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Sogni, milonghe e fumetti

Da Lacrespa @kiarastra

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L’Argentina è un paese a me caro, per la sua storia, per la sua cultura e per la sua bellezza. Il mio sogno sarebbe quello di andare a Buenos Aires e fare la professora nella scuola italiana Cristoforo Colombo, quella frequentata dai miei nipoti da piccoli quando erano emigranti. Ho avvolto L’Argentina e Buenos Aires in una nuvola di sogni e di aspettative, in cui mi immagino camminare per le strade della città porteña e essere rapita all’improvviso dal vortice sensuale di una verde milonga.

Tutto questo film che ho girato nella mia testa si è nutrito di immagini, racconti e letture che hanno intrecciato tutto l’ordito del mio immaginario sotto il segno, e il sogno, dell’Argentina. Soprattutto hannp contribuito a ciò il libri di Elsa Osorio che ha raccontato in maniera mirabile la storia difficile e complessa dell’Argentina. In Lezioni di Tango ad esempio è il Tango in prima persona a raccontare la storia della sua nascita e del suo divenire abbracciando un secolo di storia argentina, dalle prime lotte sindacali, al peronismo, agli anni tragici della dittatura militare, al recente crollo finanziario. Grazie a questo libro ho scoperto quale fosse la vera essenza del tango, un ballo proibito che nacque nei primi anni del novecento, quando Buenos Aires conteneva in sé una miscela esplosiva di criollos e immigrati, ricchi latifondisti e giovani donne del popolo, nobildonne e operai, che intrecciavano le loro vite nel Tango, ballato nelle afueras di Buenos Aires.

Questa danza racchiude l’essenza del popolo argentino perchè è nata dall’incontro della tradizione musicale degli emigranti europei con i ritmi dell’ Africa: il tango alle origini aveva i capelli crespi e ricciuti e si muoveva nelle zone dei postriboli , “teatro di balli fatti di pura sfrontatezza, di pura sfacciataggine, di pura esaltazione del coraggio”, come dice A. Camino nel componimento celebrativo El Tango. E’ un esempio dunque di come l’incontro delle diversità rappresenti un arricchimento per i luoghi che le accolgono: una lezione che purtroppo spesso si dimentica.

Chi nasce a Buenos Aires dunque è posseduto dal Tango, ce l’ha marchiato nel dna e se non ne sei subito affascinato, gli anziani spesso dicevano che tanto “il Tango ti aspetta, non ha fretta. Puoi incontrarlo e non riconoscerlo, tanto, prima o poi, gli cadi tra le braccia”.

Anche a Jose Muñoz, disegnatore e artista argentino, è capitato di cadere tra le braccia del Tango che rivive nelle sue tavole in bianco e nero a inchiostro in mostra alla Fabbrica del Vapore a Milano. Ieri sera all’inaugurazione c’era lui in carne ed ossa che col suo splendido accento ha raccontato, ad un pubblico ristretto, del suo lavoro, della sua poetica, del suo essere argentino, rivelando la cultura profonda e la sensibilità straordinaria che è alla base della sua poetica.

Tutto quello che ho letto, tutto quello che ho ascoltato, ha trovato forma sulla carta grazia alla magia di Muños: le ultime tavole sono tratte da una delle opere più importanti dell’artista intitolata Carlos Gardel, omaggio al grande cantor argentino che nella sua breve vita riuscì a portare la musica e le canzoni del tango nei teatri e poi in tourneè in Europa. Chi non è innamorato della sua Por una cabeza reinterpretata mirabilmente da Astor Piazzolla, le cui note accompagnano i piedi di Al Pacino in un’indimenticabile scena del film Profumo di donna? Le figure e i disegni di Muños, dai tratti scarni, imprecisi a volte quasi grottesche, diventano segno di quell’ impressionismo argentino senza toni di grigio, o quasi, che acceca con il bianco come il sole di Buenos Aires”(D. Occhione). Chissà se un giorno vedrò mai quel sole…



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