Magazine Diario personale

100 thousand Poets for change

Da Emmagiulia

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Io, io, io! dice il/la poeta, come se tutto gli/le ruotasse intorno,

le mani abbandonate nella scrittura,

la parola abbandonata tra le righe.

Può cambiare qualcosa la poesia?

Ci provano 100 mila poeti... il 29 settembre in tutto il mondo.

Qui il link dell'evento dove troverete anche gli eventi previsti nelle vostre città.

Continuo nel frattempo il mio racconto:

 Riassunto delle puntate precedenti:

In un ufficio ministeriale compare uno strano aggeggio. Niente paura, si tratta di una radio, danneggiata, perché trasmette - ahimé - sempre sulla stessa frequenza.Siamo negli anni '50 e in quell'ufficio ci lavora Maria. La donna, dopo aver ascoltato la musica della radio, esce dall'ufficio con buoni propositi. Vorrebbe cambiar vita e trovarsi un amore ma il destino si accanisce contro di lei. Proprio in quel momento un bambino sfugge alla madre e attraversa la strada senza accorgersi che una macchina sta arrivando. Maria vede tutto ed eroicamente si lancia sulla strada e salva il bambino. La macchina però la investe e Maria muore tragicamente. Passano gli anni e dentro quell'ufficio, siamo negli anni '70, ora ci lavora Mauro, avvocato ma destinato al momento ad essere impiegato come amministrativo. Anche lui un giorno si accorge della presenza di una radio, misteriosamente apparsa sopra uno schedario. L'accende,  ma la radio sembra essere bloccata su un'unica frequenza che trasmette musica religiosa. Lo stesso giorno fa uno strano incontro: si scontra all'uscita con il portaborse di un ministro che sta portando un'importante lettera proprio al Presidente della Repubblica...

RADIO X 

La lettera, destinata a essere depositata tra le mani del Presidente della Repubblica non era indirizzata al Presidente bensì al Ministro, di cui il dott. Dalla Francesca era il portaborse.

Ciò che vi era scritto costituiva motivo di grande urgenza e di pericolo per la stessa democrazia e per questo il Dott. Dalla Francesca stava correndo pieno d’ansia per l’ingrato compito che gli era stato addebitato.

In effetti chi l’aveva redatta si era prefisso l’obiettivo di distruggere quell’assurdità di democrazia.

Perché dopo il ‘48 c’era stata solo la rovina dell’Italia, allo sbando e in mano a comunisti e a quei falsi preti con cui avevano condiviso il governo.

Roberto aveva scritto la lettera insieme a quattro debosciati che aveva reclutato.

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Avevano usato il normografo con un pennino, non erano certo fottutamente scemi! Un capolavoro dell’arte, suo padre ne sarebbe stato fiero.

Come Roberto fosse arrivato a quella scelta era appunto una questione di nascita. Subito dopo la morte aveva frugato tra le carte del genitore e aveva trovato quelle lettere e quel mazzo di chiavi.

Povero suo padre, il grande uomo era morto qualche mese prima, per un infarto fulminante. Nessuna sofferenza, anche lui avrebbe desiderato una morte simile.

Il padre da adolescente aveva partecipato nel 1944 al campo addestramento vicino Vicenza, classe ’29, facendo parte a quindici anni delle “Fiamme bianche”, arruolato dall’Opera Balilla che in quegli anni faceva la sua propaganda in ogni città. Quelle piccole fiamme bianche che ornavano il bavero della giacca erano ora nascoste sul vestito da sposo di suo padre, in un sacchetto cucito nel sotto fodera della giacca nera.

Di questa cosa lui con il padre non ne aveva mai parlato. La politica era stata bandita dalla sua casa. In fin dei conti le sue esternazioni, che si rivelavano soprattutto in occasioni elettorali, non lasciavano dubbi sull’ideologia che lo muoveva.

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E poi piccoli particolari, a partire dalla considerazione che una volta all’anno insieme con la madre tornava nei monti vicentini.

Risalire da Roma fino a Vicenza, in mezzi ai monti, quella era stata un’impresa!

A Tonezza suo padre gli aveva lasciato una casa, dove erano nascoste parecchie armi e un bel mucchietto di soldi che era riuscito a nascondere dopo essere scampato a un agguato e prima che finisse la guerra con la disfatta.

Su questo punto c’erano parecchi punti oscuri ma Roberto amava pensare che il padre fosse stato un eroe piuttosto che un ladro e disertore.

