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1) Racconto: Ad un passo dalla morte

Da Angivisal84

Ad un passo dalla mortedi Daniele ImbornoneCreatura: Shinigami1) Racconto: Ad un passo dalla morte
Dovevo sbrigarmi, ormai mancavo solo io per lasciare la città.
Milano stava diventando un focolaio a cielo aperto e la speranza di una vita civile in quella città, divorata dalla peste, era pressoché impossibile.
Correvo per strada con una borsa contenente le ultime cose. Ai lati delle case abbandonate, cumuli di immondizia bruciavano accanto alle finestre. Un fumo nero e impuro poi, aleggiava ovunque, mascherando la via e confondendomi i sensi. La cosa più macabra però, erano i cadaveri. Decine di corpi ornavano i viali con le loro tetre pose. A tale vista, un brivido mi corse ovunque e mi costrinse ad accelerare.
La pestilenza era davvero un crudele castigo, una punizione di Dio, imposta quasi con una furia cieca. Come detto prima,
oltre a me solo morti e future vittime agonizzanti. Anzi no; guardando meglio mi corressi.
Poco lontano, un uomo vestito di nero con un lungo mantello e un cappuccio tirato sopra la testa, percorreva la via. Non lo avevo mai visto, forse era un viandante. Il tempo mi era comunque tiranno. Dovevo correre da mia moglie e da mia figlia, mi attendevano fuori dalla città, pronti per andarcene.Giunsi in periferia. Voltato l’angolo, mi si aprì davanti uno degli ultimi campi coltivati del paese. Avanzai veloce. Ma ad un tratto, dovetti fermarmi; assistetti ad una scena assai macabra.
Accostati ad un muro semi-diroccato, vidi decine di figure colpite dal morbo. In mezzo a quella fila di anime destinate alla morte, riconobbi diversi amici. La voglia di aiutarli era pari alla mia paura di un eventuale contagio. Cercai di proseguire ignorando semplicemente il problema, ma le gambe mi si erano tramutate in gesso. Ad un tratto, avvertii dei passi che si avvicinavano alle mie spalle. Riconobbi l’uomo di prima, il personaggio dal nero abito col cappuccio.
“Non dovresti essere qui, straniero; la peste si prenderà anche te,” dissi cercando di farlo desistere dal proseguire. Parve non sentirmi, anzi procedette oltre e si accostò al primo uomo della fila, fissandolo con attenzione. Non vidi il suo volto, in quanto era seminascosto dal cappuccio.
Riuscii solo a scorgere una benda nera che gli copriva gli occhi.
La figura alzò la mano e dal nulla, nacque un bagliore che si propagò fino al suo palmo.
Spaventato retrocedetti. La luce si dissipò ed incredulo, scorsi una lunga falce apparire tra le sue mani. Questi la alzò e con un colpo secco, squarciò letteralmente il petto del malcapitato.
Il sangue schizzò ovunque seguendo la scia del colpo inferto.
La mia bocca si aprì solo dopo qualche secondo d’incredulità mista a paura e a un battito cardiaco accelerato. Arretrai e avvolsi il mio viso tra le mani, incapace di fare altro, se non cadere in ginocchio inorridito. Infine, urlai come non avevo mai fatto, preparandomi a tagliare la corda.
“Amico, cos’hai da urlare così? che ti prende?” domandò una voce.
Vidi un uomo che veniva verso di me dalla direzione opposta alla mia.
“Non hai visto cosa ha fatto?!” urlai indicando la sagoma nera con la falce ancora tra le mani.
“Fatto cosa? Chi?” domandò l’uomo ignaro. “Ah, ho capito, vuoi dire la peste. Eh sì, gran bel casino! Faresti meglio a lasciare la città come sto facendo io.” Detto questo, l’uomo abbandonò la strada scomparendo dietro il vicolo.
“Ma che diavolo succede qui?” pensai.
Incredibile, era rimasto impassibile nonostante l'omicidio appena consumato. “Non ti crucciare, è normale.”
Mi voltai di scatto. Il tetro personaggio mi aveva finalmente rivolto la parola.
In quell’esatto istante, la sua mano assassina tornò a colpire. Un'altra falciata, altra vittima.
Notai una strana scia uscire dal corpo del mutilato; una sottile sostanza fluorescente salire in alto e scomparire oltre le case. “Dunque è vero, riesci a vedermi”, disse senza scomporsi notando la mia espressione.
“Era da secoli che non ne incontravo uno.”
“Chi sei tu? Perché fai questo?” domandai alzando il tono.
