Ricorre oggi l’anniversario dello Sbarco a Marsala. L’11 maggio 1860, verso le 13:30 Garibaldi con i suoi “1000”, approdarono a Marsala con i loro vapori, Piemonte e Lombardo, aiutati dalle navi da guerra inglesi, per compiere quell’impresa falsa, chiamata ancora oggi Unità d’Italia.
I due vapori, Piemonte e Lombardo, secondo la storia ufficiale, per evitare attacchi avevano seguito una rotta inconsueta, e favoriti da un ritardo da parte della marina borbonica, decisero di puntare a Marsala dopo essere stati informati dalle navi da guerra inglesi e da alcuni pescherecci, che il porto di Marsala non era protetto da navi borboniche.
Ma la storia ufficiale, ormai lo abbiamo imparato, non sempre racconta la verità dei fatti. C’erano stati infatti accordi sottobanco tra Garibaldi e la marina borbonica. Le due navi piemontesi, che erano state precedentemente prese a Genova, non erano state requisite, ma pagate attraverso una fudejussione di cinquecentomila lire, una somma enorme per l’epoca. Per giunta, la marina borbonica permise ai “mille” di entrare indisturbati nel porto di Marsala. Partenope e Stromboli, le navi della marina borbonica, infatti, giunsero al porto di Marsala alle ore 14, restando inattive e assistendo praticamente allo sbarco. Non ci fu infatti nessun attacco e da questo momento ebbe inizio l’invasione del Sud e la sua colonizzazione.
Il tradimento dei generali borbonici ha permesso il saccheggio, la colonizzazione, uno spargimento di sangue senza precedenti e la conquista del Sud da parte di Garibaldi, o meglio dei suoi “fedelissimi” per conto dei Piemontesi, e quello che ancora oggi viene definito Eroe dei due Mondi lo si può definire a pieno titolo un corruttore. Le nostre terre furono messe a ferro e fuoco dagli invasori, aiutati da politici, massoni e mafiosi, solo per arricchire l’altra parte d’Italia e un altro paio di nazioni.
Lo stesso Giuseppe Garibaldi, inoltre, scrisse di proprio pugno di essersi pentito di aver fatto la campagna meridionale e aver consegnato il Mezzogiorno a al Piemonte di Vittorio Emanuele II e di Cavour.