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X Congresso Post Industriale, Bologna 31-10-2015 (1a parte)

Creato il 03 novembre 2015 da Maxscorda @MaxScorda

3 novembre 2015 Lascia un commento

Non e’ passato un anno dal precedente congresso che ci troviamo ad un nuovo evento, il decimo, un numero speciale che racconta di fatica e dedizione, una missione nel territorio selvaggio di un’Italia – Europa? Occidente? – schiacciata sul conformismo delle multinazionali dello spettacolo. Ad ogni modo Bologna e’ ancora capitale anche se stavolta la sede e’ un po’ piu’ consona al contesto anche se e’ da dire, meno divertente.
Il dieci e’ un bel numero tondo che va celebrato a dovere e sotto l’egida di Old Europa Cafe ci ritroviamo pieni di CD e una serata da ricordare ma procediamo in ordine.

X Congresso post industriale - Djinn
Djinn apre le danze e sotto la maschera troviamo Vintras o forse e’ sopra Vintras che Djinn si fa cantore dell’estinzione umana fin troppo evidente e mai troppo in anticipo. Egli e’ il nuovo messaggero della sconfitta fisica e morale di una cultura attraverso l’esasperata spinta di un istinto di conservazione che non vuole evolvere ma sublimare, percio’ e’ solo una questione di tempo e nel frattempo e’ dolore. Djinn sa e trasmette attraverso un set caustico e violento per chi resta ai bordi ad osservare, fin troppo logico per chi ci sta dentro.
E’ intenso, basse frequenze come magli, passi lenti sulle immagini di una morte tanto gaudente quanto inevitabile e comunque la rassegnazione di chi non si arrende ed e’ tutto li’ nei droni che sfrecciano come angeli della morte e nelle voci che annunciano e condannano.
Emotivamente agghiacciante, stilisticamente perfetto. L’oscurita’ ha in lui una nuova estensione.

X Congresso post industriale - Satanismo Calibro 9
Il rito del dieci si ripete con i Satanismo Calibro 9, anche loro con un decimo anniversario e un set pensato e ragionato sul rito. Se Djinn si pone sul punto piu’ alto della fine, la band milanese e’ un prima e dopo civilta’, spiritualita’ ri-trovata e ri-pensata, un ritorno alla pietra, al fuoco e all’osso, l’ancestrale che emerge o se ne va, sempre e comunque ricorrente, immutabile e immutato nell’urlo primevo di una umanita’ acerba e violenta, certo piu’ vera.
Nuovo set, nuova incarnazione live, si spinge sul tribale per proiettare in avanti un rito oltre lo sciamanico, oltre la preistoria quando di storia ne serve una nuova. Presenza scenica intensa, posizione raccolta e la sala diviene una grotta, un luogo di ombre e paura della note e la musica per uscirne piu’ forti . Dieci anni compiuti bene, anzi benissimo.

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