Che fine ha fatto il giornalismo d’inchiesta?
Pellicola dalla struttura classica, Truth racconta una storia vera e contemporaneamente s’interroga sulla difficile coabitazione tra potere e giornalismo d’inchiesta, sottolineando come quest’ultimo sia diventato, col tempo, una vera e propria spada di Damocle sui profitti delle emittenti televisive.
Nel 2005 Dan Rather, famoso anchorman della CBS, rassegnò le dimissioni a causa di un servizio su George W. Bush, che ne minava la credibilità all’interno dell’esercito statunitense. Creatrice del servizio televisivo fu Mary Mapes, produttrice del programma “60 minutes”, che negli anni aveva realizzato molti scoop giornalistici.
Il regista Vanderbilt realizza un’opera perfettamente inserita all’interno di una scuola cinematografica (quella statunitense), che si pone delle domande sull’utilità del giornalismo e sulla sua interferenza con le alte cariche dello Stato. Truth mette in scena la storia vera di un gruppo di giornalisti d’assalto che nel 2005 hanno messo in piedi un caso che non avrebbe permesso a Bush figlio di ottenere il secondo mandato come Presidente degli Stati Uniti. Prove, testimonianze e affermazioni (successivamente ritrattate) sono alla base del dramma personale che ha travolto Mary Mapes, il programma della CBS “60 minutes” e il noto anchorman Dan Rather.
Truth cerca la verità per poi ritrattarla immediatamente nella seconda parte del film, mettendo in discussione teorie e tesi (che nella prima parte sembravano fondate e schiaccianti) e relegando in un angolo l’inchiesta a favore dell’interesse per il contesto che ruota attorno alla protagonista Mary.
Il potere dello Stato, le illazioni, le elucubrazioni di Internet mettono alla berlina un lavoro accurato (?) e potenzialmente scottante: Vanderbilt non relega questi elementi in un angolo per portare avanti un attacco alle interferenze dei poteri forti, ma li pone in primo piano, quasi a voler sostenere l’ambiguità e l’insicurezza di un servizio montato in fretta e furia e portatore di più di un dubbio. Diversamente ciò che fa il regista è interrogarsi sul ruolo della stampa, sulla sua “inutilità” in un mondo contemporaneo nel quale l’immediatezza, il gossip facile e la calunnia senza riserve (Internet docet) sono strumenti più facili da maneggiare e manovrare.
Contraddistinto dall’intensa prova recitativa di Cate Blanchett e dalla prova classica e risoluta da grande attore di Robert Redford, Truth è un film d’inchiesta convenzionale, fluido e dalle basi solide. Un prodotto che, pur dilungandosi eccessivamente, trova la giusta chiave per accattivare il pubblico e coinvolgerlo. Un dramma che ha avuto ripercussioni sulla carriera professionale di una donna moralmente integra, che si scontra con l’ottusa sfacciataggine di uomini con il “coltello dalla parte del manico” che minano la sua credibilità e il duro lavoro di anni. Un film da vedere per comprendere dove sia finito il giornalismo d’inchiesta, quello che ha messo spalle al muro Nixon e Clinton, che ha parlato di Guantanamo e delle ambigue motivazioni di una guerra in Iraq; è stato assorbito dal potere, che tutto può e tutto insabbia.
Uscita al cinema: 17 marzo 2016
Voto: ***