“Io? Ho molti nomi. L’epilogo, l’eterno riposo, il triste mietitore. Pensa, in oriente mi danno un titolo d’onore. Shinigami: il dio della morte.”
Io ripiegai ancora, ormai ero quasi oltre la staccionata che ornava il campo di grano.
“Sei la morte?” chiesi con un filo di voce. L’essere si voltò e lentamente annuì.
Infilò poi la mano sinistra nel mantello e tirò fuori una pergamena che srotolò.
“Carlo Boni”, lesse. Era il mio nome. “Non sei sulla mia lista. Raggiungi la tua famiglia e vattene il più lontano possibile. Entro sera dovrò mietere molte vite”, concluse.
“Che vuoi dire? Sei venuto per uccidere tutti?” esternai fuori di me indicando i poveretti poco oltre il mio naso. Ero terrorizzato. La morte in persona era davanti ai miei occhi e stava per uccidere, eppure, qualcosa dentro mi diceva di non scappare.
“Non tutti”, specificò il mietitore. “Milena Arcore, Mario Vinci, Alfredo Mino; loro vivranno.”
Alfredo era il mio più caro amico, fui felice di sapere che il suo nome era fuori dalla lista dello sterminatore. Quest’ultimo poi, alzata ancora la falce, colpì di nuovo. Altra vita stroncata, altro corpo etereo librarsi in aria. La morte avanzò ancora, ma invece di infierire sul corpo successivo, passò oltre e si dedicò al morente che lo seguiva. Il sangue schizzò ovunque e quasi non mi finì sul viso. “Basta ti prego!” gridai ad un tratto.
“Perché mi chiedi di fermarmi?” domandò con tono glaciale.
“E' un essere umano! Non merita di finire così!”
“Aiutami, ti prego ...”
Gli occhi vibranti del giocattolo del mietitore, erano puntati su di me. La sua mano si prolungava per trovare un sostegno che non sapevo come accordargli. Lo Shinigami stese la falce e si preparò a uccidere con un gesto netto del gomito.
“Aspetta!” Lo sgridai ma troppo tardi. Ormai l’appendice della morte si era portata via un’altra anima.
Vidi solo sangue e un disegno rosso apparire sul selciato.
Silenzio per un minuto interminabile.
Osservai sgomento i volti dei cadaveri. I loro corpi sostavano in un lago di sangue; con terribili squarci nel petto e talvolta alla gola. Ma nonostante gli ampi schizzi rossi che dipingevano le loro sagome sui mattoni del muro, le loro espressioni non erano di paura o di dolore, bensì di pace. Un’armonia misteriosa e incomprensibile visto il momento e la drammaticità degli eventi.
Prima mi hai chiesto il perché io uccida questa gente”, disse il mio compagno. “Li conosci per caso?”
“No, ma non c’è bisogno di conoscerli per avere pietà di loro.”
“Guardati attorno”, ordinò la morte. Obbedii. Oltre il mio raggio visivo, mi accorsi che innumerevoli luci fluttuavano placide nell’aria. Erano di varie forme e colori, e la loro grandezza variava; uno spettacolo meraviglioso. Infondeva calma e serenità nonostante la creatura che le avesse mietute fosse accanto a me.
Cosa vedi?” domandò. “Sono anime? Vero?”
Il mietitore annuì calmo. “Sapresti dirmi a chi appartenevano?”
“Come potrei?” Lo Shinigami indicò con la falce un fuoco fatuo di colore rosso.
“Assassino; tre bambini e cinque adulti.” Puntò un’altra anima in alto, di colore verde intenso. “Stupratore seriale, nonché colpevole di vari suicidi dovuti alla sua attività.”
Uno giallo. “Invidioso e parassita della società.”
Blu. “Maldicente e falso.”
Viola. “Lavoratore accanito; indifferente a tutto il resto.”
“Non puoi dirmi che tutte queste anime siano di carogne senza nulla di buono”, asserii scosso.
Sentita la mia invocazione ed esclamazione, l’essere indicò un’ultima anima; una bianca.
“Apparteneva ad una vergine. Pura, immacolata, con un’intera vita davanti. Gioiosa, con tanto amore per il prossimo e un fidanzato che le avrebbe chiesto a breve in sposa.”
“Perché hai ucciso anche lei?” domandai. “Per pietà. Dovrò spargere molto dolore da qui a poco e non volevo farlo davanti a questa povera creatura.”
