1 cucchiaino di lievito

per la versione de luxe (che adoro e consiglio): granella di nocciola, 100g circa

Uno dei miei segreti è nel vino. La cosa più sconcertante di questa ricetta è che i dolcetti possono venire gustosissimo o del tutto insipidi. Ma perché????
Beh, io ho trovato una prima risposta nella scelta del vino. Ma no, ma no, giù le mani da preziose bottiglie di Barolo, grandiosi Bardolino e Chianti riserva.
Parto con il dire che il vino bianco lo escludo categoricamente, in questa preparazione non mi dà nessuna soddisfazione. Vino bianco per ricette pugliesi, campane…ma qua, nel Lazio la ciambellina ha da essere bruna di vino rosso. E come scegliere il vino? Facile. Prendete un vinello modesto, da pochi spicci. Aprite la bottiglia e toglietene un po’, richiudete la bottiglia e conservatela al fresco e al buio. Pian piano il vino intorbidirà, diventerà un po’ forte e via, via marsalato. Ecco, ora è perfetto. Se non mi credete fate la prova. Usate del vino fresco e vedrete che ciofeca. E se non ce l’avete sto vinaccio marcito? Beh, sostituite una parte di vino con del marsala. Ma non è la stessa cosa. Occhio eh: ho detto marsalato non acetificato!!!! Se vi ha preso d’aceto via, gettare. Ma che vi devo dire tutto!
L’olio: buono per favore. Olio extra vergine, magari della Sabina o della Tuscia, perché stiamo parlando di Lazio. (L’ho mai detto che io colleziono olii? Che passione!).
Zucchero bianco, semolato, ma per lo spolvero esterno potete provare dello zucchero di canna. Una variante moderna, vagamente irriverente ma ci sta.
Lievito ci vuole, purtroppo. Chi mi segue conosce la mia avversione. Ma questo cucchiaino ci vuole proprio.
Potreste usare l’ammoniaca che per eccellenza è quanto di meglio conferisca croccantezza ai biscotti. Ma se devo ricevere commenti del tipo “Ammmoooooniaca? Ma quella per lavare per terra?” “Ammooooniaca, ma puzza” “Ammmmoooooniaca, ma dove la trovo?” allora lasciate perdere, utilizzate il solito lievito e amici come prima. Tanto se le fate bene, ‘ste ciambelline, verranno croccantissime comunque, grazie al vino e all’olio.

E dunque, guarda che semplice. In una bastardella versate lo zucchero, l’olio, il vino. Mescolate. Aggiungete a poco a poco la farina con il lievito. E impastate. Farina finché ce ne vuole. Ce ne vuole finché l’impasto è omogeneo, sodo ma morbido, non più appiccicoso. Fatelo riposare, in frigo se fa caldo.
Poi formate le ciambelline.
Io di solito faccio le treccine. Perché’?
Spirito ribelle? Ma no via, non questa volta. Si fanno, da noi, anche bastoncini e treccine. Si può, si può.
Poi premete le ciambelline sullo zucchero, su un solo lato e via, in forno a 180 C° per 20 minuti circa.

E poi? Fatto? Macchè.
Sempre bisogna soffrire. Perché ora buoni sono buoni ma il meglio verrà tra qualche giorno. I dolcetti tra una settimana saranno veramente al massimo.
E fatene tanti perché si conservano molto a lungo, in una scatola, lontano dall’umidità.

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