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Sono Sion's Chichi no hi (園子温の「父の日」, The Father’s Day)

Creato il 20 agosto 2012 da Makoto @makotoster

Speciale Sono Sion   Sono Sion's Chichi no hi (園子温の「父の日」, The Father’s Day)
Chichi no hi (父の日, The Father’s Day). Regia, soggetto, sceneggiatura: Sono Sion. Fotografia e montaggio: Sono Sion, Funaki Hikaru. Scenografia: Ochiai Hiromichi, Satō Aiko. Costumi: SAORI. Musica: Anchors. Interpreti e personaggi: Suzuki Takuji (l’uomo mascherato), Hagiwara Saya (la sorella maggiore), Mori Maiko (la sorella minore), Kuramoto Mitsuru (il padre), Sawada Shunsuke, Hayashi Fumihiro. Produttore: Suga Masatoshi. Produzione: Highwaystar. Durata: 13’. Anno: 2001.
Due sorelle e i rispettivi mariti vanno a casa del padre delle ragazze per festeggiare insieme il giorno del papà. Suonano, nessuno risponde. La porta è aperta, entrano ma il padre non c’è, sebbene avesse risposto al telefono poco prima. Dal bagno esce un uomo mascherato e armato di coltello. Senza parole, scrivendo su un blocco di fogli, li minaccia, li fa sedere e reclama una donna. Loro si oppongono, lui gli comunica che il padre è chiuso nell’armadio, illeso, e ribadisce la sua richiesta. Si offre la sorella maggiore, che va con l’uomo nella stanza adiacente. Si sentono provenire risate, rumori e mugolii di piacere. Arriva un idraulico e il marito della sorella minore gli chiede di guardare nella stanza. Dopo un po’ la sorella maggiore esce dalla stanza completamente trasformata: vestita in maniera conturbante, si muove in maniera sensuale ed è appiccicata all’uomo, che ora indossa una nuova maschera e suona un flauto come se fosse un fauno. Stessa sorte tocca poi alla sorella minore, che deve andare con l’uomo e la sorella maggiore nella stanza (con l’idraulico che nuovamente spia), e ne esce trasmutata in analoghe condizioni di femme fatale. L’uomo le allontana e, sempre per iscritto, rivela di essere il padre delle ragazze. Poi si toglie la maschera e dice che non c’è stato nulla fra lui e le figlie, soltanto ha voluto verificare se loro erano felici. Incita i giovani a impegnarsi e a prendersi cura l’uno dell’altro anche fisicamente, poi li manda via.Rimasto solo, l’uomo si siede vicino all’armadio, dal quale esce un altro uomo con la barba e gli occhiali. Insieme commentano come i giovani di oggi non riconoscano neppure il loro stesso padre. Per strada, i quattro ragazzi, come stralunati, cominciano ad avere la sensazione che il padre delle ragazze avesse un’altra voce, la barba e gli occhiali. La sorella minore si chiede di chi fosse il padre l’uomo nella casa. La sorella maggiore ha come un’intuizione e dice che tutto sommato va bene così: hanno festeggiato il giorno del padre offrendo i loro corpi. Propone di dimenticare tutto. Tutti aderiscono con gioia e si rallegrano. Si unisce al gruppo l’idraulico, i mariti gli chiedono se quell’uomo ha fatto l’amore sul serio con le ragazze e lui risponde di sì.Nella casa, il padre fa una telefonata e ordina che gli mandino subito due ragazze che lo chiamino”papà”.
Non sappiamo se Sono abbia visto Il giorno del papà di Ivan Reitman (Father’s Day, 1997), la commedia dallo stesso titolo che racconta di scambi di paternità e degli equivoci che ne derivano. Se l’ha visto, ha comunque declinato in maniera molto personale il tema.Di fronte a quello che sembra un mero divertissement autoriale, uno scherzo visivo, viene da chiedersi quale sia stata l’occasione che l’ha originato e quale ne fosse lo scopo, tenendo conto che il film è realizzato praticamente tutto da Sono. La ricostruzione della storia e l’esame degli attori sembrano fornire qualche utile indicazione.Un padre, che vive in condizioni di disagiata solitudine e tiene appiccicate sul muro fotografie pornografiche di giovinette, riceve la telefonata delle figlie che gli dicono che andranno a trovarlo con i rispettivi mariti per celebrare insieme la festa del papà. Incapace di sostenere la tensione emotiva dell’incontro, chiede aiuto a un uomo (un amico, un professionista di una agenzia di affitto persone?) perché lo sostituisca e reciti la parte dell’uomo mascherato che si rivelerà essere il padre delle ragazze. L’uomo svolge il suo compito e, nel ruolo del padre, rivolge affettuose raccomandazioni alle figlie e ai mariti di impegnarsi per stare bene insieme. Le figlie e i mariti non si rendono conto che l’uomo mascherato non è il loro padre nemmeno quando questi si toglie la maschera. Solo quando sono uscite dalla casa nascono loro dei dubbi. Il padre, rimasto solo, telefona a un’agenzia che affitta le persone a soggetto e ordina che gli mandino due ragazze che recitino la parte delle figlie, così potrà soddisfare i suoi bisogni affettivi.Gli attori di questo corto si ritrovano in altri film di Sono: l’attrice che impersona la sorella maggiore (Hagiwara Saya) è la protagonista di Suicide Club e compare anche in Hazard; Mori Maiko (la sorella minore) è presente in Suicide Club; Suzuki Takuji (l’uomo mascherato) recita in Utsushimi, Suicide Club e Ocm4 (oltre ad aver curato la scenografia di Bicycle Sighs); Kuramoto Mitsuru si ritrova in Suicide Club e in Love Exposure. Viene perciò da pensare che Sono abbia voluto visualizzare degli spunti che avrebbero poi trovato sviluppo nei film successivi, a partire da Suicide Club, soprattutto in Noriko’s Dinner Tablee ancora in Cold Fish. Come i pittori preparano degli schizzi prima di mettere mano ai pennelli, così il regista ha voluto girare e vedere di persona l’effetto di alcune sue idee, in particolare quella della famiglia anaffettiva e dell’affitto di persone. In particolare, l’idea di un padre che si fa sostituire nell’incontro con le proprie figlie e poi affitta due attrici per trovare una compensazione affettiva, mentre le figlie pur essendo andate a festeggiarlo non lo riconoscono, è un geniale prodromo di quello che sarà il tema dominante di Noriko’s Dinner Table(dove abbiamo proprio una sequenza in cui il padre esce dall’armadio e si mostra alle due figlie “affittate”) cioè la famiglia come ambiente ideale dell’indifferenza, dell’incomunicabilità e del conflitto, al punto che diventa più sostenibile recitare delle famiglie finte piuttosto che affrontare lo stress delle emozioni vere. [Franco Picollo]

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