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Spaghetti Grinta?

Creato il 08 marzo 2011 da Presidenziali @Presidenziali
Spaghetti Grinta?Mattie Ross, caparbia quattordicenne, assolda uno sceriffo federale ubriacone per inseguire l'assassino del padre, in fuga nella terra di nessuno. Con Il Grinta i Coen si allontanano dal loro fare cinema forse per dissimulazione, forse per sprovveduta vena ispirativa, realizzando un film lontano dai fasti western, come dai topoi coeniani, ciccando alla grande in entrambi i propositi (se di propositi si trattava). Cosa che si evince da subito, a partire dai dialoghi poco convincenti, che nel loro vanaglorioso protrarsi tentano di accrescere il peso specifico macchiettistico della vicenda e dei personaggi destando solo confusione o peggio ancora intorpidimento. Il Grinta riadattamento del romanzo di frontiera di Charles Portis, già portato in pellicola con successo nel '69 da Henry Hathaway, fruttò l'Oscar a John Wayne. Questa seconda riproposizione non ha fruttato nessun Oscar (nonostante le 10 candidature) e ne esce sconfitta dal confronto, non riuscendo a competere con l'ego del suo predecessore. Si tratta comunque di un buon film, ma abituati anche in casi meno brillanti, vedi Ladykillers, a colpi di scena che qui non avvengono, non nascondo le mie perplessità al riguardo. Caso strano i Coen riescono invece nell'esaltazione di elementi strutturali apparentemente secondari nel loro cinema, come la fotografia e gli scenari. Al di là di qualche citazioncina, come la prima scena del treno che fa molto Sergio Leone, il gemello diretto di questo film, basandosi su questi elementi, è Blueberry (potete linciarmi), capolavoro di barocchismo estetico e niente ma veramente niente più o addirittura Sin City (quando lui cavalca nel finale è uguale!). Altro punto a favore del film è sicuramente l'interpretazione del bagonzo Jeff Bridges, il Grinta, e della piccola Haileen Steinfeld, nonostante in certi casi verrebbe da staccargli la testa (il suo personaggio è a tratti troppo enfatizzato). Matt Damon rimane in un anonimato consenziente, nascosto in quei baffoni da texano, mentre un buon Barry Pepper regala spessore al ruolo assegnatogli, seppur poco sfruttato; Josh Brolin, il fuggiasco, viene lasciato marcire in una poltiglia sceneggiativa poco invitante. Le rare scene che ci ricordano si tratti di un film dei Coen vengono dissimulate nella parte centrale e qualcosina nel finale, con esplosioni di violenza da zero a cento, o come la bellissima immagine dell'impiccato o del negromante vestito di pelle d'orso. Magnifica la neve fuligginosa che costante ottenebra spazio e tempo. Per il resto ci si accontenta a pancia semivuota di un film che nella sua pocaggine giganteggia in mezzo ai più prossimi rivali (quali?). Merito ai Coen, che sporcandosi le mani con il minimo indispensabile partono già con mezzo punto in più.
voto: 6.5

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