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Trotula, una donna medico dell’XI secolo

Da Senziaguarna

di Elisabetta Bartoli
Laureata in “Storia e storiografia della critica letteraria” presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Siena con una tesi su Carlo Emilio Gadda, sta svolgendo un Dottorato di Ricerca presso l’Ateneo senese in Logos e Rappresentazione sezione Innovazione e tradizione con una ricerca sull’evoluzione e la tradizione della lirica bucolica in relazione all’archetipo virgiliano nella letteratura mediolatina e italiana dalle origini al Novecento. Ha partecipato all’Atelier informatique sur les textes et manuscrits medievaux presso la E.N.C. a Parigi. E’ collaboratrice della redazione di M.E.L. e del progetto Encyclomedia Storia della Civiltà Europea Medioevo Letteratura. Si sta occupando di un testo manoscritto inedito del XII secolo sull’ars dictandi.

Trotula, una donna medico dell’XI secolo

Miniatura dalle Cronache di Giovanni Scilitze - XI secolo.

Le donne di Salerno mettono nel miele una radice di vitalba, di questo miele poi si cospargono il viso, che assume una splendida luminosità. [289] (Trad. condotta su The Trotula, An English translation of medieval compendium of women’s medicine a cura di Monica H. Green, Philadelphia, 2001.)


