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Un’ora d’aria non si nega a nessuno

Creato il 11 aprile 2013 da Propostalavoro @propostalavoro

Un’ora d’aria non si nega a nessuno Lunedì sera, allo Stadio olimpico di Roma, si è giocato il Derby del calcio fra le squadre della Capitale. Una bella partita piena di varie opportunità, ma non è di questo che vogliamo parlare. Ciò che ha colpito, nella circostanza in esame, è stata la fase dell’uscita

dallo Stadio. Oltre cinquantamila persone tutti giovani o al massimo di mezza età i quali come un enorme gregge, con passo cadenzato, si apprestava ad allontanarsi dal sito della competizione.  Un fiume di folla che, come attivato da un accordo comune, ha subito lasciato scomparire tutti i simboli identificativi della squadra sostenuta rendendosi così un enorme gruppo omogeneo; pochi commenti ad alta voce, pochissimi segnali di aggressività, a parte i soliti gruppetti esagitati che con lo sport hanno poco a che fare, si poteva notare che l’inevitabile vociare generale appariva sotto tono e si percepivano le argomentazioni più svariate.  Guardando con attenzione più che le fazioni rivali del pubblico di un derby suscitavano l’idea di un popolo nel cortile durante  “l’ora d’aria”.

 Anche solo da questo piccolo aneddoto siamo autorizzati a sostenere che gli italiani si stanno spegnendo per mancanza di carburante. Per carburante si intende in questo caso: mancanza di risorse economiche; mancanza di lavoro; mancanza di prospettive future; spesso mancanza di una casa; mancanza di fiducia nelle istituzioni ed in se stessi. La percentuale di persone che continuano a perdere il lavoro aumenta e preoccupa cosi come aumenta la percentuale di disperati che si tolgono la vita e che, a quanto pare, non preoccupa nessuno.

 All’ombra della naturale ignoranza di chi non è addetto ai lavori ci viene in mente un pesante avvicendamento, quello fra il reato di “istigazione”, codificato nei codici della giustizia e il gesto disperato di tutte quelle anime che hanno scelto di darsi la morte per aver perso la dignità, aver perso il proprio il lavoro o addirittura la propria casa, aver perso la capacità di onorare i propri impegni. Delle anime disperate e abbandonate a se stesse  che  l’opinione pubblica non esita a definire le vittime di una istigazione al suicidio.

Dr.ssa Elisabetta Vellone


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