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Vaticano coinvolto nel caso Orlandi. La verità viene dalla Mafia

Creato il 12 giugno 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

 

Sono sei le pagine della lettera con cui il pentito Vincenzo Calcara, killer di mafia, chiede al Papa Francesco di ascoltare ‘tre terribili segreti relativi ai legami tra le cinque forze oscure che governano il paese: la Mafia, la ‘Ndrangheta, lo Stato, la Chiesa e i Servizi Segreti.’

Calcara scrive senza timore di un segreto relativo allo Stato, un secondo, inquietante, relativo alla Chiesa ed uno riguardante la scomparsa di Emanuela Orlandi, talmente grave e complesso da poter essere affrontato esclusivamente durante un incontro privato, poiché va a sconvolgere i delicati equilibri che, seppur tra istituzioni ‘deviate’ reggono le fila del Paese.

Emanuela Orlandi é scomparsa all’età di 15 anni nel 1983, in Vaticano.

Molteplici le piste che si sono diramate dal quel pomeriggio di Giugno, quando la ragazzina telefonò a casa da una cabina chiedendo il permesso di accettare la proposta, ricevuta da un’estraneo, di vendere cosmetici. Fu l’ultimo contatto con la famiglia. Emanuela frequentava la scuola di musica di piazza S. Apollinaire a Roma e venne vista l’ultima volta al termine delle lezioni, quando una sua compagna di studi, Raffaella Monzi, la accompagnò alla fermata dell’autobus e che mentre si allontanava, riferì poi al Commissariato, la vide parlare con una donna dai capelli rossi che non venne mai identificata.

I personaggi coinvolti in questo noto caso di cronaca nera spaziano da alti esponenti dello Stato Pontificio quindi Cardinali e Segretari di Stato, a malavitosi come Enrico De Pedis (Banda della Magliana) a politici come Giulio Andreotti e ancora a criminali internazionali come i Lupi Grigi e Mehmet Ali Ağca (l’attentatore di Papa Giovanni Paolo II, Turchia), al Banco Ambrosiano, lo IOR e i Servizi Segreti di molti paesi.

Il presunto scandalo del coinvolgimento della Santa Sede con il caso di scomparsa di una minore fu subito insabbiato attraverso quelle che adesso appaiono come manovre di distrazione, come un giro di telefonate che rivendicavano il rapimento della ragazza o le richieste di vario genere, tra cui quella della liberazione di Ağca.

Ma, ancora nel 2002, il giornalista Pino Nicotri, (L’Espresso) ha esposto e provato la teoria secondo la quale Emanuela morì il giorno stesso della scomparsa durante un festino a base di sesso e droga svoltosi tra i decori e gli ori delle stanze Vaticane. Per la precisione, nel mezzo di un incontro sessuale con una importante personalità del clero, il cui nome avrebbe colpito chi ne é a conoscenza tanto da non divulgarlo.

Nessun vortice di criminalità internazionale dunque, secondo Nicotri, ma semplici ordini da parte del Vaticano ai quali una tela ordita ad hoc avrebbe obbedito per insabbiare una tremenda verità. 

In realtà, infatti, le piste possono essere tutte più o meno intrecciate e nessuna però ha condotto ad una svolta, dunque possono essere tutte parti di uno stesso sistema di complotto.

Ad un mese dalla scomparsa alla sala stampa vaticana giunse una telefonata da parte di un uomo ribattezzato dalla stampa ‘l’Americano’ – a causa dell’accento inglese – che affermò di tenere in ostaggio la ragazza e pertanto chiedeva l’attivazione di una linea telefonica diretta con il Vaticano e lo scambio della Orlandi con Mehmet Ali Agca, l’attentatore del Papa.

Il giorno successivo una seconda telefonata arrivò a casa di un’amica di Emanuela: un altro uomo affermava di avere la ragazza e concedeva alla giustizia 20 giorni per liberare Agca in cambio della Orlandi.

Agca che, nel Luglio ’83, a colloquio con Pietro Orlandi, conferma il coinvolgimento della Chiesa nella scomparsa facendo anche il nome del Cardinale Giovanni Battista Re in quanto ‘persona informata sui fatti’. Re ha negato di essere a conoscenza di alcunché.

É il 2006 quando Sabrina Minardi fu intervistata dalla giornalista Raffaella Notariale. La Minardi tenne una relazione con il malvivente ed esponente della Banda della Magliana Enrico De Pedis (che ricordiamo, oggi giace nella basilica di S. Apollinaire come da sua espressa richiesta in Vaticano).

È proprio la Minardi a coinvolgere – non direttamente – Giulio Andreotti con il caso Orlandi. Afferma di essere stata più volte ospite a cena in casa Andreotti con il suo Compagno (De Pedis) e che lo stesso Andreotti era molto vicino a padre Paul Marcinkus il quale avrebbe commissionato a De Pedis il rapimento della ragazza e al quale la stessa Minardi avrebbe partecipato.

Più precisamente raccontò di aver raggiunto in automobile il bar del Gianicolo dove avrebbe incontrato una ragazza da ‘accompagnare al benzinaio del Vaticano’ secondo gli ordini di De Pedis. Si presentarono dunque l’autista di De Pedis, ‘Teresina’ (governante di un’amica della Minardi) e una ragazzina verosimilmente drogata, identificata dalla Minardi come Emanuela Orlandi e che venne messa nella BMW guidata dalla Minardi.

Arrivate successivamente al benzinaio la ragazzina venne presa in consegna da un sacerdote e fatta salire su una Mercedes targata Città del Vaticano.

Ancora oggi la famiglia Orlandi riceve missive e telefonate rassicuranti su Emanuela. Agca stesso nel 2010 ha detto che la ragazza tornerà presto a casa, che si trova in una meravigliosa residenza in Francia o in una villa in Svizzera.

Un sedicente ex-agente del SISMI racconta invece che è viva e si trova in un manicomio in Inghilterra’. Raccontando che il movente del rapimento fu la conoscenza da parte del padre di Emanuela, Ercole, delle attività di riciclaggio di denaro in Vaticano, il che collegherebbe il caso al crack del Banco Ambrosiano.

Nel 2011 Antonio Mancini, pentito ex Banda della Magliana dichiara a La Stampa che la Orlandi fu rapita dalla Banda ma non dietro commissione ecclesiastica, bensì per per ‘ottenere la restituzione del denaro investito nello IOR attraverso il Banco Ambrosiano’.

Intanto, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ci informa che il 22 Giugno, anniversario della scomparsa, Papa Francesco dirà la verità sulla quindicenne vittima e pedina, senza dubbio, di una scacchiera troppo grande per lei. 

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