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Tengo famiglia e noblesse oblige

Da Lacucinadiqb

Tengo famiglia e noblesse obligeNon si tratta della classica battuta di Totò bensì dell’albero genealogico degli asparagi, quello delle liliacee, al quale appartengono anche gigli e mughetti che solitamente non vengono associati ad un risotto all’onda o alle uova “barsotte”.Pianta di cui si mangiano i germogli che spuntano dalle radici, l'asparago ha una storia assai lunga che si può far risalire all’Oriente, dove nasceva spontaneo e selvatico. La mezzaluna fertile era una serra a cielo aperto che offriva frutti davvero gustosi e non passa molto tempo prima che all’ortaggio gradito ad egizi, greci e latini vengano attribuite qualità afrodisiache, facendolo diventare in breve tempo un must della botanica. In effetti come per la maggior parte degli ortaggi che mangiamo, questi vengono prima usati per le qualità terapeutiche fino a quando un curioso gourmand inizia ad osservarli con un occhio diverso - indubbiamente goloso - prova a lessarli, a spadellarli, a mangiarli crudi per poi pubblicare dure righe sull'argomento, come fece Giovenale. O come fanno le foodblogger :)
Tengo famiglia e noblesse oblige
Gli scambi commerciali portarono l’asparago nella mensa dei romani che lo dedicarono a Venere unitamente alla rucola che, selvatica, cresceva attorno alle statue dedicate a Priapo.Scoprirono che una cottura prolungata ne avrebbe rovinato le qualità gastronomiche, tanto che Svetonio, nel narrare un’azione velocissima compiuta da Augusto, scrisse che c'era voluto meno tempo di quanto ne serva per lessare gli asparagi («citius quam asparagi coquantur»). Il litorale di Ravenna divenne importante per la coltivazione dell’asparago, tanto da essere descritta nei manuali di botanica. Una curiosità: l'usanza veneta di legarli in mazzi con la "stroppa" - ovvero il germoglio del salice - sembra provenga dal nuovo mondo allora scoperto ed è oggi titolo di riconoscimento per l'asparago di Bassano.
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Grazie a Re Sole che, ghiottissimo, pretendeva di averne tutto l'anno, i botanici reali misero a punto tecniche di coltivazione che poi furono esportate in tutta Europa. Ma l’asparago così coltivato lo mangiava anche il popolo? No, grazie! Già Plinio il Vecchio affermava che gli asparagi potevano deliziare i palati dei ceti più benestanti: per i meno abbienti «la natura volle che gli asparagi fossero selvatici perché ciascuno potesse raccoglierne», dando un'aura preziosa ai buonissimi - e disponibilissimi -  bruscandoli.

Tengo famiglia e noblesse oblige

Cocktail di asparagi con zenzero e uova in camicia

Ingredienti (per commensale)2-3 asparagi di Bassano, (il miglior modo di conservarli è avvolgerli con un canovaccio umido e riporli nel ripiano della verdura in frigorifero), 1 uovo bio, una radice di zenzero grattugiata con la microplane, sale e pepe Voatsiperifery (un pepe del Madagascar profumatissimo con note di agrumate e fruttate), olio evo non troppo forte.


ProcedimentoPreparare le uova in camicia secondo questa ricetta e metterle da parte. Con la grattugia ridurre a julienne gli asparagi e condirli con una vinagrette preparata con l'olio, il sale, il pepe macinato al momento e lo zenzero fresco grattugiato, emulsionando il tutto con un frustino.Comporre il piatto utilizzando dei vecchi bicchieri da champagne oppure da martini: un paio di cucchiai di asparagi crudi e l'uovo in camicia delicatamente appoggiato e decorato con una macinata di sale nero e una fogliolina di finocchietto.


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