Tale frase suonò antisonante. Non mi sarei mai aspettato di sentirla proferire dal nero angelo in persona. La morte ... che prova pietà, inimmaginabile. Ad ogni modo, dopo quella pausa di riflessione, lo Shinigami tornò a muoversi. Ciò mi fece tornare in me, mentre un’altra falciata sibilava accompagnata dal vento.
Lo spirito avanzò saltando due moribondi e si avvicinò al penultimo uomo. Colpo secco, veloce e indolore. Il mietitore giunse così a trovarsi di fronte all’ultimo della fila. Sguardo oscurato dalla benda e mano sicura e insensibile. Guardai l’ultima vittima; tuttavia quando ne scorsi il viso ... un brivido glaciale mi serpeggiò lungo la schiena e rabbrividii.
Era Alfredo, il mio migliore amico.
“Fermati, ti prego! Lui non è sulla tua lista!” gridai. L’essere però, andò avanti comunque. Affilò piuttosto la roncola con una pietra estratta dal mantello e caricò il suo strumento assassino oltre la testa. Posa impeccabile ed espressione glaciale. Con velocità e precisione, impose forza alla falce e abbassò le braccia tra le mie urla di supplica. Ad un tratto però, l’insensibile ombra si bloccò e azzerò la sua furia. Era la prima volta che la morte esibiva quell’espressione incredula; con la bocca lievemente aperta e colma di shock. Si vedeva benissimo. “Perché?” mi domandò.
“Ti ho detto di fermarti ...” Mai avrei pensato di essere capace di un gesto simile. Ma proteggere Alfredo facendogli scudo col mio corpo, fu un’idea che mi venne d’istinto all’ultimo secondo. Braccia tese e respiro tremante mentre il sudore freddo mi grondava ovunque. Tuttavia, ce l’avevo fatta. L’angelo mietitore, chissà come, chissà perché ... si era fermato.
“Dimmi perché”, sollecitò. “Amicizia. Certe volte, affrontare la morte a viso aperto nonostante i rischi è una cosa buona e ad onore.” Il silenzio si stese come una coperta per un interminabile minuto. Lo Shinigami abbassò la falce.
“Amicizia ... una parola che ha il potere di sfidare la morte”, esclamò voltandosi.
Mi diede le spalle e si allontanò a passi sicuri. Dopodiché, scomparve in una nuvola scura.
Stupore e spavento mi rapirono. Prima però che potessi realizzare l’accaduto, udì un suono metallico provenire da dietro e un attimo dopo, l’arma del mietitore comparve ad un centimetro dalla mia gola
. Non seppi cosa mi spaventò maggiormente, se l’arma pronta a uccidermi, o il sangue infetto che grondava da essa.
Potevo specchiarmi benissimo nel suo acciaio.
“Carlo Boni, voltati.” Io eseguii l’ordine; titubante e tremante. Il viso dello Shinigami era ad un passo dal mio. Pelle biancastra e pallida, labbra nerastre scarne, e la benda nera che ornava il tutto. L’essere mistico mi squadrava attentamente. Divorava le mie pupille con ingordigia per vedere oltre di essi, diretto alla mia anima. “Ricorderò il tuo nome”, disse infine. Portò la mano sinistra al volto e si tolse la fasciatura dal viso rivelando il suo aspetto. Aveva gli occhi di un intenso colore giallo-arancio e i contorni attorno alle pupille piccolissime, erano verdi. L’espressione appariva dubbia e variava dall’indulgenza alla crudeltà. Non capivo cosa volesse da me, né il motivo per cui mi trovassi in quella situazione assurda. “Non dimenticare mai questo momento” disse l’essere. “Vedere gli occhi di Shinigami e vivere, è un evento che pochissimi nella storia possono vantare.” Allontanò la falce dalla mia gola ed entrambi rilassammo i nostri corpi. “Ho voluto testare la tua forza puntando la falce contro il tuo amico, ma sappi che non è mai stato in pericolo. Ora so che gli esseri umani sono degni di vivere e sono capaci di gesti, seppur sconsiderati, eroici.” Sospirò. “La peste finirà fra poco, ma Milano non sarà risparmiata.
Vattene e vivi una vita felice e spegniti nella vecchiaia; sereno e sazio di giorni.”
Arretrai colpito nuovamente e sotto il carico di quanto affrontato, vissuto e visto; delle lacrime involontarie mi scesero sulle guance.
“Ricorda una cosa però”, tornò a dirmi il mietitore, questa volta con una quantità di malignità e fermezza senza pari. “Così come tu hai visto questi occhi e questa falce, ricorda che essi torneranno da te a suo tempo... ridomandati l’anima.”

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