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un aforisma ci seppellirà

Creato il 26 ottobre 2013 da Plus1gmt

Quando la comunicazione interpersonale si basava unicamente sulle forze individuali, un tempo che ha coinciso perfettamente con l’epoca dell’analogico inteso come la totale assenza di piattaforme di condivisione orizzontale delle informazioni che non fossero associazioni culturali, circoli politici, dopolavoro e altre forme ora rintracciabili alla voce archeologia sociale, il citazionismo da frasi celebri come sintesi di un sapere pratico o una valutazione etica, in una parola aforisma, costituiva un metodo di rilancio dialettico volto al sensazionalismo nozionistico basato sullo sfoggio di un armamentario di frasi fatte, attribuite con più o meno veridicità ai massimi maître à penser in auge.

Nell’epoca della conoscenza condivisa, invece, laddove il numero di tacche su un dispositivo indicante la potenza di connessione alla rete, a supporto di un sistema di reperimento informazioni in tempo reale, vale di più di un background generalizzato delle principali materie utili alla vita quotidiana – leggere, scrivere, fare di conto – la disponibilità di massime e facezie pronte all’uso ha generato l’ennesimo effetto implosivo della sovraesposizione a virgolettati, a partire dalla semplice frase celebre in calce alla firma della posta elettronica, inclusa come una pillola di sé da allegare al messaggio indistintamente ad ogni destinatario, che rende edotti amici, colleghi, semplici conoscenti, emeriti sconosciuti circa la propria ermeneutica.

Ora, e lo sapete meglio di me, ci sono invece armi di distruzione di massa nascoste persino nei gruppi dei nostri socialini preferiti che bombardano a pioggia l’uditorio di saggezza quotidianamente, per la coltivazione di una sensibilità condivisa e una standardizzazione emotiva. Inutile sottolineare che nell’era dell’immagine, quale miglior modo per incrementare la potenza del messaggio se non accompagnando il motto del giorno con una foto il più didascalico possibile, per un effetto di inutile ridondanza? Repetita iuvant, si dice, anche se non so chi l’ha detto per primo.

Sono  sicuro che non moriremo di aforismi, come ho scritto nel titolo. Almeno non noi. Di certo il partito che fino ad oggi ho votato continua ad annaspare in queste sabbie mobili della comunicazione a botte di smancerie letterarie. Già uno dei più importanti killer del centrosinistra italiano di tutti i tempi, Walter Veltroni, ci aveva dato dentro con la faciloneria da astrazione micro-letteraria. Ma ieri, alla Leopolda, il candidato che sarò costretto a votare alle prossime elezioni politiche ci ha dato dentro davvero.

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