La leggenda ci ha consacrato Trotula come una donna bellissima, esperta nell`uso delle erbe e acuta fisiologa, tanto nota che a seguire il suo funerale nel 1097, si racconta, ci sarebbe stato un corteo funebre di oltre tre chilometri. La sanatrix salernitana, la quasi magistra della Scuola di Salerno, come viene definita in alcuni manoscritti, partecipa al contempo di storia e di leggenda: particolari biografici attestati si mescolano all`aneddotica popolare alimentata dalla stima unanime che per secoli ha accompagnato le opere di medicina tradite sotto il suo nome. Storicamente Trotula si identifica con una nobile della famiglia dei Ruggiero (1), vissuta intorno al 1050, che fu moglie del celebre medico Plateario e madre degli altrettanto famosi medici Magistri Platearii.
Trotula è identificata con la coltissima matrona ricordata anche nella Storia Ecclesiastica (III, pp. 28 e 76; Chibnall, vol. II) di Oderico Vitale: l`unica in tutta Salerno che, nel 1059, fu in grado di interloquire con il sapiente Rodolfo Malacorona, che aveva studiato medicina in Francia. Anche se probabilmente amplificati dalla fama del personaggio, alcuni elementi straordinari diventano più comprensibili se contestualizzati: la Salerno dell`XI e del XII secolo vive il rinnovamento culturale del meridione testimoniato anche dalla vitalità di Montecassino, con cui la città intrattiene rapporti culturali continui. In effetti, come sintetizzato anche da Bertini (Trotula, il medico in “Medioevo al femminile”, Bari, 1991, pp. 98-119), la città di Salerno, definita addirittura Hippocratica Civitas, è ricordata da sempre per la sua tradizione medica nelle cronache locali; mentre nelle Storie di Richiero di Reims o in Ugo di Flavigny si legge addirittura che la città era famosa per le terapie pratiche di matrice ippocratica, tanto che a volte i medici salernitani venivano richiesti perfino oltralpe, nonostante la presenza di scuole prestigiose come quelle di Reims e di Orleans, basate però su un insegnamento precipuamente teorico.
La Scuola salernitana non puo’ definirsi né laica né ecclesiastica, ma potremmo dire che partecipa felicemente della vivacità intellettuale di entrambi gli ambienti: la città, che Alfano di Salerno tratteggia nel distico Tum medicinali tantum florebat in arte/ posset ut hic nullus languor habere locum, era profondamente libera e aperta culturalmente, un ambiente fecondo di scambi tra arabi, ebrei, greci e latini, monaci, laici e… donne: le mulieres salernitanae dedite alla preparazione di cosmetici per le matrone dell`alta nobiltà di cui parla anche Bernardo di Provenza nel Commentarium super tabulas Salernii. In realtà si deve distinguere tra le donne-medico e le mulieres salernitane, praticanti di una medicina sapienziale e “ingenua”, levatrici e puericultrici il cui operare è ben al di qua di quell`atteggiamento scientifico che connota la medicina, scevro di superstizioni, non a caso criticate dal medico spagnolo Arnaldo da Villanova, che stigmatizzava l`appello delle mulieres a risorse di natura apotropaica (formule magiche, amuleti…).
Accanto a queste ostetriche o levatrici o praticone, abbiamo notizie certe dell`esistenza di tutta una serie di donne dedite alla professione medica attive in Salerno tra il XIII e il XV secolo, di cui conserviamo alcune opere che testimoniano oltre tutto come nessun argomento fosse loro precluso in quanto medici, e che non fosse concesso loro di applicarsi a malattie esclusivamente femminili: Abella, autrice di Sulla bile nera e Sul seme umano; Rebecca Guarna, a cui dobbiamo Sulle febbri, Sull`embrione; Mercuriade, che scrisse Sulla peste, Sulle ferite; Francesca da Romana, che nel 1321 ottenne da Carlo di Calabria il permesso di esercitare la medicina, o ancora Costanza Calenda, vissuta nella prima metà del XV secolo, che si addottorò in medicina all`università di Napoli.
Postulare l`esistenza reale di Trotula medico non è quindi un controsenso storico, ma la grande fama che da subito circondò la sua figura la rese personaggio letterario prima che reale: possiamo leggerne le lodi già nel Dict de l`Herberie del trovatore parigino Routbeuf, attivo fra il 1215 e il 1280, e Trotula viene menzionata anche da Chaucer nei Racconti di Canterbury (nella storia della donna di Bath); nel XIII secolo avviene la sua grande consacrazione: lo testimoniano centinaia di manoscritti distribuiti in tutta Europa. L`essere donna e medico insieme le garantì una stima e una fiducia enormi nella cura di certe patologie, tanto che fino a tutto il XV secolo Trotula rimase un`autorità indiscussa per tutto quello che concerneva i problemi e i disturbi relativi al parto, al concepimento, alla sterilità. Ben lo attesta Thomasset, un enciclopedista del XIII secolo: “vi dico di una donna filosofa di nome Trotula che visse a lungo e fu assai bella in gioventù e dalla quale i medici traggono grande autorità e utili insegnamenti sulla natura delle donne” (Placide et Timeo ou Li secres as philosophes).
Delle opere tramandate nel corpus salernitano, a Trotula sono attribuiti due trattati: il De Passionibus mulierum (o Trotula maior), un trattato di ginecologia e ostetricia, e il De Ornatu Mulierum (o Trotula minor), dedicato alla cosmesi.
Oggi è in corso un complesso dibattito sulla sua figura: atteggiamenti misogini che la volevano identificare con un personaggio del folklore inglese legato al mondo dell`infanzia (Dame Trot), o addirittura con un uomo (interpretando Trottus lo scioglimento delle abbreviazioni TT’ e Trott’ nel Ms. di Wroclaw, il più antico oggi perduto), si sono alternati a rivendicazioni di una storiografia più marcatamente femminista, molto diffusa oggi in America. Accanto a questo dibattito sostenuto soprattutto da motivi ideologici, si sono compiuti studi approfonditi in sede filologica e storica.
Il ritrovamento del Manoscritto madrileno 119 (ex 116-Z-31), degli inizi del XIII secolo, conservato nella Biblioteca de la Universidad Complutense, è stato determinante nell’orientare la critica filologica degli ultimi anni. Lo stesso Benton, cui va il merito del ritrovamento, aveva promesso l`edizione critica del testo manoscritto, con la collazione completa degli oltre 126 manoscritti ad oggi conosciuti, una parte di quelli che dovettero circolare in Europa tra il XIII al XVI secolo” (M.H. Green, The Trotula – An english translation of the Medieval Compendium of Women’s medicine, Philadelphia, 2001, p. 51).
Non è questa la sede per ripercorrere tutto il dibattito. In sintesi, non abbiamo dati certi (manoscritti autografi del XII secolo) per sostenere che Trotula – quella Trotula che abbiamo identificato a livello storico – sia proprio l`autrice diretta dei trattati a lei attribuiti ma, secondo Bertini, essi sono stati quasi certamente scritti con materiale desunto dai suoi appunti.
La diversitò stilistica e contenutistica delle due opere si spiega considerando che la prima, il Trotula Maior, organizzata in maniera più scientifica, era rivolta a medici (colleghi uomini che avevano anche seri limiti nella visita delle parti intime delle donne), la seconda, Trotula minor, è stata composta per un pubblico femminile e quindi più divulgativa.
La medicina del De passionibus mulierum non colpisce per la sua carica innovativa, restando sostanzialmente ancorata alla concezione ippocratica della teoria degli umori, molto seguita nella Scuola salernitana. Anche se a tratti si trovano nel corpus accenni che fanno pensare alla medicina araba, indubbiamente più evoluta, la base teorica del trattato rimane quella della medicina galenica, che si basava ancora sulla fisiologia platonica (cfr. M. H. Green, op. cit., p. 17-21).
Proprio nel secolo in cui cominciano ad arrivare in Occidente le prime traduzioni dall`arabo di testi medici che cambieranno la disciplina, a Salerno siamo, in questo periodo, ancora al di qua della grande lezione di Avicenna (menzionato tuttavia in un passo del volgarizzamento del De Ornatu: “Avicenna dice che questo rimedio vale a fare bella faccia e colorita (…)”, (Libro degli ornamenti delle donne, Milano, 2002, p. 38).
Non è la novità scientifica dei trattati che suscita interesse per Trotula, quanto l`atteggiamento: quando essa affronta la malattia, riscontriamo un interesse asettico e non moralistico per il dato patologico; il corpo umano non viene demonizzato nemmeno in quegli aspetti considerati deteriori.
Anche dalle pagine del De Ornatu, sebbene testo di minor profilo scientifico, Trotula ci insegna che preoccuparsi del proprio benessere anche a fini estetici è giusto, per se stessi e per chi ci è vicino: la cosmesi è intesa da Trotula come cura in toto del corpo, per cui bellezza e salute spesso coincidono.
Nel De ornatu si dispensano tanti segreti di bellezza, alcuni dei quali ci fanno oggi un po` sorridere, per esempio come può una donna fingersi pulzella pur non essendolo più; altri invece risultano carichi di fascino esotico, come le ricette che raccontano delle usanze muliebri saracene.
Nel complesso i consigli dispensati sono piuttosto semplici e attuabili. Le ricette, nella maggior parte dei casi, sono scarsamente argomentate e ridotte a mere liste di ingredienti; questi possono essere reperibili a livello locale, come le erbe, i prodotti animali, o alcuni minerali come lo zolfo; altre sostanze sono invece importate come il pepe, la cannella o il cardamomo. Traspare dalle pagine l`ammirazione per la cura orientale della persona fisica. I consigli cosmetici non sono finalizzati all`adesione ad un canone di bellezza precostituito: capelli biondi o bruni, pelle rosea o bianca sono giudicati alla stessa stregua (cfr. M. H. Green, op. cit., pp. 45-46).
La fortunata ricezione delle opere di Trotula non si giudica solo dal numero considerevole di manoscritti: i suoi trattati hanno avuto l’onore di un`editio princeps fatta da Georg Kraut già nel 1544 in Strasburgo, mentre “in Toscana, nel XIV secolo, esistono almeno due volgarizzamenti in più `copie manoscritte’ ” (M. Sessa, Il sapere delle donne, postfazione a Libro degli adornamenti delle donne, Milano, 2002, p. 83). Uno di questi volgarizzamenti ci è stato conservato perché stampato nel 1880 dall`Accademia della Crusca come “Buon testo di lingua”, e infatti venne usato dagli accademici come fonte per lemmi da inserire nel “Dizionario della Crusca” III, IV e V.
Oltre al mero interesse documentario, il volgarizzamento è notevole perché arricchisce il testo di Trotula di un fascino ulteriore: nomi di erbe che ormai nella nostra epoca solo gli esperti distinguono hanno un sapore di formula magica e tutto il fascino antico che il peso dei secoli porta con sé. Da questo testo è tratto il primo pezzo antologizzato di seguito.

