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1 Dicembre: la lotta è dura, ma non deve far paura

Creato il 02 dicembre 2012 da Webnewsman @lenews1
1 Dicembre: la lotta è dura, ma non deve far paura

Ieri è ricorsa la giornata mondiale della lotta contro l'AIDS, indetta nel 1988 nel corso di un Summit dei ministeri della Salute mondiali.

Agli inizi degli anni '80 l'AIDS era già molto diffuso anche nei paesi industrializzati, 25 milioni di vittime nel solo anno 81. Era pertanto in quegli anni un argomento molto in voga.

Oggi negli stessi paesi se ne parla molto meno: le terapie antiretrovirali sono molto migliorate e alla garanzia all'accesso da parte dei paesi capitalistici non è più difficile. Non a caso è in questa fetta di mondo che si trovano le principali aziende farmaceutiche che hanno investito nella ricerca per i farmaci anti-AIDS, e qui hanno trovato posto le sperimentazioni cliniche che hanno permesso  a un certo numero di pazienti di accedervi in esclusiva e in "anteprima".

Non solo il fatto che l'AIDS sia meno un "nostro" problema da 10 anni a questa parte,  ma anche la situazione economica mondiale nella quale ci troviamo,  ha impattato sui fondi destinati alla lotta contro la malattia e ne ha oscurato il palcoscenico.

Ci si è però dimenticati, e non a ragione, dell'altra fetta di mondo, quella definita Terzo, in cui ci sono ancora 210,000 morti l'anno in 189 paesi.

Questa situazione di divario, in questo argomento come in moltissimi altri, mi ricorda un'intervista a cui ho assistito un paio di mesi fa: un'intervista alla Signora Siama Musine, attivista keniana che ha  conosciuto e affrontato in prima persona la malattia, e che oggi lavora in campagne di sensibilizzazione all'argomento negli ospedali del suo Paese, offrendo sostegno soprattutto alle donne e alle madri di bambini sieropositivi. Siama è stata nominata mediatrice per la Salute nei Paesi sottosviluppati da Medici Senza Frontiere.

In questa intervista Siama ha raccontato della sua esperienza di malata per far capire che negli ultimi 10 anni, anche in quei Paesi si sa molto di più della malattia. Oggi è più raro trovarsi di fronte a medici che sbagliano la diagnosi e sotto stimano il tempo i vita, oppure di persone che rifiutano le cure mediche per questioni obsolete di onore, superstizioni e pregiudizi;  al contrario di quello che è successo a lei.

Questa donna, nonostante tutto, ha trovato il coraggio innanzitutto di documentarsi sulla malattia che la stava affliggendo, ha di conseguenza interrotto il circolo vizioso del pregiudizio innescato dalle tradizioni del suo Paese, e quindi ha combattuto e combatte tutt'ora.

Nonostante i miglioramenti in termini di istruzione e accessi alle cure, in Kenya oggi soltanto il 53% dei malati può ricorrere ai farmaci antiretrovirali, e sono ancora troppo pochi. E lo stesso si verifica anche in tutti gli altri Paesi africani.

La battaglia di Siama è oggi ancora più dura perché i Paesi donatori si stanno "allontanando", ma d'altro canto è sempre più necessario infondere ottimismo e forza nelle persone affette dalla malattia, sole e disperate.

Il Fondo Globale per la lotta all'AIDS, alla malaria e alla tubercolosi, ONG istituita del giugno 2010 e responsabile dello stanziamento di numerosi interventi per la prevenzione e la fornitura delle cure, sta valutando e cercando di trovare un modo per cambiare la politica dei brevetti per i farmaci delle malattie rare, nel caso specifico dell'HIV.

Il brevetto ha un impatto molto negativo, infatti, sui costi dei farmaci di nuova generazione che potrebbero essere migliori: la prima linea di trattamento è molto più accessibile grazie al calo dei prezzi, ma molto spesso insufficiente e quindi i farmaci di seconda e terza linea sono necessari. Ma proprio le popolazioni che ne hanno più bisogno non possono permetterseli.

E' ancora difficile però venirne a capo, nella tenzone tra la mancanza di soldi per aumentare la produzione delle industrie di farmaci generici;  e le politiche locali che consentono alle Grandi Farmaceutiche di aprire nuovi laboratori nei Paesi poveri anziché aumentare la produzione negli stabilimenti già esistenti, creando uno spreco di risorse tale che l'offerta è troppo alta e quindi insostenibile per questi Paesi.

L'accesso ai farmaci, tra l'altro, non è  l'unico problema della battaglia del Fondo Globale: c'è anche il problema della scarsità delle aziende sanitarie e dell'impossibilità materiale di accedere alle cure, in termini di logistica, trasporto agli ospedali, povertà e alfabetizzazione.

 


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