Aveva raccontato in una lettera lasciata al figlio pochi dettagli di quell’episodio che aveva segnato profondamente la sua vita.

Il padre era nato in pieno periodo fascista e come tanti ragazzi voleva combattere in difesa della Patria, dopo il tradimento dell’8 settembre.

In quella lettera aveva così raccontato quell’evento che aveva segnato la sua vita.

Aveva passato alcuni mesi in una tenda presso il campo d’addestramento a Vicenza. Era stato un addestramento duro sui boschi vicentini fin quando il campo venne smantellato.

Lui, già grandicello, venne destinato al trasporto di merci. Quel giorno del '45 stava guidando un furgone che trasportava parecchi soldi, oro, armi. Lungo il corteo che stava seguendo per trasportare il “tesoro” – non aveva mai saputo la reale direzione perché gli era stato comandato di eseguire e di seguire il corteo dei camion senza fare domande – successe un imprevisto.

Tutto sembrava tranquillo, la giornata era stata calma anche se frenetica nel carico delle merci. Erano partiti di mattina presto, con l'aria fresca a stuzzicare la barba ispida del risveglio.

La strada era tortuosa, piena di curve e per questo aveva il timore di perdere il corteo. Dietro di lui c’era solo una moto di controllo.

Ad un certo punto fu costretto a fermarsi. Lì sul lato della strada c’era una piccola Cappella con una Madonnina, una di quelle che si trovano in molti angoli d'Italia e nel Veneto in particolare, in cui questi luoghi santi ce ne sono molti.

Mentre svoltava l’angolo della strada aveva visto fermo un camion, di quelli da ambulante, piuttosto vecchio e sicuramente ridipinto di blu. Dal camion sembrava provenire un canto melodico di tipo religioso, forse una radio lasciata accesa. Alzò gli occhi e davanti alla madonnina un uomo stava pregando; no non era inginocchiato, aveva lasciato il camion ad ingombrare la strada e la portiera aperta. Anche lui si era fermato, bloccato da quell’imprevisto e stava arrabbiandosi perché era l’ultimo furgone della fila e aveva paura di perdere tutti gli altri.  La moto l’aveva superato facendogli cenno di suonare per avvertire della sua presenza. Aveva suonato il clacson, ma l’uomo non si era mosso. Dopo qualche secondo interminabile l’uomo si fece il segno della croce e ritornò spedito, salendo sul suo camion, senza scusarsi. Sembrava, o almeno gli aveva fatto questa impressione, che gli fosse “scappato” di pregare.

E lui lì a guardare e...

Perché a qualcuno “scappa” di pregare?

Fu in quel momento che si accorse di aver perso la fila che lo precedeva.

Perché a qualcuno “scappa” di pregare?

Cambiò senso di marcia  e ritornò indietro.

Forse le cose capitano per caso. Come fu un caso che quei camion non riuscirono mai a raggiungere destinazione, che lui non venne mai cercato, che il suo camion si trasformò in un camioncino ambulante con un po’ di pittura blu, recuperata lungo la strada presso un’impresa edile della zona,.

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Con i soldi dentro il camion comprò dalle ville dei dintorni della bella biancheria e iniziò un vero e proprio lavoro, diventando il venditore ambulante più amato della zona, andando a rivendere nelle campagne la sua mercanzia e vivendo della benevolenza delle donne venete, che lo vedevano giovane e pieno di speranze.

Del suo passato non parlò con nessuno.

Le donne avevano voglia di pensare ai mariti che sarebbero ritornati dal fronte e per loro compravano i primi pizzi e bella lingerie e le ragazze pensavano a farsi il marito e a presentarsi già con una bella dote. La vita in fondo era un lenzuolo ancora fresco, da consumare in dolci notti di sonno e amore. Sonno e amore, freschezza e biancore contro le brutture della guerra.

Fu così che suo padre riuscì a farsi un bel gruzzoletto e con questo si comprò una bella casetta a Tonezza. E poi se ne tornò giù a Roma, dove incontrò l’amore della sua vita.

Ebbe un unico figlio e della sua fede non fece mai menzione.

Forse l’educazione incide molto sulla personalità di un individuo. Forse i geni spiccano e determinano le nostre esistenze, fatto sta che l’ideologia politica e la visione del mondo si passa di padre in figlio, di madre in figlia come una dote ben guarnita di pizzi.

 (CONTINUA)

P.S. le foto sono tratte dal web e non hanno alcuna attinenza con il racconto, frutto della mia fantasia.


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