Anna stava scrivendo il suo diario personale. Era la prima volta che lo faceva, non sapeva neanche lei il perché di questa sua scelta. Ne sentiva il bisogno.
La sera prima era uscita con la sua combriccola, e il suo era l’appuntamento fisso del giovedì sera. Oramai era primavera inoltrata, l’aria era calda e invogliava a uscire.Ritrovarsi con la sua compagnia al solito bar del centro città. Era già un po’ di tempo che li frequentava, tutta gente che lavorava, chi in cantieri, chi in ospedale, chi in fabbrica, insomma brave persone. Era come il solito in ritardo, oramai loro lo sapevano e l’aspettavano e lei, sinceramente, un po’ ne approfittava. Le piaceva farsi aspettare…anche se aveva proprio il vizio di ritardare.Ecco, finalmente era quasi arrivata, adesso il problema era di trovare un parcheggio. Mica tanto facile. Alla sera la via era stracolma di gente e soprattutto di auto. Fece un paio di giri, poi decise di parcheggiare in seconda fila. Corse dai suoi amici che stavano parlando davanti al bar; quando la videro arrivare tutta trafelata si misero a ridere: «Perché corri, tanto oramai sei in ritardo…di ben mezz’ora». Anna cercò di trovare una scusa, la prima che le venisse in mente, ma ne aveva già accampate tante le altre volte che lasciò perdere, tanto sapeva che non le avrebbero creduto, ed allora scoppiò anche lei in una risata. Strano pensò in quell’attimo, è tanto tempo che non rido. Stava scrivendo quando suonò il telefono… Lasciò immediatamente di scrivere e corse a rispondere, quasi inciampando nel tappeto del corridoio. Chissà perché aveva messo questo tappeto proprio qui, pensò, mentre riusciva a recuperare l’equilibrio. Aveva il cuore in gola quando disse quel semplice «Pronto» Sentì un «Ciao».
Era lui, il cuore batteva sempre più forte, non riusciva a parlare, voleva dire qualcosa, evitare di fare la sua solita figura di donna tonta, incapace di tenere un discorso, ma non ci riusciva.Stava ricapitando quello che era successa la sera prima, che non riusciva a mettere una parola dietro l’altra. Sentiva in lontananza qualcuno che parlava all’orecchio, ma le sembrava lontano mille miglia. Si accorse improvvisamente che non riusciva neanche a ricordare la sua faccia.L’unica cosa che le tornava in mente era il suo sorriso, dolce ma nel tempo stesso un po’ canzonatorio. Le ricordava qualcuno. Chissà che avrà pensato ieri sera, di me.Una ragazza qualunque, goffa, imbranata.Eppure aveva iniziato a parlare proprio con lei, solo con lei e adesso era dall’altra parte della cornetta che cercava di dialogare con lei. Sì, cercava di dialogare perché, in effetti, parlava solo lui. Lei l’unica cosa che riuscì a dire era ” sì ” quando lui le chiese un appuntamento. Alle 19,30 domani . “ Sì, d’accordo, aspetto che suoni e poi scendo” riuscì a dire… Chiuse il telefono, si rese conto che non stava sognando, era sveglia e fu presa dal panico. Oddio… e adesso? I capelli, il vestito…. Si dimenticò del diario….Si guardò allo specchio del corridoio, l’immagine riflessa era quella di una donna trascurata, che aveva perso quella luce che anni prima illuminava la sua persona.Ora ricapitava un’occasione, non voleva perderla, era il suo riscatto sulla vita, voleva crederci, non poteva essere anche questa una delusione, non voleva che così fosse.Prese una decisione per lei eroica, avrebbe passato il sabato a farsi bella, o almeno a tentarci. Sarebbe andata dal parrucchiere, avrebbe comprato anche un vestito, voleva essere perfetta.Nella notte cercò di dormire ma ci riuscì poco.Il passato tornava alla sua mente, il dolore patito, e non ancora dimenticato, per la morte di Marco. Marco l’amore della sua vita. Un'auto lo aveva portato lontano da lei, chissà dove, se lo chiedeva sempre ancora oggi dopo otto anni, si domandava dove fosse, perché il destino lo aveva portato via, con la felicità, perché non era più con lei, perché non riusciva più a sentirlo.Si alzò, la testa le scoppiava, in questi anni aveva sempre pensato che lei non aveva più diritto di vivere, di provare sentimenti per un uomo, non riusciva a immaginarsi tra le braccia di un altro, sentire le sue parole sussurrate al suo orecchio, le mani di un altro accarezzare il suo corpo.Era tradire Marco.Stranamente con Luca sentiva qualcosa di diverso, assomigliava a Marco pensò stranamente o forse era la solitudine che cominciava a pesare.Gli amici sapevano, cercavano di riempire questo suo silenzio interiore, ma non sempre ci riuscivano, Anche Marina, la sua migliore amica, ogni giorno le telefonava, la cercava, la incitava ad aprirsi a una nuova vita e lei diceva di “sì hai ragione” più che altro per tranquillizzarla.Povera cara, una grande amica.Finalmente venne il mattino, si fece già trovare vestita e preparata per uscire…Sperò che da Lucilla non ci fossero altre clienti, non voleva aspettare, doveva andare per negozi per il vestito.Sono fortunata pensò, sono la prima. I capelli li voglio in su, in modo che si veda il mio viso nella sua interezza.La mattinata la passò a visitare tre boutique. Francamente non sapeva neanche lei cosa comprare. L’unica idea precisa che aveva nel cervello, era quella di comprare un vestito nero. Sì, lo voleva nero, desiderava esorcizzare il suo lutto, il suo dolore, il nero doveva servire per darle eleganza, signorilità.Il terzo negozio fu il decisivo, provò il vestito e stranamente sentì un sottile piacere passare per la sua schiena e venire a riscaldarle il cuore.Sentì che Marco la stava guardando, sentì che approvava la sua scelta, sentì che era di nuovo al suo fianco, sentì che era tornato, sentì che era nuovamente con lei.Si sentì leggera…. e finalmente le lacrime cominciarono a scorrere.
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