Gli equilibristi
In una rinnovata, poiché meno sperimentale e più visivamente accessibile, sezione Orizzonti c’è posto, in apertura, per l’italiano Gli equilibristi, che, caricato sulle spalle di un Valerio Mastandrea con barbetta incolta da Un giorno perfetto, porta sul grande schermo le conseguenze che la crisi economica cala sui padri separati. Ivano De Matteo, registicamente parlando, sa il fatto suo. La stessa cosa potremmo dire a livello contenutistico, se, all’improvviso, non gettasse la spugna. L’italiano, si sa, è piacione, farfallone, romantico e ama il lieto fine. E anche De Matteo non sa resistere all’appeal dell’happy ending, togliendo così anima e dramma ad un filo rimasto teso e avvincente a lungo. La goccia che fa traboccare il vaso è un gesto alla Anna Karenina atteso, prevedibile, ma non desiderato. Giulio, il protagonista, si salva. Ma il filo si spezza e l’equilibrista cade giù. Pur sempre, va detto, un buon film italiano, ma anche un’occasione sprecata.
Pinocchio
Dopo il burattino marchiato Disney del 1940 e quello plasmato da Luigi Comencini nel 1972, il Pinocchio di Enzo D’Alò sale sul podio delle trasposizioni cinematografiche del capolavoro di Collodi. Ne ripropone la gioia di vivere e il desiderio di libertà con mirabolante dinamismo e simpatia, oltre che fluidità delle immagini e della vicenda (con alcune piccole ma piacevoli e magiche variazioni sul tema). Mischiando disegni “a pennarello” lucidi e lucenti a sfondi sfumati “a matita”, l’opera vale il prezzo del biglietto anche solo per i paesaggi proposti. Pinocchio è Pinocchio, si sa. Piace a grandi e piccini. Ma anche Enzo D’Alò è Enzo D’alò, e questo già lo sapevamo dai tempi de La gabbianella e il gatto del 1998. Pinocchio ci dà un’ulteriore conferma.
La città ideale
Opera prima col botto per Luigi Lo Cascio che merita tutti gli applausi che la Sala Darsena gli ha tributato in apertura della Settimana della Critica. La città ideale, ben scritto e ben diretto, è un film kafkiano, torbido, di una cupezza degna del peggiore incubo. Ma anche dotato della fulgida luce del suo essere maturo seppur d’esordio, necessario per la tematica ecologica trattata, avvincente nel suo condurci per i meandri di una serata buia e tempestosa da dimenticare. La macchina da presa affascina molti attori. Lo Cascio è promosso a pieni voti.