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TI CAGHI IN MANO – Il mito del vampiro al cinema

Creato il 05 novembre 2013 da Fabioeandrea

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Quante volte avete letto articoli sui vampiri cinematografici? Ormai potrei anche solo scrivere i titoli dei film che hanno raggiunto la loro succhiasanguesca importanza nella Storia del Cinema per rinfrescarvi la memoria.

Eppure, ci sono ancora errori a tempesta a riguardo.

Sono tantissimi i film che hanno i vampiri come protagonisti e, nella maggior parte dei casi, hanno per personaggio principale o come antagonista Dracula.

Dracula – e le numerose gole dalle quali ha succhiato il sangue – è storicamente uno dei personaggi più sfruttati al cinema dopo Tarzan.

Inutile che vi ricordi che la storia di Dracula è stata pubblicata nel 1897 dallo scrittore Bram Stoker e che ha avuto un immediato successo.

Ma prima di questo romanzo epistolare era un altro il romanzo vampiresco per eccellenza: Carmilla di J. Sheridan Le Fanu, pubblicato nel 1872, storia di una vampira lesbica che faceva preda di giovani ragazze. Una storia che ha poi ispirato la lungimirante trilogia della Hammer su costei, composta da tre titoli Vampiri amanti (1970) di Roy Ward Baker, Le figlie di Dracula (1971) di John Hough e Mircalla, l’amante immortale (1971) di Jimmy Sangster.

E ancora prima di Carmilla era invece Varney il vampiro di James Malcolm Rymer, classe 1847, il vampiro più conosciuto! In Italia, è assolutamente ignoto ai più, ma in Inghilterra era il top per chi, già allora, si sentiva un pochino gotho… fra i quali proprio Stoker, che rubò da questo romanzo a puntate alcuni comportamenti per il suo nobile rumeno.

E sempre andando a ritroso, è necessario citare il raccontino Il vampiro di John Polidori del 1819, scritto quando l’autore era in vacanza con Lord Byron e il poeta Percy Bysshe Shelley, nella stessa notte in cui la moglie di Shelley, Mary Shelley, scrisse Frankenstein o il moderno Prometeo. Il non-morto di Il vampiro è un vampiro aristocratico, estremamente seducente ma, come tutte le creature occulte, assetato di sangue.

Dopo tutta questa letteratura, è ovvio che, con l’invenzione del cinematografo, si passi alla trasfusione cinematografica.

La prima trasposizione del Dracula di Bram Stoker la abbiamo in Germania, anno 1922, con il film muto di F.W. Murnau Nosferatu. Un capolavoro del cinema (di cui poi parlerò anche nella sezione NON SONO I BELLISSIMI DI RETE 4) che ha per protagonista il mostruoso Conte Orlock, dietro il quale si nascondeva il caratterista Max Schreck. Come avrò modo di raccontarvi, Nosferatu non doveva arrivare ai nostri occhi, a causa di un’accusa di plagio che la vedova Stoker fece nei confronti di Murnau, ma fortunatamente, il regista e il suo team nascosero le pellicole spargendole in luoghi sicuri e Nosferatu riuscì ad arrivare fino a noi.

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A quel tempo, infatti, la sola autorizzazione concessa per la trasposizione d Dracula era esclusivamente teatrale. Hamilton Deane portava sulle scene dei teatri del West End londinese il romanzo già da tre lunghissimi anni. La stessa versione teatrale, pesantemente rivisitata da John L. Balderston, era stata invece portata a Broadway nel 1927, dove aveva avuto un enorme successo e aveva portato gloria e notorietà a uno dei protagonisti: un giovane attore ungherese che rispondeva al nome di Bela Lugosi. Bela divenne rapidamente l’idolo delle folle interpretando Dracula, mentre il veterano britannico Edward von Sloan recitava la parte di Van Helsing.

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I due riprenderanno poi i rispettivi ruoli in un altro capolavoro cinematografico: il Dracula di Tod Browning del 1931. Il film, accoppiato al Frankenstein (1931) di James Whale, lancerà quelli che sono conosciuti come i mostri della Universal. Fra l’altro, piccola curiosità, a Lugosi venne proposto il ruolo della creatura in Frankenstein, dopo l’enorme successo che aveva avuto nei panni di Dracula, ma lui rifiutò perché non interessato a un ruolo non parlante che lo avrebbe abbruttito e avrebbe, secondo lui, nuociuto al suo talento recitativo.