“(…) Per le nobili donne sia fatto questo depilatorio, che rimuove i peli e la buccia sottiglia. Recipe sugo di foglie di melloncini che stanno nelle fosse, e latte di mandorle: queste sieno peste in un vaso di terra, e mischiate con calcina ed orpimento distemperato con vino in poca quantitade, e sieno fatte bollire per uno die, ed una notte; e quando sarae bene cotto, sia levato dal fuoco, e la polvere di queste spezie sia mischiata con le cose predette: recipe mastice, incenso, cennamo, cardamomo, noci moscade, garofani e galanga, di catuno dragma una: e questo fae rendere grande olore e soave. E’ da usare questo unguento; e questo unguento usavano i nobili Saracini” (Libro degli adornamenti delle donne, Milano, 2002, pp. 25-27).

Le donne di Salerno (…) per truccarsi il viso e le labbra ricorrono a miele raffinato, a cui aggiungono vitalba, cetriolo e un po’ d’acqua di rose. Fa’ bollire tutti questi ingredienti fino a consumarne la metà e con l’unguento ottenuto ungi le labbra durante la notte, lavandole poi al mattino con acqua calda. Questo rassoda la pelle delle labbra e la rende sottile e morbidissima, preservandola da qualsiasi screpolatura; se essa è già screpolata la guarisce. (Trad. di Bertini in Trotula, il medico, cit., p. 116.)

Rimedio alternativo per pulire i denti e renderli bianchissimi: alcune donne sciacquano abitualmente dopo mangiato la bocca con dell’ottimo vino, quindi asciugano e puliscono bene i denti con un panno nuovo di lino; inoltre ogni giorno prendi l’abitudine di masticare del finocchio o ancora meglio del prezzemolo, che in più dà un odore gradevole e pulisce a fondo, così avrai denti veramente bianchi. (303) (Trad. condotta su The Trotula, An english translation of medieval compendium of women’s medicine, cit.)

da Quaderno didattico del Museo Civico Archeologico di Castiglione del Lago, 2008 pp. 5-10

(1) In realtà Roggiero o De Ruggiero. Probabilmente si tratta di “Normanni della prima ora”, ovvero dei discendenti di quei mercenari al servizio dei principi longobardi già dal X secolo, dato che nel 954, in occasione della traslazione a Salerno del corpo di San Matteo apostolo, la famiglia era già presente nel Registro delle Famiglie Notabili. Il casato è noto per aver ceduto alcune delle sue proprietà a Roberto il Guiscardo per l’edificazione del Duomo; da ciò gli derivarono molti privilegi come quello di esporre il columbro (sorta di insegna appartenente alla cattedrale) al balcone. Dal XIII i De Ruggiero secolo divennero membri del Sedile di Porta Rotese.  (n.d.c.)

Trotula, una donna medico dell’XI secolo



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