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0.39

Da Pinky06

La fermata era due curve prima del paese.

Si scendeva e si proseguiva  a piedi. Bisognava fare attenzione a non intralciare l'autista che intanto faceva manovra e puntava il muso dell'autobus verso la pianura. Un concetto astratto distante curve e minuti ma sempre presente nella mente dell'uomo che  ogni giorno percorreva quella strada in cui si alternavano salite e discese, punti stretti in cui rallentare,  la sensazione di arrivare a un passo dal cielo e doversi fermare prima  in quello spiazzo due curve sotto il paese, l'ultimo dove poteva fare manovra.

I passeggeri si davano il cambio sui sedili.  L'uomo dopo aver posizionato  il muso dell'autobus verso la pianura, casa sua era nel primo paese di fondo valle, scendeva e si sedeva su un tronco. Sempre lo stesso, estate e inverno, quando il tempo era asciutto. Si sedeva, le gampe piegate, una mano infilata nella tasta a riportare in superficie tabacco e cartine che appoggiava sulle ginocchia. Poi prendeva una cartina  e la stendeva su una gampa come un lenzuolo in cerca del sole. Faceva piovere sopra del tabacco che distribuiva  al centro, sembrava una montagna solitaria  cresciuta in una pianura. A quel punto sollevava la cartina e la arrotolava  umettendone i bordi  con  la lingua per farla aderire. Infine se la infilava tra le labbra, affondava la mano nell'altra tasca e riemergeva con l'accendino  verde bottiglia striato di blu. Lo faceva schioccare, si alzava una livida fiamma che toccava prima la carta e poi il tabacco facendoli diventare irridescenti, infine si spegneva. Sembrava un passaggio di consegne tra l'accendino e la sigaretta, come due tedofori che si passano la fiaccola olimpica. Un momento quasi magico.  Solitamente era a quel punto che l'uomo si ricordava dell'autobus e dei passeggeri in attesa di partire.  Tirava due boccate nervose, aspirava il fumo e tossicchiava  a singhiozzo. La sigaretta finiva per terra prima di essere arrivata a metà. Toccava l'asfalto,  irradiava stanche volute di fumo finchè l'uomo la schiacciava sfregandola con la punta. Infine l'autista si muoveva verso l'autobus, chiudeva la stiva,  gridava "Si parte" e tornava a sognare il cielo.


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