Magazine Società

[...]

Creato il 01 giugno 2014 da Malvino

Pare che spesso alle domande poste in corso di sondaggio si tenda a dare risposte che si ritiene facciano fare bella figura, o almeno ne evitino di brutte, il che porta a darne di veritiere quando si abbia la convinzione che esse incontrino un giudizio favorevole o almeno neutro, sennò a darne di false, per evitare riprovazione, biasimo o perfino disprezzo. Giacché questo accade anche quando l’intervistato risponde in forma anonima, è evidente che la censura alla risposta veritiera insorga quando questa venga ritenuta sconveniente da un foro interno che faccia proprio il metro di giudizio che, a torto o a ragione, si sente esternamente prevalente. In sostanza, dunque, direi che chi mente alle domande poste in corso di sondaggio non sia semplicemente uno cui manchi il coraggio di esprimere le proprie idee o i propri gusti perché teme incorrano nella più o meno severa disapprovazione di quella che, a torto o a ragione, individua come prevalente opinione corrente: mentendo, egli non pone in atto solo una difesa alla propria reputazione, ma anche un vero e proprio attacco alla solidità del metro di giudizio ritenuto sovrano. Attacco che assume i connotati del sabotaggio, perché è evidente che un sondaggio miri a dare indiretta rappresentazione di quel metro, e la risposta non veritiera lo mina dall’interno, col chiaro intento di renderlo inaffidabile o comunque di erodere sovranità alla logica che lo rende vigente. In tal senso, è chiaramente riconoscibile la natura nevrotica del processo che porta a mentire in corso di sondaggio, e tuttavia potremmo riconoscergli una sottospecie della nobiltà che concediamo al partigiano che di giorno sia impeccabile conformista e di notte vada a minare ponti.Ciò detto, occorre chiarire due punti, fin qui lasciati intenzionalmente vaghi. In primo luogo, occorre chiederci quali caratteri assuma la «prevalente opinione corrente» in chi menta in tali occasioni. Direi non sia necessariamente l’opinione quantitativamente maggioritaria, ma quella che chi mente sente qualitativamente, ancorché ingiustamente, più accreditata sul piano di quel realismo che presume a fondamento del vigente metro etico-estetico. In secondo luogo, torna necessario chiederci in quale misura – quanto «a torto o a ragione» – questo sentire trovi rispondenza nel «clima» che caratterizza il momento e il contesto in cui è posta la domanda del sondaggista. Mi pare che entrambe le questioni si risolvano assumendo che la persona che pone la domanda sia avvertita da chi le dà una risposta menzognera come rappresentante o addirittura, in qualche modo, artefice della «prevalente opinione corrente». Chi procede al censimento non è sempre delegato dal re? E non è in funzione ai risultati del censimento che il re prende le sue decisioni riguardo al regno? 
Ad una delle obiezioni che mi sono state sollevate per l’aver datofede all’analisi dei flussi elettorali condotta dall’Istituto Cattaneo ho risposto che «una cosa sono le analisi del voto fatte prima che gli elettori entrino nel seggio, un’altra quelle fatte dopo»: mi pare che quanto ho fin qui detto ne dia un’adeguata spiegazione, e, riprendendo la metafora usata qui sopra, direi che ad attentato riuscito sia del tutto naturale segua una fiera rivendicazione. Direi che dire il vero, dopo, sia il miglior modo di dare una valenza propriamente politica all’aver detto il falso, prima.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Dossier Paperblog

Magazine