Grosso errore, perché Lugosi si distinse così tanto nei panni del vampiro da non riuscire più a scrollarselo di dosso tanto è vero che, a teatro, arrivò a recitare quello stesso ruolo per più di 1000 volte, entrando nel guinness dei primati.

A questo Dracula parlante, va aggiunto quello parlante in spagnolo il Dracula di George Melford del 1931 con Carlos Villarìas. Alcuni pensano che la versione spagnoleggiante di Dracula sia migliore di quella inglese… io non sono fra questi. Lapidatemi.

Nel frattempo, la Universal capitalizza al massimo la figura dei suoi due mostri.
Dopo Frankenstein escono i sequel La moglie di Frankenstein (1935) di James Whale e Il figlio di Frankenstein (1939) di Rowland V. Lee. Mentre dopo Dracula abbiamo La figlia di Dracula (1936) di Lambert Hillyer con una favolosa Gloria Holden (ahimé troppo sottovalutata dalla critica e dal pubblico), Il figlio di Dracula (1943) di Robert Siodmack con un debuttante Lon Chaney Jr nelle vesti del Conte Alucard (Dracula al contrario), I vampiri di Praga (1935) di Tod Browning con un Lugosi nelle vesti del Conte Mora (nulla a che fare con Lele Mora) e che è il remake del film muto Il fantasma del castello (1927), con Lon Chaney.

Arrivano anche le versioni comiche del mito di Dracula, con il notevole Il cervello di Frankenstein, una commedia eccellente con Gianni e Pinotto, sempre prodotta dalla Universal, la quale scioglierà definitivamente da qualsiasi vincolo contrattuale l’ormai invecchiato Lugosi, che si consolerà fra le braccia del peggior regista della storia: Ed Wood.

A questo punto, entra in gioco la Hammer con il primo horror in Technicolor: Dracula il vampiro (1958) di Terence Fisher. Qui, il nobile vampiro dei Carpazi è interpretato da Christopher Lee e dovrà spesso e volentieri vedersela con un Van Helsing interpretato da Peter Cushing. Anche loro, difficilmente riusciranno a togliersi di dosso i due ruoli e continueranno a recitarli per il resto della loro lunghissima carriera come fosse una maledizione.

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Solo negli Anni Sessanta si arriva a un totale di 100 trasposizioni (e più) di Dracula, ma solo alcune hanno il pregio di essere ricordate. Una sorte che toccherà anche ai film che seguiranno. Erotico il Dracula interpretato da Frank Langella nel Dracula (1979) d John Badham (con un convincentissimo Laurence Olivier come Van Helsing) e più romantico quello del Dracula di Bram Stoker (1992) di Francis Ford Coppola con un Gary Oldman da Oscar, accompagnato a un Anthony Hopkins in stato di grazia. Fumettistico invece quello del Van Helsing (2004) di Stephen Sommers, che sceglie l’australiano Hugh Jackman come cacciatore di mostri targati Universal.

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Ma la vera reinvenzione dei vampiri, avviene fuori dai loro canoni, negli sperimentali Anni Ottanta-Novanta. Kathryn Bigelow li ridipinge terrificanti e in cerca di sopravvivenza in Il buio si avvicina (1987), Neil Jordan (ispirato dal bestseller di Anne Rice) li vuole dolenti e depressi, ma bellissimi come Brad Pitt, Kirsten Dunst e Tom Cruise in Intervista col vampiro (1994). Meno paurosi sono quelli mafiosi del film Amore all’ultimo morso (1992) di John Landis, che fanno da contraltare alla sofisticata Anne Parillaud che compie l’errore di succhiare il sangue alla persona sbagliata: il boss della mafia newyorkese Sal Marcelli (Robert Loggia).

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Una reinvenzione che troviamo anche nei decenni successivi come nel fulgido Lasciami entrare dello svedese Tomas Alfredson. Nel 2008, i vampiri esistono ancora e, alcuni di loro, sono degli eterni bambini. Altri, invece, si nascondono nei luoghi dove vige la notte eterna. 30 giorni di buio (2007) di David Slade parla appunto di una tribù di vampiri cappeggiata da Danny Huston che decide di prendere possesso di una città al buio dell’Alaska.

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Nel 2019, i vampiri continueranno a vivere e saranno i padroni del mondo in Daybreakers – L’ultimo vampiro (2009) dei fratelli Michael e Peter Spierig.

Ho saltato quelli di Twilight

Che cagata di saga.

I vampiri meno intriganti, spaventosi e attraenti della storia del cinema… Sono repellenti per tutt’altre ragioni slegate al genere orrorifico.

Fabio Secchi Frau


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