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100 consigli pratici per fotografare meglio/3

Da Marcoscataglini

3.Non c'è niente di peggio di una fotografia nitida di un'idea confusa (A. Adams)
100 consigli pratici per fotografare meglio/3
Adams è stato uno degli aderenti più noti, insieme a Weston, del gruppo “f/64”. La più classica delle foto “vuote” è quella assolutamente perfetta, ultranitida, realizzata con potenti mezzi tecnici, eppure fredda e poco comunicativa. La gran parte dei fotografi dilettanti –spero non si offenda nessuno: niente code di paglia, eh!- aspira esattamente a questo: ad avere la fotocamera più potente e “figa” del momento, il cavalletto in fibra di carbonio più robusto e leggero possibile, l’obiettivo superluminoso e professionale in grado di risolvere una marea di linee per millimetro e poi, con tutto questo parafernalia, trovarsi nel momento giusto (cioè con una buona luce) in un posto o in una situazione interessante (per lui). Click! Ecco la foto. 
Leccata, perfetta, non mossa, non sfocata, pesantissima (ci sono lì dentro almeno 16-24-36 megapixel di roba), ben esposta. E che cosa comunica? Il vuoto spinto. Il soggetto è ripreso nel modo più standard possibile, la regola dei terzi è pienamente rispettata, l’orizzonte è dritto (anche grazie alla livella stile aereonautico presente nella fotocamera), le alteluci non sono pelate, le ombre non sono chiuse. Ma se si chiede al fotografo cosa volesse esprimere, risponderà che il soggetto era bello, e lui l’ha ripreso al meglio. D’altra parte, in tutte le Arti esistono esecutori perfetti ma privi di creatività. Poeti in grado di limare il verso sino a renderlo trasparente (e insignificante), romanzieri intenti a riempire le loro storie di arditi dettagli che alla fine fanno perdere il lettore nei meandri dell’inconsistenza, pittori che spacciano per innovativo anche l’ennesimo quadro di un veliero tra le onde, e così via. Eppure tutti noi sappiamo che è proprio dalla rottura delle regole che nasce la creatività. Lo stesso Ansel Adams, che pure oggi è considerato un classico, un fotografo da imitare (ci sono persone, negli Stati Uniti che col GPS e Google Earth cercano di identificare il punto esatto dove Adams scattò le sue immagini più famose, attendendo poi le identiche condizioni di luce per realizzare la “stessa” immagine!), era in realtà un innovatore, il primo ad aver dato alla fotografia di paesaggio una sua dignità, una sua capacità espressiva. Riprendere particolari di rocce o tronchi, cercare l’inquadratura nuova e spettacolare, sfruttare l’infinita profondità di campo per far “entrare” lo spettatore nella foto, non era “normale” negli anni ’50, per non parlare dell’incredibile abilità tecnica che Adams ha saputo sfruttare per ottenere negativi perfetti ma non fini a sé stessi, bensì legati a precise necessità espressive. Sebbene oggi molta della sua poetica fotografica possa apparire superata, ciononostante il corpus di immagini che ci ha lasciato indica chiaramente che mai il fotografo americano si è trovato dinanzi al suo soggetto in stato di confusione, ma con le idee chiare su come tirarne fuori il massimo. Cioè l’ennesimo capolavoro della sua lunga carriera...

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