Due pesi e due misure.Quella del "let's go with the flow" e quella del '"but i don't know if i still feel like swimming".Allora è così? Le cose non dette non esistono, come le cose mai accadute?Io non se sono così certa (Pier, mentre scrivo sappi che penso a te, tutte le volte che uso la prima persona singolare).Le cose non dette sono solo non dette, ma non è detto che non siano.Anzi.Bisognerebbe domandarsi perché rimangono mute.Capita che vada bene così, che sia proprio il posto in cui devono stare, il fondo del cuore.Ma per tutte le volte in cui non è così? Come si fa quando le parole sembrano non bastare e i silenzi soffocare?Forse è il modo di comunicare a dover cambiare
Provo a lanciare i miei occhi in quelli di qualcun altro, provo a lasciare che sia il corpo a farsi schiavo di ciò che sento, inventando un alfabeto A-mor(s)e dove la pelle sia il foglio, le dita siano l'inchiostro, nel tentativo di dire ciò che non si può dire, perchè non appartiene alla bocca, non sa che farsene della grammatica e nemmeno del pensiero logico.Ed io che amo le parole di un amore viscerale, che quando scrivo è come se passassi una mano tra i miei capelli, che cerco di sublimare il limite comunicativo accozzandole insieme in maniera inattesa, mi ritrovo ad allungare un piede fuori dal perimetro alfabetico per scoprire cosa c'è.Allora chiudo le labbra, apro i silenzi, come squarci in seno al cuore, prendo gli sguardi, i sorrisi, un paio di guanti e qualche ritaglio di giornale, mescolo tutto in uno scatolone senza fondo e senza fine e lo lancio al di là di me, nella speranza che quello che c'è dentro abbia ali invece che voce.E a volte, sorprendentemente, funziona.