Magazine Cinema
1987
Corea del Nord
Regia: Kyun Soon Jo
Scritto: Choon Goo Ri
Natura che parla. In casi come questo c'è poco da riprodurre scenograficamente. Intento, funzionale alla trama, di mostrare le bellezze montane a pieno compimento. Intento intersecato nella teoria del valore della terra natia, della valorizzazione d'essa come parte di un progetto nazionale, dove tutti e dovunque devono fare la loro parte per la crescita del Paese. È spesso male cedere alle lusinghe di una vita più facile e Park Won Bong lo capirà. Abbandonare il suo villaggio sul monte Tugyŏn, nella Repubblica Popolare Democratica di Corea, per le luci cittadine lo segnerà a fondo, per esse ha perso Jin Song Lim, incantevole come una campanula ("dorajee ggot" in coreano), fiore che è la significativa bellezza del luogo abbandonato. Lei, invece, è rimasta a compiere il suo dovere, addirittura sacrificando la propria vita per la causa. Park Se Ryong, figlio di Won Bong, capirà l'errore del padre e cercherà di vivere ciò che lui ha perso.
Gli splendidi posti da cartolina, con il verdeggiare, i ruscelli, i ghiacci, gli animali al pascolo, si esprimono entro un rapporto d'aspetto dal valore storico come il 1.37:1, sotto la guida fotografica di Tae Kook Choi e Se Woong Park e di quella scenografica di Jon Il Son. Magari l'utilizzo della lente anamorfica avrebbe aiutato la resa degli sterminati paesaggi, ma sappiamo che l'avanguardia tecnologica non era lì di casa, al massimo si è usato un filtro per amplificare la "giusta" eroina protagonista.
È la propaganda della "Kangsŏng Daeguk", la "nazione potente e prospera", quella che spaccia una società divisa in caste, gerarchica, che ha bisogno di aiuti alimentari dall'esterno, con un culto della personalità pari ad una vera e propria religione per una di linea socialista. Però non è il battage del tipo d'avanguardia, ma trattasi di realismo socialista colorato, melodrammatico ma anche allegro, comprensivo di siparietti musicali. Ed a proposito: non è stato di certo messo in secondo piano l'apparato delle sette note, ottimo è il lavoro di Hwang Jin Yong.
Nonostante le spille di Kim Il-sung sulle giacche, è bello vedere un'impostazione così semplicemente romantica nel 1987, sembra di rivedere alcuni classici degli anni Sessanta, neorealismo italiano compreso. In tema di salti nel tempo, nella pellicola possiamo vedere dei flashback, che però sono troppo simili agli avvenimenti che accadono nel presente; è il nostro occhio poco abituato a vedere il presente ed il passato di un Paese sostanzialmente immobile o la realizzazione non è stata impeccabile (forse per via di scarsa disponibilità economica), nonostante l'uso di giuste transizioni.
Forse unica esperienza ufficiale di regista, scrittore, protagonisti ed elementi della crew, ma i dati provenienti da certi posti sono, come ben noto, incerti.
Conosciuto nel mondo (si fa per dire...) come A Bellflower, e Eine Glockenblume nella distribuzione tedesca.
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