Magazine Diario personale

Svegliati: La Vita è Troppo Corta Per Fare Ciò Che Non Ti Interessa

Da Sunday @EliSundayAnne

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“La tua vita non migliora per caso. Migliora cambiando” – Jim Rohn

Se mai vi è capitato di stare male tanto da spaventarvi e pensare “Ecco, ora non potrò più fare niente, i miei sogni sono finiti”, sapete di cosa sto parlando.

E’ capitato così, un pomeriggio mentre ero al supermercato a Phnom Penh. Neanche un mal di pancia, solo una sensazione di sangue caldo che scendeva, la corsa a casa, il dolore che il giorno dopo pareva non finisse più, e l’inconsapevolezza che potevo rischiare la vita. Ma questo l’ho solo scoperto al pronto soccorso una volta in Italia. E’ stata la prima volta in cui non sono stata affatto too happy to be homesick, ma solo sick e per niente happy. Ignara del rischio che correvo, ho però portato al termine il mio anno di aspettativa fino all’ultimo, cercando di godermi la Cambogia fino a quando io e la mia valigia profumata di Oman, Vietnam, Cina, Malesia e altri pezzi del puzzle chiamato Libertà, abbiamo preso posto su quell’aereo per riportarmi dove sono nata.

Non riesco a scrivere “per riportarmi a casa”, perchè la mia casa è ovunque sono stata: dal monolocale nell’immenso palazzone in Cina che sembrava un alveare, alla casetta del resort in Thailandia dove è nato questo blog, passando dalla mia stanza col materasso per terra a Tehran, tutto è stato ed è casa. In ognuna ho puntualmente sparso le mie cose qua e là in stile Sunday, ovvero niente ordine e tanto folklore – per l’aspetto pittoresco che poi assume la casa/stanza ogni volta – e da ognuna ho portato via un pezzo di anima: un odore particolare, un rumore notturno, o il canto dell’uccellino che mi svegliava la mattina. Tutto fa casa. 

La mia stanza a Tehran

La mia stanza a Tehran

Va bene, direte voi, ma ora come stai? Ora è (quasi) tutto a posto, ma il fatto che, per un attimo, il sospetto che sogni, progetti e partenze stessero sfumando sotto ai miei occhi, mi ha fatto comprendere che avevo ragione. Che ho fatto bene a sfidare la paura, i consigli sensati, i giudizi di chi mi prendeva per pazza e poco saggia, perchè io il mio sogno non volevo solo prefigurarlo nella mia mente, ma viverlo e cercare di realizzarlo.

Sdraiata sul lettino del pronto soccorso, questo è stato l’unico pensiero che mi è venuto in mente:

“Meno male che ho fatto quasi tutto ciò che avrei voluto fare.  Se dovessi morire oggi stesso, almeno non ho rimpianti”.

Avevo un sogno fin da bambina: donare un anno della mia vita in una missione, darmi agli altri senza riserve e senza stipendio. Ci sono voluti anni di ripensamenti e patimenti, ma poi ho preso coraggio e l’ho fatto. Avessi saputo che sarei stata così felice, mi sarei decisa molto prima. Però, si sa, le cose accadono quando è ora che debbano accadere, quindi quello era il momento di partire, e non prima. Una volta tornata a casa, ho pensato che era giunta l’ora di prendere un anno per me, stavolta, per inseguire le mie passioni. Solo un anno di ripensamenti e patimenti, ma poi ho fatto anche quello.

In qualsiasi momento della vita si può cambiare il proprio destino. Chi l’ha detto che dobbiamo rimanere rinchiusi in quella gabbia che non ci rende felici? Dobbiamo influenzarlo, questo destino. Dargli una spinta.

Arianna Huffington, su D de La Repubblica, cita l’importanza di demolire la nostra barriera di inerzia che ci tiene rinchiusi nell’abitudine e nella convenzione. Bisogna scuotersi dall’inerzia, e parlo io che farei della pigrizia il mio lavoro. Ma l’energia che ti assale quando esci dalla tua zona di comfort, quando metti finalmente in moto la tua creatività per fare ciò che ti rende felice, è paragonabile all’adrenalina che ti prende quando sei in sede di esame. Chi ha frequentato l’università o sostenuto un esame importante sa di cosa sto parlando. Prima di un esame tutto è insicurezza, paura, dubbi e mal di pancia. Ma una volta seduti davanti al professore, tutto evapora e (di solito) diamo il meglio di noi stessi. Vogliamo superarla, quella maledetta prova, e andare avanti. Il dopo è noto a tutti: una sensazione di svuotamento e di gioia pura (se è andato bene) o di arrabbiatura e tristezza (se è andato male). Ma almeno ci abbiamo provato, e la prossima volta andrà meglio. E di solito è così, perchè oramai sei già in pista e hai superato la paura di metterti alla prova.

Non aspettate che le condizioni siano migliori, “magari il prossimo anno avrò più soldi, magari sarò più sereno, magari sarò più furbo”. Chi ha avuto successo, nella vita, non è stato ad aspettare che le condizioni migliorassero: si è buttato con le armi che aveva, dando il meglio di sè con quelle. E in quelle condizioni. Che tanto non saranno mai migliori di oggi: alcuni problemi si risolvono mentre altri sorgono. Se avessi dovuto aspettare che mia mamma fosse pronta, il fidanzato mi desse l’OK col sorriso smagliante, e il conto in banca competesse con quello di Donald Trump, non sarei mai partita. E sarei stata su quel lettino d’ospedale a ripetermi ” Se solo avessi ascoltato quello che volevo fare io, anzichè dare retta alle aspettative di tutti, tranne che le mie!”.

Avevo un migliore amico. Si chiamava Michele e all’università aveva scelto di studiare medicina, per andare un giorno in Africa a dare una mano a chi avesse bisogno di lui. Condividevamo il sogno dell’Africa, e avevamo deciso di partire insieme una volta laureati. Lui non ci riuscì: una notte, un incidente in moto su una strada ligure ha ucciso lui e i suoi sogni per sempre. Alla fine in Africa ci andai da sola: la morte prematura di Michele era stata la mia spinta a partire. Perchè aspettare? Non possiamo mai sapere cosa ci potrà succedere.

Se è vero che la porta è la parte più lunga di un viaggio (Fabio Volo, Un posto nel mondo), sprono chiunque fosse indeciso, ad aprirla al più presto e oltrepassarla. Non farlo sarebbe un peccato: perdereste la possibilità di estendervi da ciò che siete a ciò che potete ancora diventare. Se non siete felici della direzione che sta prendendo la vostra vita, e vi sembra che stiate diventando sempre più simili al quel collega che non sopportate piuttosto che a voi stessi, prendete quella decisione difficile e inventatevi una seconda vita. Sentite la paura, ma fatelo comunque. Prima che sia troppo tardi.


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