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10 domande a… Leo De Carlo

Creato il 22 gennaio 2011 da Brunabiagioni

Un nuovo appuntamento con le interviste
“10 domande a…”. Stavolta siamo a Venezia,
dove l’eclettico designer Leo De Carlo risponde
alle domande di Luca Trombetta.

10 domande a… Leo De Carlo1.Com’è stato il tuo approccio iniziale al design? E come ti definisci?
Da ragazzo il mio sogno era poter realizzare armature e spade e la cosa più vicina – per le possibilità che offre Venezia – era studiare oreficeria (sono diplomato Maestro Orafo): poi mi sono accorto che più che realizzare cose mi piaceva idearle. Da qui ho intrapreso la professione del progettista. Oggi più che progettare oggetti mi piace costruire le ragioni che stanno dietro ad essi, cioé costruire la filosofia dei Brand che producono tali beni. 

10 domande a… Leo De Carlo
2.Raccontati in 3 oggetti – non necessariamente progettati da te
a. La sedia NAVY della EMECO: il prodotto più vicino al concetto di eternità
b. Citroen MEHARI: l’ultima vera idea innovativa nel settore automobilistico
c. La lampada SKYGARDEN di marcel Wanders per FLOS: poesia+artigianato+tecnica

10 domande a… Leo De Carlo
3.Definisci “design”: es.un approccio più intelligente alle cose? forma e funzione? estetica di livello?
Definire il design non ha senso perché, in quanto riflesso della vita, è troppo ampio per rientrare in una definizione univoca. Esistono tanti modi di fare design quante sono le persone.

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10 domande a… Leo De Carlo
4.Il grande “maestro” che ha influenzato la tua opera – modelli a cui ispirarsi
Philippe Starck e Thierry Gaugain (il suo braccio destro): per il modo analitico e la velocità di reazione che mi hanno insegnato ad avere in ambito progettuale.

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5.Come reinventare nuovamente forme e archetipi molto radicati (es. la sedia- la caffettiera)?
Occorre molta fortuna!

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6.Il tuo approccio al progetto: forme, materiali, colori, tecnologie che prediligi
Dipende dall’azienda con cui lavoro. Per quelle che partono da una storia molto radicata, mi piace re-interpretare la produzione passata. Per quelle che si affaccianno in maniera nuova sul mondo del progetto, costruisco filosofie e prodotti ex-novo. Se dovessi indicare un materiale che mi emoziona e che utilizzo spesso è tutto ciò che riflette: specchio, acciaio lucido, plastiche cromate. Un materiale/non-materiale, camaleontico, che si caratterizza in base all’ambiente in cui è immerso.

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7.Design ecosostenibile: un’utopia? qual’è il percorso da seguire?
I veri oggetti ecosostenibili sono quelli che durano almeno 30 anni. Ma per fare oggetti di questo tipo bisogna allontanarsi dal concetto di moda che è il sistema inventato dall’industria  per costruire un’obsolescenza fittizia e quindi continuare a produrre cose. Siccome il design è funzionale all’industria si entra in una contraddizione che personalmente, oggi, non sono in grado di risolvere.

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8.Tutela del made in Italy o produzione globalizzata? pro e contro
La peculiarità del made in Italy è il collegamento tra innovazione e territorio: avere  un  territorio che offre “strumenti” per sviluppare idee (artigiani, officine, fornitori, modellisti, ecc.) mette in grado i creativi di sviluppare concetti innovativi esportabili sul mercato globale. Se queste risorse, questi “strumenti”, non sono in grado di sopravvivere la conseguenza è l’impoverimento creativo. Quindi la tutela del territorio produttivo italiano e fondamentale per la tenuta delle capacità di innovazione del Paese.

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10 domande a… Leo De Carlo
9.Il progetto dei sogni non ancora realizzato
Una famiglia di elettrodomestici per la cucina (bollitori, toaster, bilance, frullatori) che ho nel cassetto e non ho mai fatto uscire.

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10.Ricordando gli insegnamenti di Munari (anche il cibo è design) – una tua ricetta/progetto
Prendete un panino morbido e tagliatelo a metà lungo l’asse orizzontale. Su una delle due metà distendeteci sopra fette di salame felino (alternativamente fette di soppressa) per uno spessore totale di circa 6/8mm. Coprite il tutto con la metà del panino restante. Addentate.

 

Per Leonardo De Carlo progettare un oggetto è pensare al prodotto come espressione e identificazione dell’azienda, riflettere i valori in cui sia il designer sia il cliente credono e hanno fiducia. Questo, unito ad un’anima eclettica, gli permette di interpretare sia l’oggetto classico sia il minimale, affrontando tutti i campi della progettazione. Il bagaglio di esperienze maturate nello studio di Philippe Starck, con cui ha lavorato a Parigi per cinque anni dopo essersi laureato in Disegno Industriale, gli ha permesso, al rientro a Venezia – sua città natale – di consolidare i rapporti con le aziende conosciute durante il periodo francese.
La sua natura eclettica e le sue origini veneziane si rivelano nei progetti per Andromeda Murano dove, con le collezioni Mist, Livia e Barokko, cerca di esprimere quei valori di unicità ed eredità storica tipici della produzione vetraria muranese che culmina, nel 2010, con la collezione Hydrargentum, nella quale vengono estremizzate le tecnologie dimenticate (in questo caso l’argentatura del vetro soffiato).
La collaborazione con Meritalia, iniziata nel 2005, gli offre l’opportunità di giocare con il tema degli archetipi: nascono così le collezioni di imbottiti Dandy e i tavoli Resole e Chiavari che testimoniano il tentativo di creare, attraverso prodotti contemporanei, un forte legame verso forme culturalmente condivise e riconoscibili.
In chiave più ricercata, la collezione di accessori per il bagno Giò, di Industrie Bonomi, punta a realizzare un trait d’union tra prodotto contemporaneo e richiamo al passato: in questo caso con una forte citazione alla poetica di Giò Ponti. Nel 2008, a fronte della sua ricerca formale, inizia la collaborazione con Arte Veneziana per sviluppare un nuovo brand di mobili rifiniti con specchio inciso e interpretati in chiave contemporanea. Il risultato è Riflessivo. Un marchio con cui sperimentare una poetica dell’alta artigianalità incisoria capace di rendere i prodotti apprezzati da un pubblico non avvezzo a questo tipo di creazioni. Ancora una volta la storia passata viene aggiornata e re-interpretata: nascono quindi le collezioni Age of Gold nel 2009, Wise e Goodmood nel 2010.
L’ecletticità di De Carlo non si limita allo studio del design di prodotto, ma lo spinge a sviluppare, in maniera più organica, il tema dell’identità aziendale. Così nel 2008 apre a Brescia la società FormaIndustria, che analizza, elabora e costruisce Identità Aziendali capaci di esprimersi in maniera coerente, consapevole e condivisa, attraverso la comunicazione e la produzione.

Contatti:
www.leodecarlo.com

 



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