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Verba volant / Libertà

Creato il 24 aprile 2014 da Margheritapugliese

Libertà, sost. f.

Libertà è la parola del 25 aprile, che è proprio la Festa della Liberazione.

E’ una parola su cui sono stati scritti molti libri e probabilmente la voce di questo vocabolario potrebbe essere superflua, anche se sulla libertà c’è sempre qualcosa da dire.

Partiamo, come al solito, dall’etimologia. L’aggettivo latino liberum ha la stessa radice del verbo libere, ossia far piacere, perché – come spiega sinteticamente il Pianigiani:

sol chi è libero fa ciò che gli piace

Mi pare che non si potrebbe dare miglior definizione.

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Questa definizione non può essere appunto un saggio sulla libertà, ma – trattandosi appunto di un vocabolario – voglio raccontare di come questa parola sia stata rubata. Sembra un paradosso, visto che le parole sono di tutti, ma capita a volte che vengano sottratte all’uso comune e vengano considerate patrimonio solo di qualcuno: è quello che è successo negli ultimi vent’anni proprio alla parola libertà.

Berlusconi – con la complicità degli aedi al suo servizio – ha messo cappello sulla parola libertà, l’ha fatta sua. Quando noi finalmente ce ne siamo accorti, ormai era troppo tardi, lo scippo era già avvenuto e i ladri ormai lontani all’orizzonte.

Nella cosiddetta prima Repubblica libertà era una parola di tutti, campeggiava sullo scudo crociato della Democrazia cristiana ed era l’ultima parola con cui si chiudeva Bandiera rossa. Vi ricordate come finisce quella bella canzone di lotta?

Evviva il comunismo e la libertà

Lo sappiamo che tra queste due parole già allora ci sembrava fosse una qualche contraddizione, poi abbiamo smesso di cantare Bandiera rossa perché comunisti non lo eravamo più - forse qualcuno non lo era mai stato – e soprattutto non volevamo che gli altri pensassero che lo eravamo ancora. Comunque, al di là di ogni altra elucubrazione politico-semantica, quando cantavamo quel ritornello, libertà – anche per via dell’accento finale - chiudeva ogni dibattito e riusciva a prevalere su comunismo, più lungo e meno facile da cantare.

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E poi c’era il 25 aprile, dove libertà era scritto dappertutto, sui manifesti, sulle bandiere, sui fazzoletti al collo dei partigiani. Insomma nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato qualcuno a dire che libertà era una parola solo loro, tanto più quelli che il 25 aprile non lo avevano mai festeggiato, perché era proprio da loro che ci eravamo liberati.

Eppure è andata proprio così, a un certo punto hanno perfino cominciato a chiamarsi Popolo della libertà e noi, che eravamo popolo prima di loroAvanti popolo… ricordate? – niente: siamo stati zitti.

Ricordate un celebre sketch di Totò? Il comico napoletano racconta all’amico Mario Castellani che un giovane, un marcantonio, gli si è avvicinato, l’ha chiamato Pasquale e gli ha dato uno schiaffo; Totò ride ricordando l’episodio, tra l’incredulità di Castellani. Continua raccontando che ad ogni ceffone, sempre più pesante, pensava:

Chissà questo stupido dove vuole arrivare

E quando la spalla gli chiede perché non ha reagito, risponde:

Che me ne importa, mica sono Pasquale

A noi è successa la stessa cosa e siamo ancora qui a tamponarci le ferite: neppure noi ci chiamiamo Pasquale.

Per questo 25 aprile credo sia un buon esercizio cominciare a recuperare la parola libertà. Sicuramente loro non vorranno restituirla, ma non dobbiamo chiedere permesso, ce la riprendiamo e basta. Ne dobbiamo andare orgogliosi, della sua storia e del suo futuro, andando in piazza e urlandola forte.

Perché libertà, come cantava il poeta,

non è star sopra un albero.


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